. 42 . Il passato alle spalle
Doveva già essere mattino inoltrato, a giudicare dalla luce che oltrepassava le tende, eppure sentiva ancora le palpebre pesanti, come se il sonno della notte appena trascorsa non gli avesse portato alcun ristoro.
Era arrivato lento e silenzioso dopo che avevano fatto l'amore, li aveva colti entrambi ancora l'uno sopra l'altra, sudati e stanchi, il corpo di lei sdraiato sopra il proprio, leggero come senza peso, la guancia sul petto all'altezza del cuore e i suoi capelli ovunque, come l'oro fuso nel crogiuolo, a solleticargli il collo e le braccia, ad invadergli le narici con il loro profumo di miele.
Mosse il braccio destro lungo il fianco, trovando vuoto lo spazio che solitamente le apparteneva. Così si voltò sul fianco, occupandolo col proprio corpo e affondando il naso nel cuscino. Il profumo e il calore di lei erano ancora forti e vividi, impregnati nella trama della federa e persistevano anche sulla propria pelle e sulle dita. Se le portò sulla lingua, ne leccò le punte, condite del sapore di lei, con gli occhi chiusi, assaporandole, come se fossero state intinte di ambrosia.
Il corpo si svegliò immediatamente, i muscoli si tesero, come se quella notte non ne avesse avuto abbastanza del sapore del suo corpo, dell'odore, dei baci e della carne.
Si alzò di scatto dal letto, preso da un'urgenza irrazionale; indossò solo la vestaglia e, ancora a piedi nudi, lasciò la stanza alla ricerca di lei.
La tavola nella sala da pranzo era perfettamente imbandita per la prima colazione.
Un centrotavola con rami di abete, pigne e bacche rosse decorava la candida tovaglia di lino; tazze di finissima porcellana erano sistemate nei posti che occupavano abitualmente Eìos e Ariela e nello spazio vacante vi erano un vassoio di pane croccante e imburrato, una brocca di cristallo contenente una spremuta di arance rosse e una lattiera da cui si spandeva il profumo di latte caldo; vasetti di marmellate coloratissime e vischiose, brioches e biscotti allo zenzero e cannella.
Eìos sorrise allo spettacolo confortante della propria casa, a quei profumi fragranti che si era portato dietro nel lungo viaggio che l'aveva tenuto lontano. Girò intorno al tavolo, strisciando l'indice sulla stoffa ruvida della tovaglia, fino a che non giunse a capotavola. Sfilò la seggiola, indeciso sull'accomodarsi o attendere l'arrivo di Ariela, quando ella entrò nella stanza recando tra le mani una invitante torta al cioccolato nero ricoperta di zucchero a velo.
Era perfettamente vestita, i capelli raccolti in una crocchia sulla nuca, e un grembiule bianco, segno che era stata ella stessa a preparare la colazione.
L'idea della sua donna indaffarata in cucina, ad imbrattarsi di farina gli ammorbidì il cuore leggermente deluso dal risveglio solitario di pochi minuti prima.
Le corse incontro, le liberò le mani dalla pietanza profumata e se la strinse addosso, come se non la vedesse da giorni.
Il profumo della sua pelle si mischiò a quello del cibo, mettendogli fame e desiderio insieme.
Prese a baciarla, sul collo e sulle labbra, continuando a stringerle le braccia intorno alla vita, ad affondare le dita nei fianchi morbidi.
- Ti prego ... - mormorò la donna cercando di respingerlo, facendo pressione con i palmi aperti sul petto di lui.
Ma Eìos non se ne curò, continuò a baciarla tappandole la bocca, togliendole il respiro con i baci e con la lingua.
- Ti prego! - ripeté con più decisione, riuscendo a riconquistare il possesso della propria bocca. - Nell'altra stanza c'è Alvita ... – si giustificò, sgusciando definitivamente dalla sua stretta e portandosi al lato opposto della tavola.
Eìos scrollò le spalle, raggiungendola per stringerla di nuovo.
- Siamo nella nostra casa e tu sei mia moglie. - rimarcò il possesso.
- Credi che solo perché stanotte ... Non saranno quattro baci a farmi dimenticare ciò che mi hai fatto! – l’avvertì, voltando il viso dal lato opposto, perché non potesse riprendere a baciarla.
- Non erano quattro baci, ma mille! - replicò, parandosi davanti con aria di sfida. - Era carne e desiderio, il mio e il tuo mescolati insieme. Erano le nostre anime che si toccavano; era l'unione perfetta dei nostri sentimenti! - continuò, con il viso ad un palmo da quello di lei, tanto che ella sentì il calore del respiro lambirle le labbra. - E tu, hai preso tutto: baci, carne e desiderio, così come li presi io. - incalzò, incastrandola tra il proprio corpo e il bordo della tavola.
Il petto increspato di Ariela si scontrò con il torace di Eìos; la vita rimase imprigionata nella stretta claustrofobica di lui, tanto che ella sentì il respirò mancarle.
Impallidì e le labbra divennero violacee, come se fosse sopravvenuta una crisi respiratoria, e le membra tutte, che prima erano tese nello sforzo di contrastarlo, persero vigore, fino a che il corpo gli ricadde tra le braccia, come senza vita.