Parte 8

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«Che ci fai qui?» gli chiedo sputandogli addosso il mio nervosismo, con una mano mi mantengo il petto che si alza e si abbassa velocemente a causa dello spavento enorme appena provato.

«Non dovresti lasciare la finestra aperta.» si alza all'in piedi e si mette davanti a me con le braccia conserte.

«Volevi terrorizzarmi? Bene, ci sei riuscito, ora puoi andare via.»

Scuote la testa, è deciso a rimanere. Si avvicina sempre di più verso di me, ormai sono schiantata contro la mia porta e le ginocchia mi tremano. «Vedo che quel tipo non ha mollato la presa, mh?»

«No Vinnie, non sono tutti crudeli come te, sai?» lo provoco visibilmente tesa, mi sta rovinando una serata che ritenevo perfetta.

«Non ti avevo detto di lasciarlo perdere?»

«Perché dovrei ascoltarti?»

«Perché non mi piace quel ragazzo.» rivela con gli occhi fissi nei miei, come se volesse convincermi a fidarmi di lui.

Corrugo le sopracciglia per il mix di rabbia e confusione che mi sta facendo provare, non capisco da dove provenga questo interesse improvviso nei miei confronti. Non conosce minimamente Jacob e sta già cercando di smontare quello che si è creato tra noi solo per farmi uno stupido dispetto.

«Eppure a me piace molto.» ammetto, un velo di irritazione gli attraversa lo sguardo che sembra incupirsi ancora di più.

«Strano non si sia ancora stancato del tuo caratterino da mocciosa.»

Conosce i miei punti deboli e sta cercando di giostrarmi a suo piacimento, ma non ci riuscirà. Se pensa di entrare in casa mia e comandarmi come una marionetta ha perso la testa, io non sono una di quelle ragazze che pendono dalle sue labbra.

«Smettila di trattarmi come se fossi ossessionata da te. Posso sapere cosa vuoi?» chiudo i pugni tenendo le braccia distese lungo le gambe, le nocche sono diventate bianche per la forte stretta.

«Devi farmi un favore.» annuisco con la testa per incitarlo ad andare avanti. «Fammi dormire qui.»

Scoppio a ridere al termine delle sue parole, ma la sua espressione rimane seria, appare quasi confuso dalla mia reazione. «Stai scherzando, vero?»

«Alyssa ti prego, non posso tornare a casa.» mi supplica con una smorfia ricca di afflizione, tormento.

«Non ci credo che tu me lo stia chiedendo davvero...» mi metto una mano tra i capelli, una risata nervosa fuoriesce dalla mia bocca. Mi ha dato false speranze, ovviamente, dimentico sempre quanto lui sia egoista. «Dimmi perché non puoi andare a casa tua.»

«Non posso.» abbassa il capo evitando in tutti i modi il mio sguardo giudicante.

«Allora vattene a fanculo Vincent.» sputo con tutta la collera che ho in corpo.

«Calmati, bambolina.»

«Devo calmarmi?! Vinnie, cazzo, non puoi fare così, mi tratti una schifezza ogni giorno, mi controlli, poi vieni qui e pretendi che io ti aiuti. Smettila di fare queste bambinate e comportati in modo serio per una volta, nella vita non gira tutto intorno a te!» strillo rigettando la mia ira su di lui, delle lacrime che non riuscivo più a trattenere mi scivolano dagli occhi visibilmente rossi.

Percorre quei pochi metri che ci separano fino a ritrovarsi dinanzi a me, le sue mani mi racchiudono le guance bagnate.

«Non piangere per me Alyssa.» mi asciuga quelle goccioline con i pollici morbidi che delineano i contorni dei miei zigomi, della mia mascella e infine della mia bocca. Seguo attentamente i suoi movimenti tremendamente lenti, così delicati che non mi sembra lui. «Non ne vale la pena.»

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