Parte 19

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Scendo di corsa le mie scale quasi inciampando sui miei stessi anfibi; la mia scelta in fatto di scarpe non è stata la migliore visto che dovrò probabilmente correre.

Sono estremamente in ritardo per la prima lezione della giornata e non posso permettermi di saltarla, ho già esagerato con le assenze.

Andare ad una festa in settimana non è stata una buona idea, la scorsa sera sono tornata in piena notte e il ricordo della bocca di Vinnie sul mio collo mi ha tenuta sveglia per ulteriore tempo, non sono riuscita a smettere di pensare a quella sensazione di calore nel mio stomaco e tra le mie gambe. Anche adesso, la mia mente è incentrata soltanto sull'evento di ieri, e questo mi ha portato a rimandare per tre volte la sveglia.

«Io scappo, a stasera.» saluto la mia famiglia e spalanco la porta, ma la voce stridula di mia madre mi ferma evitando che io potessi mettere piede fuori di casa.

«Aspetta! Volevo solo dirti di non fare tardi, ti ricordi che oggi è il compleanno di Maria, vero?» mi accarezza una guancia con dolcezza, sistemandomi poi il cappotto sulle braccia nettamente meglio di come l'ho indossato io qualche attimo prima, che per sbrigarmi ho messo gli indumenti in un modo che mi fa sembrare sciatta e goffa.

«Certo che me lo ricordo. Tornerò presto.» annuncio rasserenandola. Le concedo un frettoloso bacio sulla guancia rosa e vado via. «Cazzo!» tiro fuori un sospiro di frustrazione.

No, non me lo ricordavo. Ho già preso dei piani con i miei amici. E non ho intenzione di passare un'altra serata in compagnia di Vinnie, di rivedere la sua faccia di fronte alla mia e sciogliermi dentro.

«Alyssa, che diamine!» mi risveglia Jackson suonando il clacson della sua auto. Gli ho chiesto di venirmi a prendere, con l'autobus ci avrei messo troppo tempo. «Ti odio, ora sono in ritardo anche io.»

«Scusami, e grazie per il passaggio.» aggancio velocemente la cintura. «Come stai?»

«Sto bene, anche se avrei preferito di gran lunga continuare a dormire fino a mezzogiorno piuttosto che saltare dal letto per colpa della tua chiamata.» sbuffa spostandosi i capelli dalla fronte, sono in disordine e si spargono sulla sua testa andando da tutte le parti.

«Dai, me lo devi.» mi mordo il labbro inferiore trattenendo una fragorosa risata.

Arrivato ad un semaforo rosso, frena facendomi sobbalzare. «Per cosa esattamente?» socchiude le palpebre in due fessure fissandomi con aria di sfida.

Con l'indice gli indico la luce, che si è finalmente trasformata in verde. «Ti ho aiutato a ballare con la ragazza che ti piace. A proposito, non mi racconti nulla?» alzo le sopracciglia ripetutamente con un sorriso elettrizzato sul volto.

Un sorriso spontaneo scappa anche a lui, che ha provato a nasconderlo per l'imbarazzo, ma le sue labbra si sono distese automaticamente al suono di quella frase. «Abbiamo solo parlato, niente di che.»

Parcheggia l'auto davanti l'ingresso, quindi, spalanco la portiera uscendo di corsa. «Salterei volentieri le lezioni per chiacchierare con te, ma ora non posso. Ci vediamo dopo?» urlo allontanandomi sempre di più da lui, che annuisce e mi mostra il suo consenso alzando il pollice.

I miei piedi aumentano il passo in modo spedito per raggiungere l'aula di chimica. La porta è chiusa, questo significa che dovrò sbucare davanti a tutti mettendomi in imbarazzo.

Alla fine, mi faccio coraggio ed entro, trovandomi tutti gli occhi puntati addosso. Se mi scavassero una buca sotto i piedi, li ringrazierei con piacere. Odio essere al centro dell'attenzione, è una condizione che mi fa sentire estremamente a disagio.

Il pensiero di sguardi indistinti su di me mi fa impazzire, a tal punto da farmi venire attacchi d'ansia a volte. Ma non è questo il momento, ignorerò e tratterrò tutto dentro come sempre.

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