La sveglia suona. In molti odiano la sveglia, odiano il suo suono, odiano quello che rappresenta, odiano l'obbligo che essa gli impone. Mike Wheeler faceva parte di quella categoria di persone.
Dopo aver imprecato per un paio di minuti prese l'energia per affrontare quella giornata con uno sbadiglio. La sua era una di quelle tipiche vite perfette, ma solo agli occhi degli altri. Un padre ricco, una madre posata, due adorabili sorelline e il figlio che eccelleva nella scuola. Una fidanzata, un gruppo di amici, buoni rapporti coi professori, una bella casa, insomma, quello che tutti vorrebbero. Si, certo.
Un padre ricco che sapeva solo sbraitare, una madre posata che non amava davvero l'uomo col quale era sposata, una fidanzata che non sarebbe mai dovuta esserlo, un gruppo di amici che stava perdendo la sanità mentale dei suoi membri, ed una bella casa nel quale entrando, Mike avrebbe preferito essere da qualsiasi altra parte.Era il momento di fare colazione. Karen preparó per tutti uova con pancetta quella mattina. Si sedette vicino a Nancy, il suo membro preferito di quella disastrata famiglia. La madre nutrì Holly, la sorellina minore, chiedendo ai figli come avessero dormito. Nessuno rispose. Il silenzio sembrava quello della classe di religione all'ultima ora del sabato.
Mike si mise quasi violentemente in bocca il cibo rimasto e si alzò di scatto. Detestava stare "in famiglia".Al giovane Wheeler piaceva pensare alla vita come fosse un gioco all'arcade. C'erano le volte che perdevi, le volte che vincevi e le volte che non avevi il coraggio di uscire dalla grotta e salvare la principessa. C'era l'inizio e c'era la fine, ma soprattutto, c'era un tempo per ogni cosa, e se salti nel momento sbagliato rischi di cadere nel burrone invece di superarlo.
Quest'ultima particolarità, il timing, era il tallone d'Achille del secondo figlio dei Wheeler. Si sentiva costantemente fuori posto. Soprattutto con alcune persone, compresi gli individui col quale condivideva la casa. Era pieno di dubbi, azioni mai fatte e parole mai dette, ed i rimpianti erano i suoi demoni.
Mentre selezionava i capi che avrebbe indossato dalla cassettiera pensò a cosa avrebbe dovuto fare quel giorno; andare a scuola, rimanere per qualche ora all'arcade e poi tornare a casa per svolgere tutti i compiti. Avrebbe voluto parlare con Lucas, il suo migliore amico, di una cosa che ultimamente lo opprimeva più del solito e che non riusciva più ad affrontare da solo. Doveva anche ricordarsi di chiamare Undi, e a quest'ultimo pensiero alzò gli occhi al cielo. Non che non le volesse bene, anzi, e tanto pure. Ma la verità era che...<<MIKE WHEELEEEEER!!>> le urla di Nancy interruppero i suoi pensieri. Era ora di andare a scuola. Mike ne era quasi sollevato, e di fretta scese le scale.
Una volta a scuola il primo che incontrò fu Dustin. Si salutarono e il ricciolino gli raccontò che la prima settimana d'estate sarebbe dovuto andare ad un campo scientifico ed era molto emozionato. <<E tu come stai Mike?>> esordì quest'ultimo.
Malissimo, Dustin. La mia vita è un casino. Odio la mia famiglia, odio la mia casa, odio questa città e odio chi ci vive, odio persino me stesso per le scelte sbagliate che ho fatto in passato e per essere un codardo. Odio quello che mi è successo e sento che sia colpa mia. Odio questo mondo e il modo nel quale ci sto vivendo, perché non sono libero di essere me stesso. Odio tutto questo e odio anche le tue stupide domande al quale mentirò per rispondere.
<<Tutto bene, grazie Dustin>>.Dustin è un amico. Ma non mi capirebbe, non lui. Bisogna dire le cose giuste alle persone giuste.
La campanella suonò per la prima lezione: si trattava di scienze, e Mike ne era contento. Di Will, Lucas e Max non c'era ancora traccia. Gli ultimi due facevano spesso brevi ritardi insieme, ed era ovvio cha spendessero quel tempo tra loro in segreto. La famiglia Sinclair amava Max, ma quella di Max non era a conoscenza della sua relazione con Lucas e quindi i due approfittavano di ogni secondo.
Ma invece Will? Mike guardava la porta nell'incessante attesa del vederlo entrare. Si stava preoccupando, e anche se non disse nulla non faceva altro che pensare a dove fosse finito il suo amico. Amico. Quella parola non si addiceva a Will. Non secondo Mike.
A interrompere i suoi pensieri per la seconda volta in quella giornata fu Mister Clark sta volta. <<Byers, buongiorno.>>
Mike si aspettava che mr.Clark lo sgridasse per il ritardo anche se sperava il contrario, ma ciò non successe. Diede una rapida occhiata all'orologio. Erano solo le 7.42, e Will era in ritardo di due soli fottuti minuti.Cazzo, Wheeler. Stai impazzendo. È davvero un brutto periodo.
La cosa che faceva stare Mike ancora peggio era il fatto che sapeva quale sarebbe stata la corda che lo avrebbe salvato dall'oblio. Sapeva di cosa aveva bisogno, ma non sapeva come raggiungerlo, e non aveva il coraggio di arrampicarsi. Voleva stare tra le sue braccia. Era questo tutto quello che chiedeva. Voleva fregarsene di cosa avrebbe pensato la sua famiglia, di cosa avrebbe pensato il paese e di cosa avrebbe pensato Undici. Voleva davvero farlo. Ma non ci riusciva. E per questo si odiava.
<<Ciao Mike.>>
Will. Il piccolo dolce ed infinitamente forte Will. Il suo Will. Quel meraviglioso, complicato essere umano. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui tanto da contare le pieghe delle sue labbra e definire un nuovo colore per la sfumatura smeraldo dei suoi occhi. Invece, tutto quello che fece fu dire impacciatamente;
<<Ciao Byers!>>. Vedendo Will sorrise veramente, quel tipo di sorrisi che se provi a riprodurli nelle foto fallisci, perché sono troppo veri per essere falsificati. Quel tipo di sorrisi che arrivano all'improvviso e non ti accorgi nemmeno di avere sul viso.Mike sapeva quello che provava per Will. Ma aveva paura del giudizio degli altri. Lui credeva nell'amore. Non nell'amore imposto, come quello dei suoi genitori. Nell'amore vero, senza vergogna e senza confini. Ma alla fine, aveva fatto lo stesso errore di sua madre. Aveva scelto la falsità, perché ti protegge e impedisce agli altri di capire chi sei, e di detestare chi sei. Se è questa la strada che prendi però, finisci per detestare chi sei da solo, senza l'aiuto di nessun altro. Mike non poteva cambiare il passato, ma poteva scegliere il suo futuro. E sapeva che non avendone il coraggio, era costantemente bloccato in un infinito primo round.
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Pastelli. ~Byler
Fanfiction"Un pastello non si rompe mai davvero, perché anche se è spezzato in due, caduto al suolo, può ancora fare i disegni più belli del mondo. E poi, due pastelli dello stesso colore, entrambi spezzati, possono ricostruirsi a vicenda." -tratto dal capito...