Il Campo Di Zucche.

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La Giovinezza.
In realtà è la parte più bella solo perché è una costante attesa, e come diceva Leopardi, l'attesa della festa è spesso meglio della festa. Un groviglio di aspettative, speranze e progetti. Poi c'è chi ha paura, ma quella va repressa, il più delle volte.
Chissà dove vanno a finire tutte le emozioni che reprimiamo.

Gli adulti me lo dicevano sempre, che la giovinezza è la parte migliore. Che era il periodo giusto per avere sogni, e che una volta cresciuto me li avrebbero spezzati. Manca a tutti così tanto. Io gli rispondevo stizzito.
È questa la vostra difesa? La vostra scusa per essere infelici? Quello che dite invece che sistemare le vostre vite? Non siete stanchi di prendere il mondo come ve l'hanno lasciato?

No che non la diamo per scontata, la gioventù. Ma perderemo mille battaglie prima di vincere una guerra. E lo sappiamo.

La giovinezza sono proprio le lotte, e combattere è difficile. Ma cazzo, gli adulti ci tengono proprio a toglierci la speranza. Gli adulti dimenticano cos'è la felicità che tanto adulano, e la ristringono a un campo materiale: soldi, salute, oggetti, famiglia.
Quando si renderanno conto che è molto più di questo?

Non sto dicendo che serve sfondare nel mondo della carriera per fare un sorriso, ma esattamente il contrario. Tu non sei felice perché hai una casa. Tu sei felice perché ti sei svegliata accanto alla donna che ami, perché la tua canzone preferita è passata in radio, perché il tramonto era rosa, sei felice perché i due protagonisti del libro si sono fidanzati, perché il tuo migliore amico ti ha portato il gelato, perché hai soffiato i semi di una bocca di leone.

Ed è questa la parte della felicità che la gente sembra non capire. Non è una cosa grande. È la cosa più piccola del mondo.

Hanno le ragnatele in testa, e cercano di passarci i loro ragni con le parole, così che si riproducano. Vogliono distruggerci le aspettative per proteggerci, ci dicono. Ma voi conoscete il futuro? Solo io posso prevedere il mio destino, perché solo io posso scegliere le mie azioni e come reagirò a qualsiasi cosa mi accadrà.

L'infanzia è tante cose, tra cui di sicuro le avventure. Ma c'era altro nelle teste di Max, Dustin, Lucas, Will e Mike, che per scappare dalla pesantezza del Lunedì avevano ben deciso di vedersi in un campo. Si erano portati dei fumetti e altre "cose nerdiche" che Max non capiva. Non ci andavano spesso, ma conoscevano tutti quel posto. Era perfetto per fare le stesse cose che si fanno in casa, ma con meno disturbatori. Riusciva ad essere tiepido anche in inverno, ma nessuno aveva mai capito perché.

<<Secondo me ci sono dei gas che vengono da sotto, tipo i geyser ma tenuti dentro al terreno>>
<<Non credo abbia senso, Max>>
<<Per me ci sono delle forze oscure che lo rendono mite. Cristo, ho quasi caldo.>>
<<Oh, tipo l'inferno! Come se questo fosse un posto di comunicazione tra i due mondi!>>
<<Will, tu ti fai un po' troppi film. Sarà la posizione delle colline.>>

Ma, a discapito di ciò che Lucas diceva, Will aveva, più o meno, ragione.
Quando arrivarono però, c'era qualcosa di diverso dal solito: il campo era diventato un campo di zucche.

Eh si, perché l'intera prateria era ricoperta di sfere arancioni. Nessuna foglia, nessun viticcio, solo le zucche. Tutti erano sorpresi, ma nessuno si fermò a riflettere su come ci sarebbe stato bisogno dei rametti per crescere le verdure. Erano ragazzini, e i ragazzini vogliono solo divertirsi. Quindi Dustin prese una zucca, se la posizionò davanti al viso e disse:"Guardate, sono l'uomo testa di zucca di quel film!".
<<Io direi Zuccone>> rise Max, seguita dagli altri.

