. 15 . Miele

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. 15 . Miele

Spuntò da sotto coperta, dopo essersi cambiata d'abito, come uno di quegli scoiattoli che sporgono la testolina fuori dalla tana, con circospezione, attenti all'eventuale pericolo. Essere vestita come un uomo la imbarazzava: i calzoni e la camicia di bisso erano della sua taglia, ma si sentiva comunque inadatta, quasi ridicola; il doversi mostrare così poco seducente e quasi ambigua all'uomo, che solo da poche ore era suo marito, la metteva in fermento.
Quando, quel mattino, Eìos aveva proposto di trascorre la luna di miele in mare, Ariela era stata entusiasta di intraprendere un'esperienza, per lei, tanto fuori dal comune. Pur vivendo in una città di mare, lo aveva soltanto contemplato dal molo, insinuarsi tra gli scafi dei pescherecci o dei grandi mercantili, che attraccavano quotidianamente, riempiendo le banchine di merci e visitatori; lo aveva temuto, nella furia dei temporali, mentre ruggiva, come una bestia incatenata, e fagocitava le piccole spiagge della costa o sferzava, con onde potenti e affamate, i pontili e le costruzioni, che coraggiose gli si immolavano.
L'idea di solcarne la placida superficie, di respirarne l'odore, di perdersi in un punto imprecisato e lontano dal resto del mondo, l'aveva attratta, come le cose di cui non si ha coscienza e proprio per questo ammaliano.
Ma quando Eìos le aveva fatto intendere che avrebbe dovuto indossare abiti maschili, per muoversi più agevolmente, e che avrebbe dovuto rimanere scalza per tutto il tempo, aveva arricciato le labbra in una smorfia di disapprovazione. Eppure non era stata capace di negarsi a quella esperienza nuova, seducente come tutte quelle che la stavano travolgendo in quei giorni.
Eìos sedeva sul ponte di coperta, la camicia bianca, la schiena dritta, le gambe incrociate, un buon bicchiere di vecchio rhum e il viso puntato verso l'orizzonte nero della notte inoltrata. Ariela tirò su gli occhi: il cielo profondissimo era velluto trapuntato di diamanti che sfavillavano intermittenti e facevano da contorno ad una luna piccola e bianca, lontana, ma comunque imponente, come una etoile nella scena madre.
Non c'era vento, solo il profumo pungente dell'oceano che si disperdeva nell'aria immobile. Era forte, quell'odore, diverso da quello che si percepisce in riva al mare: era l'odore delle profondità, degli abissi sconosciuti, l'odore di un mondo segreto e placido in superficie, e scomposto ed inesplorato laddove gli occhi terrestri non potevano arrivare.
- Vieni! - la invitò, senza neanche voltarsi. - Le stelle si vedono meglio da qui. - le suggerì, come se avesse visto gli occhi di lei perdersi in quella sterminata vastità che le copriva la testa.
Ariela sospirò, titubante, resistendo all'impulso di tornare in cabina ed indossare abiti più consoni alla propria condizione di novella sposa.
Le assi di legno del ponte scricchiolarono sotto i piedi nudi ed incerti, le mani si sostennero alle corde che delimitavano il perimetro della piccola barca, sino a che ella non gli fu accanto. Eìos le offrì la mano per soccorrerla, nell'impresa complicata di non perdere l'equilibrio e perché gli si accucciasse davanti, su di una morbida coperta che aveva disteso affinché stessero più comodi.
- Dunque, com'è andare per mare, Ariela? - chiese sorridendo nel vederla emettere il sospiro soddisfatto e rilassato che segue l'impresa impossibile.
- Gli spazi sono troppo angusti; non riesco a fare più di un passo senza perdere l'equilibrio, come i bimbi che imparano a camminare; con questi abiti mi sento un ragazzetto informe ... ma ... non credo di aver mai assistito ad uno spettacolo così imponente e attraente come quello del mare di notte e del cielo immenso e nero su di esso! - confessò, tirando su gli occhi con un sorriso estasiato, proprio dei bambini alla scoperta del mondo.
- Sapevo che l'avresti amato. Il mare è un amante seducente: si lascia guardare, si fa annusare e poi cattura la parte più animale di un uomo, quella parte che sta nelle viscere ed emerge solo quando si fa l'amore ... - le spiegò, lasciando che l'immagine forte e sensuale di due corpi aggrovigliati le sciogliesse il ventre. - ... E non sembri affatto un ragazzetto informe! - precisò, insinuando l'indice invasore nella scollatura della camicia.
Prese a baciarla: il suo profumo di acqua e rose, che sempre lo aveva ammaliato dal loro primo incontro, sembrava, lì, in quel punto senza coordinate, ancora più straordinario. O, forse, era la coscienza che fosse sua; la possibilità di toccarla, come le proprie mani volevano; di scoprirla, come il proprio desiderio chiedeva, a rendere tutto ancora più attraente.
Cominciò a slacciarle i bottoni delle camicia, mentre le dita le sfioravano la pelle e le labbra importunavano quelle di lei e che ancora gli lesinavano il consenso.
- Eìos ... - cercò di dissuaderlo dallo sconveniente proposito che sentiva vibrare sulle sue mani.
- Ti voglio! - le rispose, definitivo, come se nulla potesse distoglierlo dal proprio desiderio.
- Non qui ... -
- E perché, Ariela? Trovi, forse, sconveniente che marito e moglie facciano l'amore qui, sotto la luna? Quale arcana differenza c'è tra un soffitto ed un cielo di stelle, tra lenzuola di seta ed il ponte di una barca? Non sono comunque i nostri corpi a desiderarsi, a sfiorarsi, a congiungersi affamati? - domandò. - Ogni luogo è giusto; ogni momento, se lo si vuole entrambi ... - insistette, continuando nella sua opera conquistatrice.
- Quando la smetterai di parlarmi come un mentore al proprio discepolo? -
- Quando tu smetterai di aver timore dei tuoi sensi, quando lascerai che il tuo corpo parli per te, che il tuo desiderio si prenda la ragione, senza scampo, né requie. Quando imparerai a cercarmi, senza remore o imbarazzo, così, come ti cercano le mie mani ... - le spiegò, stringendole uno dei seni nella mano e lasciando che il calore della propria carne trapassasse il tessuto che ancora lo velava.
Ariela non si oppose, ma neanche si sciolse completamente a quel tocco, che pure la faceva rabbrividire e la incitava a cedergli.
Eìos ne percepì il sussulto, così come la forza misteriosa che la induceva a ritrarsi. Comprese che ella era alla ricerca, quasi mistica, di capire la natura di tutti quei sentimenti, suoi e propri, così aggrovigliati, e che solo dando loro un nome sarebbe riuscita a dipanarli ed a sottomettersi.
Ed Eìos, dal proprio canto, era davvero il suo mentore, perché sicuramente più avvezzo ad annullarsi nel desiderio, ma, al contempo, era suo pari nella ignoranza, talvolta beata, sulla natura del proprio sentire.
- Mille parole si affollano sulla punta della tua lingua ed a nessuna dai il consenso di mostrarsi. Perché, perché non chiedi, dunque? - cercò di spronarla, poiché le esigenze di lei divenivano le proprie.
- Perché tu sembri voler entrare nella mia anima, come entri nel mio ventre ... senza verbo, e di te, di contro, non dici mai. -
- E non sono, forse, i miei respiri affannosi, la mia voglia di te, i baci, la ricerca attenta e profanatrice dei segreti del tuo corpo, più potenti di quanto sarebbero mille parole ubriache di desiderio e deliranti al cospetto dei tuoi seni e del ventre che mi concedi affidata? - incalzò.
- I pensieri ... sono ancora più potenti! Non sono tanto a digiuno del mondo, da non capire che non c'è alcunché di più intimo e conquistatore, per una donna innamorata, dei pensieri del proprio uomo. - spiegò, stringendo, tra le mani, le redini di una conversazione che l'avrebbe portata dritta alla propria meta.
Poiché l'amore di una donna è un animale a caccia: il corpo dell'altro non basta, ella brama la sua anima!
Eìos trattenne il respiro, le labbra si inchiodarono alla guancia di lei; le dita, che le avevano percorso i seni, arrestarono la propria ricerca, come esploratori ammaliati dinnanzi ad una scoperta più grande, ed il cervello annegò in quella frase così oscura e rivelatrice.
Aveva parlato d'amore, quella piccola donna il cui corpo si modellava sotto le sue mani; gli aveva confidato un sentimento placido ed assestato, e al contempo, lo aveva pregato, con candore ed affido, di confessarle il suo, con lo stesso gesto naturale, con la stessa arrendevolezza.
Se Ariela fragile e timida, come il fiore che spunta dalla neve, gli aveva consacrato ogni suo sentire, perché non poteva farlo egli stesso, soldato coraggioso e sfacciato di fronte ad ogni sfida?
La risposta se ne stava nascosta, acquattata, dentro tutte le paure addensate negli anni: nella solitudine e nel freddo del cuore; negli inganni e nelle privazioni dolorose dell'anima; risiedeva, come una regina in trono, e gli negava il conforto dei suoi stessi sentimenti. Così era stato per quel fratello ritrovato, non solo nel sangue; così per quel padre che l'aveva sollevato dal fango ed al quale non aveva mai voluto rubare il nome; così era per Ariela di cui si prendeva tutto: ventre e anima; cuore e cervello senza restituire, come un ladro.
- Chiedi, dunque! - ordinò, poiché la necessità di rispondere sovrastasse la propria renitenza, - Chiedi ... - ripeté, ora come in una supplica, poiché solo ad una domanda diretta Eìos avrebbe potuto cedere.
- Cosa sono io per te? - si decise a chiedere, le guance arrossate di un sangue impazzito.
- Sei una strega ... - sussurrò, preda degli ultimi brandelli di resistenza, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo profumato, come i monelli che celano i propri occhi giacché essi rivelano ogni loro inciampo.
Ariela si allontanò bruscamente, soltanto quel poco che bastava a fargli perdere l'equilibrio di tutto il corpo, abbandonato sul proprio.
- Rispondi! - gli intimò, con una forza inconsueta alla dolcezza della sua voce. Eìos sorrise, di quella fermezza tipica di colui, per il quale maggiore è la difficoltà, più grande è la forza di reagire.
- Sei una strega ... - ripeté, tornando a soffiarle sul collo, le mani a stringerle la vita, il corpo deciso di nuovo su quello di lei, - ... Ed il tuo amore il sortilegio che tu stessa compi. Perché è amore il tuo, vero, Ariela? - insistette, quasi come se dalla risposta di lei dipendesse la propria.
- E' amore, sì ... - cedette ed, insieme alle parole, si lasciò sfuggire pure una lacrima.
- Perché piangi? - le chiese, quando il sale toccò le sue labbra ed il cervello si riebbe da quella confessione.
- Perché ... io ... ancora continuo a darti tutto ... - mormorò piano, - ... e tu ... -
- Anche il mio ... - la interruppe, non potendo più farne a meno, - Anche il mio è amore ... - confessò a sua volta, raccogliendo con le labbra le lacrime successive, che lo dissetarono come acqua sorgiva.
Ariela si gettò su di lui, costringendolo a distendersi su quel talamo improvvisato; le mani a stringere i lembi della camicia; le labbra alla ricerca delle sue, come se su di esse potesse trovare il sapore delle parole appena pronunciate e gustarle ancora e all'infinito dentro i suoi baci.
Eìos sorrise di quell'improvviso impeto, tanto sorprendente, quanto inaspettato e, mordendole delicatamente le labbra, le rivelò: - Quanto potere in così poche parole! ... Se avessi solo immaginato che una simile confessione ti avrebbe indotta ad una tale generosa ricompensa ... avrei giurato e spergiurato i miei sentimenti, come l'ultima speranza di salvezza per un condannato! -
- Se l'avessi detto prima, alla tenuta o ieri, o in qualunque altro momento prima di adesso, non ti avrei creduto. Non avrei mai potuto amare un uomo dalle troppe parole, uno di quelli che le sprecano senza pesarle, tantomeno colui che non ha pazienza nel rivelare il proprio sentire, coltivandolo amorevolmente, finché non sia pronto a germogliare. Tu, invece, esalti i silenzi rendendoli sostanziosi, così come le parole scarne, che svelano attraverso gli occhi, il mistero altrimenti incomprensibile della tua essenza ...Per questo so che dici il vero adesso, con il silenzio della notte e la vera al dito per testimoni ... - terminò, abbandonando l'intero corpo su quello lui.
- Dunque, giacché mi ami perché sono un uomo di poche parole ... - mormorò, stringendole il viso tra le mani, affinché la propria bocca fosse ad un soffio dalla sua, con il sorriso soddisfatto del conquistatore ad illuminargli il viso, - ... smetterò di usarle ... e ti dirò solo con le labbra e le mani. - continuò, riempiendole il viso di piccoli baci, mentre con i pollici le carezzava la pelle delle gote arrossate. - E tu ... giura che farai lo stesso, senza lesinare. Giura che ogni bacio, ogni carezza di uno sarà risposta arrendevole al desiderio dell'altra; giura che mi toccherai e che ti lascerai toccare, senza alcuna esitazione. E giura che mi amerai come io ti amo! - terminò, mentre la voce, ad ogni sillaba, si arrochiva di desiderio incalzante.
- Giuro! - rispose soltanto, poiché nessun'altra parola ormai avrebbe potuto rivelare, ad entrambi, più della sacralità di quei baci.

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Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non sia eccessivamente mieloso, ma soltanto la maniera di testimoniare un passo in avanti del rapporto tra Eìos ed Ariela.
Grazie a tutte le lettrici e al prossimo capitolo!

In nome del sangue, in nome dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora