. 9 . Il velo caduto

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. 9 . Il velo caduto

Rimuginare non serviva, temporeggiare nemmeno. Leria era sempre stata, in tutta la vita, il perfetto condottiero che schiera con arguzia i propri soldati, indi sapeva che la mossa successiva era continuare ad attaccare.
Avrebbe parlato a Miran con cautela; gli avrebbe prospettato quella, che per lei, era stata la necessità di soccombere ad un ricatto per salvaguardare il suo nome, come un atto cristiano dovuto, nei confronti di un reietto.
Camminò decisa per il corridoio, una mano sul petto, il cervello a ripetere le parole che avrebbe usato.
Incrociò Caled che, proprio in quell'istante, lasciava lo studio del figlio e, dopo aver risposto con un cenno del capo al riverente saluto di lui, proseguì per fermarsi un solo ultimo istante, prima di bussare alla porta.- Madre ... - la invitò a sedersi, con un gesto garbato del capo. - Non vi ho veduta alla cena di ieri e Noelia mi ha riferito che non avete presenziato alla colazione di stamani. - le disse, con preoccupazione.
- Le mie solite emicranie, figliolo. Ma ora sto meglio. - lo rassicurò, accomodandosi.
- Me ne compiaccio. Avrei voluto farvi visita, ma gli impegni della tenuta ed i miei doveri di ospite, mi hanno trattenuto. - si giustificò.
- Non importa: conosco la mole di lavoro che l'essere padrone comporta. - ribatté, riferendosi agli anni, durante la sua adolescenza, in cui aveva sapientemente amministrato da sola i suoi beni.
- Sapete, madre che Caled mi ha confidato che vorrebbe prendere in moglie Ariela? -
- Che sciocchezza, Miran! Tua cognata non ha dote. - rispose, distrattamente.
- E non ritenete anche voi, madre, che sia una vergogna che una donna bella, dolce e morigerata come lei debba rimanere nubile, o sposare un uomo inferiore, per una mera questione economica? - le fece notare.
- E' così da sempre, figliolo, non puoi certo porvi rimedio tu! - replicò, mostrando poco interesse per l'argomento.
- Invece posso. Darò ad Ariela una dote degna del proprio rango, così che Caled possa sposarla. - precisò.
- Ma se neanche tua moglie ha portato una simile dote ... - replicò, acida, e il sangue affluì copioso alle gote, per il livore che solo pronunciare il nome di quella donna le provocava.
- Invece Ariela l'avrà: quale marito di sua sorella ed unico uomo della famiglia intendo farmi carico di lei, alla stregua della mia sposa. Spero, madre, di poter trovare il vostro consenso! -
- Sai che ti appoggerò sempre. - lo rassicurò, mostrandosi accondiscendente, per preparare il terreno alla propria rivelazione. - Ma, ti prego, ho affari più urgenti di cui discorrere con te, figlio. -
- Ditemi, pure ... - la invitò, con garbo, sistemando le carte confuse, che ricoprivano la scrivania.
- Ciò di cui ho in animo di parlarti è una questione piuttosto delicata ... Ma prima di iniziare volevo che tu sapessi che ogni cosa, ogni cosa, che ho fatto è stata per preservare te. - temporeggiò, poggiando le mani sul petto, preoccupata.
- Madre, vi prego, mi inquietate ... -
- Tuo padre, quando non eravamo ancora promessi, ebbe un figlio ... un figlio illegittimo, da una donna già maritata. Egli non seppe del bambino, fino a che il marito di lei non lo scoprì e lo scacciò, togliendogli il cognome. Esem lo accolse nella nostra casa, quando egli era già un giovinetto. Avrebbe voluto riconoscerlo, ma la sorte gli fu avversa: morì prima di compiere il proprio dovere di cristiano e di padre. Quel bambino ... - si fermò, traendo un sospiro, - E' Eìos, figlio mio! - concluse, distendendo i muscoli tesi del viso.
- Madre ... -
- So che avrei dovuto raccontarti ogni cosa fin da allora, ma ebbi paura che tu potessi rimanere deluso da tuo padre, che veneravi quale un dio ... E poi negli anni, più volte, il desiderio di esaudire le volontà di Esem mi spinse a cercare ancora quello che ormai era un uomo, ma in tutti i frangenti, mi tirai indietro, temendo il suo risentimento ed il tuo per aver agito troppo tardi ... - mentì con enfasi, per giustificare la sua abietta omissione. - Ma ora che egli è qui, nella casa che è tua, e non ha nome ... io ... ho sentito prepotente il dovere di fare ciò che omisi dieci anni fa. Ti chiedo perdono, Miran, ma onorare gli impegni disattesi del mio sposo, la carità cristiana ed il rispetto di me stessa, mi impediscono di perpetrare oltre una simile ingiustizia. -
Il giovane tacque, gli occhi vacui, ritratto doloroso del proprio sgomento.
- Di' qualcosa, Miran ... - cercò di riscuoterlo Leria, tremante.
- Egli ne è al corrente? - chiese, inspirando.
- L'ha sempre saputo. - rispose, con un filo di voce.
- Ho bisogno di stare solo ... - fu la risposta dell'uomo, che si teneva, mestamente, il capo tra le mani.
- Guardami, almeno, figlio mio. - lo supplicò, gli occhi puntati sui suoi capelli chiari e le dita sottili che si perdevano tra di essi.
- Madre, vi prego, state quieta: non mi opporrò alla vostra decisione caritatevole di riconoscere Eìos, tantomeno vi porterò rancore per aver taciuto sino ad ora. Ma, per l'amor di Dio, lasciatemi solo, adesso! - le chiese stanco, come dopo una fatica fisica insopportabile, la voce alterata dallo sconforto.
I pensieri di Miran erano confusi, una matassa aggrovigliata; mente e cuore si perdevano in una nebbia densa, dentro la quale egli brancolava. Aveva amato Eìos, dal giorno in cui era entrato nel cortile della tenuta: una camicia ingrigita dalla polvere della strada; dei calzoni dagli orli laceri, troppo corti per un ragazzo alto ed ossuto come lui; gli occhi verdi bui e le mani graffiate e tormentate dalla povertà.
- Vieni ... - lo aveva invitato, con la naturale propensione all'amicizia, tipica dei fanciulli - Ti porto a vedere il mio cavallino! -
Ed Eìos gli era andato dietro senza aprire bocca, spiazzato dall'accoglienza che Miran gli aveva riservato. L'aveva amato come un amico speciale, fino a desiderare che fosse suo fratello.
Ma ora che sapeva che lo era davvero; che lo stesso sangue viaggiava, vitale, nelle vene di entrambi, si sentiva vacillare, come nello sferzare del vento di bonaccia.
Si accorse che la madre si sollevava dalla sedia davanti alla scrivania, dal fruscio delle vesti di raso; la sentì giungere sulla soglia dello studio con incedere lento; indugiare, animata dalla speranza che egli la richiamasse a sé, e solo quando ella, rassegnata, si accinse ad andar via, le parlò: - Giuro sull'anima di mio padre, che sarò degno dei suoi propositi: se Eìos lo vorrà, egli sarà mio fratello. - mormorò stancamente ed il cuore di Leria, in quell'istante, annegò nel suo stesso veleno.
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In nome del sangue, in nome dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora