La visita alla villa era stata davvero emozionante ma un piccolo inconveniente sarebbe accaduto di lì a breve. "Rebecca devi fare pipì prima che torniamo a casa?" le chiesi mentre ancora eravamo all'interno della struttura, sapendo che avremo di certo trovato traffico. "No, sono a posto." disse lei continuando a guardarsi intorno. Uscite dalla villa notai un bellissimo giardino interno con un labirinto immenso; proposi così a Rebecca di visitarlo, giusto per divertirci un po' prima di rientrare in città. Entrammo assieme, ma dopo nemmeno mezzo secondo Rebecca gridò"Io vado.", correndo avanti prima ancora che potessi rendermene conto. Pensai che si fosse nascosta dietro l'angolo per farmi uno scherzo, ma di lei non c'era alcuna traccia. Mi misi a camminare velocemente nella vana speranza di raggiungerla, ma nulla. Iniziavo seriamente ad agitarmi e a sentire il respiro affannato. "Rebecca dove sei? Esci ti prego." ripetevo in preda al panico. Non capivo dove mi trovavo e non sapevo soprattutto dove fosse finita lei. Cosa potevo fare? "Rebecca basta giocare adesso." le dissi con le lacrime agli occhi, mentre continuavo a camminare per le stradine del labirinto senza avere la minima idea di dove stessi andando. Le gambe e le forze stavano ormai per abbandonarmi e la mente non ragionava più. "Buuuuuh!" gridò Rebecca d'improvviso sbucando alle mie spalle e spaventandomi. "Ma sei impazzita?" Sentivo il cuore in gola e la testa pulsarmi dall'agitazione. "Ora andiamo a casa." le dissi infuriata. "Ti sembra una cosa da fare? Credevo ti fossi persa, ma tu hai solo pensato a divertiti mentre io stavo morendo di paura." le dissi con un tono più alto del solito, mossa dalla rabbia che mi aveva invasa. "Scusa...io..." cercò di dire nascondendo il viso ormai rigato dalle lacrime dietro le mani. "Io mi stavo sentendo male!" le dicevo mentre cercavo di trattenermi. "Non urlare però..." disse singhiozzando. "Non urlare? Sei corsa via lasciandomi da sola e io non devo urlare?" Non mi stavo rendendo conto di quello che stava succedendo davanti ai miei occhi. La paura e la rabbia mi avevano annebbiato il cervello, ma il suo pianto mi riportò alla realtà. Rebecca era davanti a me in lacrime per i miei modi sgarbati, ed io pure avevo gli occhi lucidi per lo spavento di non riuscire più a trovarla e per quello che le avevo appena fatto. Mi accorsi anche che si era completamente bagnata i pantaloni, per la paura e le mie urla, ma quello era il danno minore. Lasciai cadere a terra le borse e la abbracciai piangendo. "Scusami..." sussurrai appena, mentre la stringevo a me, accarezzandole la schiena delicatamente. La sua testa si appoggiò alla mia spalla, mentre sentivo le lacrime calde cadere e il suo corpo rilassarsi. Il respiro si stava sempre più regolarizzando e le sue mani si mossero lentamente per cingermi le spalle e il collo, quasi a non volermi lasciare più andare. Ero stata una stupida e me ne rendevo conto. Quando non sentii più i singhiozzi le presi il viso tra le mani e le asciugai le guance ricoperte dalle lentiggini. "Tata sono stata cattiva e ingiusta con te. Andiamo a casa, ma prima dobbiamo sistemare i tuoi pantaloni." dissi mentre si guardava le gambe per rendersi conto di quello che aveva inconsapevolmente fatto. La presi per mano e riuscimmo così ad uscire da quel labirinto; nessuna delle due aprì bocca fino all'auto, quando mi sarei dovuta occupare della mia Baby. "Dobbiamo proprio?" mi chiese tenendo le mani davanti al ventre. "Stenditi Rebecca." le dissi e lei ubbidì. "Ci mettiamo un attimo." le sussurrai dandole un sonaglio. Tolsi prima le scarpe, poi i pantaloni e gli slip bagnanti, sostituendoli con un pannolino e un paio di jeans puliti che avevo in borsa. Quando fu pronta la feci sedere dal lato del passeggero e la legai con la cintura. "Vedi che la mamma ha sempre ragione?" le dissi dandole una pacca sull'intimità, che la fede diventare paonazza. Come avevo previsto il traffico aveva invaso la via del ritorno e Rebecca, provata dalla giornata e dalle forti emozioni si addormentò quasi immediatamente. Pensai molto a quello che era successo e avevo abbastanza paura delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Forse Rebecca avrebbe attuato una vendetta silenziosa per i miei comportamenti sbagliati e non avrebbe avuto tutti i torti, ma avevo comunque il terrore che non si sarebbe risparmiata. In ogni caso dovevo pensare ad una punzione per essersi fatta la pipì addosso e quel lungo e lento viaggio mi avrebbe di certo fatto comodo.
Una volta arrivate a casa, svegliai dolcemente Rebecca, che però non sembrava voler collaborare. Così la presi in spalla e la portai fino al nostro appartamento di peso, per farla stendere sul divano. Quando mi richiusi la porta alle spalle, vidi i suoi occhi aprirsi e uno sbadiglio fare capolino sul suo viso. "Ci siamo svegliate bimba?" Annuì grattandosi gli occhi. "Abbiamo una questione ancora in sospeso noi due." La sua espressione si fece subito seria. "Pensavo che due palline d'argento potrebbero essere la soluzione migliore per come ti sei comportata oggi. Tralasciando il fatto che tu sia scappata senza preoccuparti minimamente di me, hai fatto la pipì addosso e la mamma ti aveva esplicitamente detto di farla. O mi sbaglio forse?" La sua espressione di tristezza mi faceva tenerezza, ma non potevo essere dolce. "Adesso io e te andiamo in bagno e le mettiamo, così impari ad ascoltare la mamma e proverai per un po' l'agonia nella quale mi hai lasciata." La sistemai così sul cassettone e dopo averla prepatata per la notte la guardai attentamente negli occhi. "Sai che la mamma lo fa per te, vero?"
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I want to be your baby
RandomGiulia e Rebecca sono due ragazze ventunenni, conosciutesi per caso quando si sono trasferite a Firenze per frequentare la facoltà di lettere. Hanno affittato due camere nello stesso appartamento e nonostante all'inizio non potessero compatirsi, ora...