❥rosso ciliegia della ferrovia.

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La scrivania era ricoperta da uno strato di plastica bianca attraversata da striature simili a quelle del legno. Nessuno sano di mente avrebbe creduto che quello fosse davvero legno. Nel tempo si era sporcata varie volte di the o acquarelli, era stata sepolta sotto alle cancellature o ai residui dei pastelli o strappata via per noia da un Will poco più giovane. Guardandola, Byers immaginava il giorno in cui era stata decorata con quella specie di linoleum per mobili. Riusciva quasi a visualizzarne la scena, pur non avendola mai vissuta.

Doveva essere successo poco dopo la sua nascita, nell'estate del 1971, quando le donne giravano per strada con lunghe gonne a stampe colorate e nell'aria risuonava IT'S TOO LATE di Carole King. Probabilmente era stata Joyce ad avere l'idea di decorarla. Magari aveva comprato i materiali meno costosi al Seven Eleven in un afoso pomeriggio di Agosto, felice pensando che il suo bambino avrebbe avuto una scrivania più bella di qualsiasi lei abbia mai posseduto da piccola.

Forse amava ancora suo marito, forse le cose sono declinate dopo o forse la fregatura è iniziata nel momento in cui i due si sono conosciuti. Lonnie aveva promesso che avrebbe fatto lui il resto del lavoro ma se n'era velocemente dimenticato, aiutato da una birra e una partita di football su Channel 9. Così Joyce aveva messo su la cassetta degli Smoking Thompson, aveva aperto una lattina con le sue unghie mangiucchiate e si era rimboccata le maniche della camicia di flanella.

La trama pacchiana della scrivania era interrotta da cinque o sei cartacce di caramelle, che potevano facilmente essere le confezioni de I Tre Moschettieri. Erano ancora li dall'ingente bottino di Halloween racimolato quattro mesi fa grazie all'adorabile costume da Ghostbuster e alla carità degli amici. Quella notte aveva pensato di morire, ma almeno Dustin lo aveva annegato con le sue caramelle. Lui conosceva tutte le case migliori, e Lucas ne aveva disegnato una mappa perfetta. Quel ricordo lo faceva sorridere, ma gli muoveva qualcosa nella pancia. Era una sensazione agrodolce. A volte bisogna limitarsi ad ammirare le stelle sapendo che non ci torneremo fino al giorno della nostra morte. È assurdo come una vicinanza possa sembrare tanto lontana, guardata dalla lenti del tempo.

Velocemente, la mano di Will strisciò sulla scrivania, portando dei pezzetti di cera al lato di essa. I pastelli che Mike gli aveva regalato erano i migliori che avesse mai posseduto, ma lasciavano più sporcizia di una nave petrolifera. Almeno i colori erano stupefacenti e realistici. Stava disegnando una stupida rosa, servendosi del porpora e del verde bottiglia. Ma per quanto cercasse di distrarsi, quella puerile forma d'arte non bastava a proteggerlo dai suoi pensieri. E Will dubitava di gran lunga che qualcosa sarebbe riuscito ad anestetizzarlo dalle sue emozioni.

Posò le sue armi per combattere il dolore fatte di cera e si abbandonò ai suoi sentimenti. Si lasciò cadere sullo schienale della sedia, inerme. Non sapeva cosa fare. O meglio, lo sapeva. Ma non sapeva se voleva farlo. Doveva consegnare quella lettera ai suoi amici. Ma non sarebbe stato capace di sopportare la loro reazione. Il clone era ancora la fuori, e avrebbe potuto ferire Mike da un momento all'altro. Il tempo gli stava addosso come un vestito stretto.

Lanciò un'occhiata alla sveglia. Lucas, Max e Dustin dovevano essere appena usciti da scuola. Poteva immaginare la campanella trillare nei corridoi, e i ragazzi fare il primo sorriso della giornata. Afferrò un'altra caramella dal cassetto.

Finalmente, prese una decisione. Non c'era tempo per pensarci due volte, perché sapeva che dubitare di sé gli avrebbe subito fatto cambiare idea. Infilò gli scarponi, saltò in sella alla bici e corse a scuola, sperando di trovare ancora lì i suoi amici.

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Il banco era tanto liscio da sembrare unto. Era incredibile quanto si potesse dubitare dell'igiene di un posto, ma d'altronde non era strano che un ragazzo non si fidasse di qualsiasi cosa collegata all'istituzione della scuola. La parte trasversale del banco era in legno naturale, non colorato o levigato a liscio come quello sopra. Ciò aveva rappresentato un'opportunità per David Miller, il ragazzo seduto dietro alla signorina Max Mayfield in classe. La campanella stava per suonare, e Dave (così lo chiamava la sua ragazza che ancora non sapeva di esserlo, Stephanie) ammazzava gli ultimi minuti di tempo incidendo proprio su quella fascia di legno. Cosa scrisse? D+S ovviamente, circondato da un cuore. Non era ancora successo, ma sarebbe successo, Dave ne era sicuro. Cioè, lei era molto più bella di lui. O meglio, anche lui non era male, ma quando la signora Miller lo aveva chiamato David non intendeva certo quello di Donatello. Inoltre lei aveva mostrato chiari segni di interesse, o almeno così continuava a ripetersi lui. La verità è che i ragazzi di quell'età leggono solo i segnali nella loro lingua. Se a mandarli è qualche ragazza a cui non hanno mai pensato, allora è più probabile che non li cerchino nemmeno, e che quindi non li trovino.

Pastelli. ~BylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora