La mattina dopo mi svegliai presto. Le tapparelle erano ancora abbassate e la porta della mia camera socchiusa; dalla cucina non proveniva nessun rumore e la luce del sole era ancora debole. Mi alzai piano e in punta di piedi raggiunsi la porta. Mi guardai attorno e non vidi Rebecca in giro, così mi avviai verso camera sua. Entrai silenziosa, cercando di non farmi sentire e quando fu abbastanza vicina a lei mi misi a terra, accanto al suo letto. Le sfiorai appena una mano cercando di svegliarla e la vidi dimenarsi un po' prima di aprire a fatica gli occhi. "Mmmmh...Giulia che c'è? Hai fatto pipì a letto di nuovo?" Come poteva pensare una cosa simile? Credeva davvero che sarei andata a cercarla in caso? "No. Posso venire nel letto con te?" le chiesi sottovoce. "Vai nel tuo dai." mi disse rigirandosi. Rimasi un po' perplessa a quelle parole, insomma volevo solo stare un po' con lei, ma forse per Rebecca non era lo stesso. Mi sentivo triste e le lacrime mi stavano piano piano appannando la vista. "Ma se proprio ci tieni..." aggiunse in un secondo momento, notando che non me ne ero ancora andata. Si rigirò verso di me alzando la coperta, ed io mi infilai silenziosa accanto a lei, come un piccolo fagottino. Con il braccio sinistro mi tirò a sé per la schiena, facendomi poggiare il viso sul suo seno. "Stavo scherzando, sciocchina. Non piangere su, lo sai che la mamma ti vuole bene." Mi feci piccola piccola, mentre il calore del suo corpo mi riscaldava l'anima. Avevo più paura di un suo rifiuto che degli sguardi accusatori della gente. Mi addormentai poco dopo, risvegliandomi qualche ora più tardi con il profumo del caffè che invadeva la stanza. Mi alzai dal letto, dirigendomi in cucina a gattoni, non avendo la minima idea di cosa mi potesse aspettare. Mi ritrovai davanti Rebecca che ballava mentre spadellava, indossando solo gli slip neri e una maglietta a maniche corte, con un asciugamano beige in testa. Rimasi paralizzata e in estasi, tanto che credo che nel pannolino successe qualcosa di insolito, mai provato prima di allora. Quando Rebecca si accorse di me, era troppo tardi, non poteva più cancellare quell'immagine della mia mente. "Tesoro cosa ci fai qui? Perché non mi hai chiamata? Ti sarei venuta a prendere in camera." Certo Rebecca e perdermi questo spettacolo? Anche no. "Vieni qui." mi disse prendendomi in braccio per farmi sedere. "Oggi la mamma ha preparato i pancakes." disse allacciandomi il bavaglino. Poi, con i suoi soliti modi di fare, mi porse un biberon con il latte caldo e un piatto con un paio di pancakes a tocchetti. Mi aiutò ad infilzare i pezzettini, mentre mi guardava silenziosa, sorseggiando il suo caffè. Finita la colazione mi portò in bagno a manina, per poterci preparare a quella giornata che si prospettava alquanto impegnativa. "Bene tesoro mio, oggi la tua mamma ha in serbo per te una sorpresina." mi disse mentre mi mostrava una specie di divisa. "Intanto però, pensiamo a togliere questi vestitini e il pannolino." Mi levò così il pigiama e mi lasciò solo con il pannolino super assorbente, che venne tolto pochi istanti dopo. Per fortuna decise di metterne uno normale con gli animali della savana e gliele fui grata, spargendo un po' di borotalco di qua e di là. Poi mi fece sedere e allora capii meglio cosa mi avrebbe rappresentato in futuro quella divisa. "Sai Giulia tutte le brave Baby vanno a scuola prima o poi. Oggi è arrivato il tuo gran giorno, faremo un po' di compitini insieme e io sarò la tua maestra." sgranai gli occhi. Bellissimo sogno erotico, certo, ma avevo un po' paura di quello che sarebbe potuto succedere. Mi fece indossare prima una polo bianca a maniche corte, sormontata da un gilet a scacchi rossi e grigi. Poi, ovviamente, mi infilò una gonna tutta rossa e un paio di calzettoni grigi. Non ancora contenta del suo operato, mi fece anche due bei codini alti e cambiò il ciuccio con uno rosso pieno di cuoricini. "Ora si che ci siamo." Fece un passo indietro e si compiacque da sola. "Bene adesso vai in soggiorno che la mamma finisce di prepararsi." Mi fece scendere dal fascistoio ed io un po' amareggiata me ne andai in salotto. Avrei preferito vedere cosa faceva lei, ma non potendolo fare mi accontentai di un puzzle. Mi raggiunse dopo una buona mezz'ora indossando i suoi soliti abiti che le davano l'aria da vera e propria dominatrice. Aveva messo una maglia attillata e corta nera con sopra una giacca dello stesso colore, un paio di jeans neri e le Vans scure. Aveva lasciato i capelli sciolti a contornarle il viso, ed io rimasi a fissarla per qualche istante non sapendo se averne paura o esserne affascinata. "Bene bestiolina, adesso siediti sul divano che la mamma prepara tutto per la nostra prima lezione. Partiamo dall'alfabeto." Non so dove l'avesse trovata, ma dalla cucina portò fuori una lavagna magnetica bianca, con dei pennarelli colorati e le letterine di plastica. A me diede invece la lavagnetta nera con il gesso bianco che usavamo per la lista della spesa. "Partiamo dalla A. Riesci a copiare questa letterina? Aspetta che ti faccio i tratteggi." mi disse avvicinandosi a me. Iniziò così la prima ora di lezione e una dopo l'altra, ricopiai pari pari le lettere che mi chiedeva, componendo con le letterine sulla sua lavagna le parole che voleva. "Bene in italiano sei molto brava e sono stata anche buona devo ammetterlo, ma in matematica?" mi domandò. Sentivo il sangue raggelarsi nelle vene, impedita com'ero nelle materie scientifiche. "Adesso la mamma ti scrive delle operazioni sulla lavagna che dovrai risolvere a mente." Mi auguravo che sarebbe stato facile come italiano, ma mi sbagliavo di grosso. Ero tutte operazioni con tre o quattro cifre e a mente era quasi impossibile. "Attenta a non sbagliare o finirai sulle mie ginocchia." mi avvertì prima di cominciare; tremai e allo stesso tempo mi eccitai al solo pensiero. Provai a risolverne un paio ma fu un vero e proprio disastro. "Mi sa che ti aspetta una bella punzione. Forza vieni qui." mi disse picchiettandosi sulle ginocchia. Mi stesi con la pancia verso il pavimento e le gambe che cadevano a penzoloni verso di esso. Sentii la sua mano fredda percorrermi prima una gamba, arrivando ad alzarmi leggermente la gonnellina. Poi mi sfilò piano il pannolino e con la mano mi accarezzò lentamente il culo. "Ora conta finché non avrò finito di sculacciarti." Il primo colpo su secco e deciso ed io sobbalzai per la paura; contai quasi con un filo di voce, mentre le mancate erano sempre più ravvicinate. Non mi fece male, anzi, ero solamente un po' impaurita all'inizio. Dopo venti sculacciate, come le operazioni che mi aveva assegnato, mi rivestì e mi mandò suo divano. "Ok per oggi siamo a posto, ma ricordati che la prossima volta voglio vedere quelle operazioni svolte." mi disse dandomi un bacio sulla testa prima di andarsi a cambiare. Ero inebriata da quello che era appena successo, tanto da non capire che era ormai ora di pranzo.
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I want to be your baby
RandomGiulia e Rebecca sono due ragazze ventunenni, conosciutesi per caso quando si sono trasferite a Firenze per frequentare la facoltà di lettere. Hanno affittato due camere nello stesso appartamento e nonostante all'inizio non potessero compatirsi, ora...