Ma quando Dustin fece per posare di nuovo la sua arancione testa provvisoria dove l'aveva trovata, notò qualcosa di strano.
Da dove aveva rimosso la zucca, c'era un buco. <<Ragazzi?>> disse, richiamando l'attenzione degli amici. Si avvicinò al foro con cautela, per assicurarsi che fosse tutto normale. Ma più vedeva, e più la paura divorava la sua anima.

La terra procedeva in modo abbastanza lineare, tempestata da ciuffetti d'erba qua e la. Poi, proprio in quel punto, sembrava che un'unico pezzo mancasse a completare il puzzle di quel prato. Invece del verde, i colori visibili in quel punto erano il blu ed il nero. Nero che Will, una volta visto, non riuscì a dimenticare. Era nero non intrinseco.

Dunque egli disse <<Io so cos'è questa buca. È un portale per il sottosopra.>>
Tutto sembrò fermarsi. L'aria si era congelata, nessun uccello cinguettava più e persino le nuvole avevano smesso di muoversi. Non c'era un respiro. Non un'anima sfiorata da un soffio di vento. Tutti però, seppure immobili, sentivano i loro cuori scossi dal terrore e inghiottiti dall'oscurità.

Mike ebbe un'intuizione. Senza dire nulla, corse verso la zucca più vicina a lui e la sollevò. C'era un'altro buco. Lucas capì e prese un'altra zucca. Max e Will ne alzarono una a testa e tutti ottennero il medesimo risultato. Il campo era bucherellato, e ogni buca era come una bocca pronta ad arraffare con le unghie qualche malcapitato per portarlo nell'altra dimensione.

Il loro primo istinto fu scappare.

Appena arrivati in strada, lontani da quel campo, si fermarono per riprendere il fiato.
Intorno a ciascuno di loro circolavano domande come se i ragazzi, silenziosi, fossero avvolti ognuno dalla propria nuvoletta di dubbi personali.

La prima a prendere la parola fu Max.
<<Tutte le altre fottute volte che siamo venuti qui, questo campo era un cazzo di paradiso, come diavolo è possibile che adesso sia l'ano del sottosopra?>>
<<Forse l'altra dimensione sta prendendo sempre più potere su questa e quindi è sempre più vicina a noi?>>
<<L'hai sparata bello! Non ha il minimo senso>>
<<Porca puttana porca puttana porca puttana! Moriremo tutti!>>

Max, Lucas e Dustin avrebbero tanto voluto che qualcuno li calmasse, ma in quel momento la serenità era sparita dai loro cervelli.

Per Will, invece, le loro voci si facevano sempre più distanti e confuse. Era terrorizzato. Non percepiva più il mondo reale. Disconnesso dal resto, nella sua testa vorticavano migliaia di informazioni, teorie e sentimenti che non riusciva ad assimilare. Si sentiva dentro un uragano, in balia dei venti che lo facevano fluttuare da ogni parte. Niente era reale ma tutto lo era davvero troppo.

Mike fu il primo ad accorgersi del suo comportamento. Non parlò. Andò da lui e gli strinse la mano, ripetendo "sono qui". E continuava, all'infinito, sempre più disperato, sono qui, sono qui, sono qui, sono qui diceva, e una lacrima scendeva dal suo occhio sinistro, e aveva paura, tantissima, ma la sua mano tremante stringeva quella di Will e gridava sono qui, sono qui. Sono qui. Sono qui. Ma purtroppo, lì non c'era solo lui.

Perché loro non lo sentivano,
ma in quel momento qualcosa stava sorgendo. Qualcosa di oscuro, che stremato usava le sue ultime forza per tirarsi fuori, lottando con le unghie e con gli artigli mirando a riconquistare il posto che a lungo gli era stato negato.

Pastelli. ~BylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora