<<Dovremmo dire gli affari nostri a tutta la città?>> inveì Max. L'idea la rendeva nervosa. Non le piaceva essere vulnerabile, si trovava a disagio con i suoi sentimenti, e spesso si chiedeva se fosse così per tutti.
Come fanno gli altri a destreggiarsi tra le corde del mondo come dita su una chitarra? E soprattutto, perché lei sembrava l'unica ad essere appesantita dal suo passato? I ragazzi facevano cazzate, giocavano, ridevano, e lei non riusciva neanche più a sentire rumori forti senza scoppiare a piangere. Si chiedeva spesso "cosa c'è che non va in me?"
Quella domanda le rimbombava in testa tutte le notti, e a volte lo faceva così forte che spingeva rivoli di lacrime a scorrere giù per il suo cuscino.<<Ragioniamo.- prese il controllo Lucas, notando che la sua ragazza era visibilmente scossa -I nostri sentimenti non sono nascosti da tutti, ma non sono nemmeno tutti l'obbiettivo del nascondiglio.- nessuno sembrava capire, e il ragazzo dovette spiegarsi altrimenti- Ad esempio, noi sappiamo della rabbia che Dustin prova verso i suoi genitori. Ma loro non lo sanno. Dustin non ha mai provato a nasconderla a noi, lo ha fatto con loro. Per questa ragione, per liberarsi del clone deve parlarne con loro.>>
A questo punto si scatenarono le proteste. Se quel mondo intero era sempre rimasto intrinseco ci doveva essere una ragione. Alcune belve andavano domate. Ma tutti, nel profondo di se, sapevano che per sconfiggere un demone devi prima farlo uscire dalla gabbia.
𓆝 𓆟 𓆞
Il primo fu Dustin, che era sempre stato tanto coraggioso da sconfinare persino nell'incoscienza. Chiusa con un cigolio la porta dei Sinclair dietro di se, il ragazzo prese un bel respiro ed iniziò a camminare. Lentamente, coi riccioli che splendevano nel chiarore del cielo annuvolato, si avviò verso casa. Era solito focalizzarsi sui suoni intorno a se, sullo scricchiolio delle scarpe tra la ghiaia, i pochi uccelli invernali che cantavano, l'acqua di una fontanella e qualche voce in lontananza. Non aveva un walkman, un fumetto, o qualsiasi cosa che potesse distrarlo dai suoi pensieri. E quella mattina quei pensieri erano così rumorosi da essere l'unica cosa che sentiva.
Proseguiva, ma la terra non sembrava reale. Le sue emozioni erano la sua realtà, la sua unica casa e prigione. Vedeva tutto ciò che lo circondava attraverso un velo, come se fosse uno spettatore della sua stessa vita intrappolato nella propria mente.
Quando la soffice coda di un gatto gli accarezzò la gamba, Dustin si rese conto di essere a destinazione.
Tornò risalendo dalla finestra e poi lentamente scese al piano inferiore, dove vide sua madre. Cercò di riesumate un barlume di coraggio in qualche motto dei suoi film preferiti, e si sentiva proprio l'eroe di una di quelle opere. O meglio, avrebbe voluto sentirsi un eroe, ma si sentiva solo un codardo costretto ad ammettere le sue colpe.Claudia era seduta su una poltrona a guardare la televisione, e appena il figlio entrò lo squadrò spostando solo gli occhi con aria infastidita ed interrogativa. Teneva il viso dritto, fisso sullo schermo, e pareva non voler essere disturbata.
<<Mamma...>>
<<Dustin, non ti ho dato il permesso di scendere. Torna in camera tua.>>
<<No, mamma, ho davvero bisogno di parlare con te. Devo dirti alcune cose.>>
La donna sospirò e abbassò il volume della tv.
<<Io mi sento arrabbiato. Però non con te eh!
-Si affrettò a specificare. Certo che era proprio difficile parlare di emozioni senza sentirsi un bambino. Dustin non era mai stata una persona particolarmente poetica, e seppure avesse riflettuto a lungo su cosa dire le frasi gli uscivano semplici e disconnesse. Si sentiva incapace. Un analfabeta di sentimenti.
STAI LEGGENDO
Pastelli. ~Byler
Fanfiction"Un pastello non si rompe mai davvero, perché anche se è spezzato in due, caduto al suolo, può ancora fare i disegni più belli del mondo. E poi, due pastelli dello stesso colore, entrambi spezzati, possono ricostruirsi a vicenda." -tratto dal capito...