Parte 38

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Le mani mi tremano mentre passo agli agenti di polizia la chiavetta USB e il biglietto lasciatomi da Jacob come "regalo di Natale". L'intenzione di buttare via tutto c'era fin dall'inizio, ma qualcosa mi diceva che un giorno mi sarebbero serviti.

Non so quanto potrebbero essermi d'aiuto, l'audio nel filmato è totalmente assente e la parte iniziale è stata tagliata; quindi, non sono presenti prove della mia opposizione. Sono abituata a lasciarmi andare al dolore, ricordo bene come io mi sia arresa in quel momento, senza piangere né urlare. Sono rimasta immobile a sopportare, questo mi fa pensare che forse il messaggio dello stupro non arriva così chiaramente agli occhi di chi guarda quel video e l'idea mi spaventa a morte.

Infondo, basta guardarmi bene in faccia per comprendermi, non riuscirei a mentire, sono caduta a pezzi da quel giorno.

«Ciao Alyssa, sono l'agente Lewis.» una donna mi stringe la mano, rivolgendomi un sorriso sereno. «Vorrei parlare un po' con te, mentre i miei colleghi analizzano le prove che ci hai fornito, va bene?»

Annuisco, un po' più rilassata dalla presenza di una donna.

«Non siamo qui per interrogarti, vogliamo solo aiutarti. Ci hai già detto che non è la prima volta che ti capita una cosa del genere, ti va di raccontarmi qualcosa in più?»

«Ho conosciuto Jacob a una festa di inizio anno organizzata da alcuni studenti, ci siamo frequentati per qualche settimana e durante quei giorni si è sempre comportato bene con me. Era carino ed educato, ma provavo soltanto attrazione fisica nei suoi confronti. Un giorno andai da lui per parlargli, avevo deciso di smettere di vederlo, ma non mi ha mai dato tempo per farlo, mi ha stuprata.» inspiro profondamente, tentando di calmare l'ansia che mi fa battere forte il cuore. «Mi sono opposta in tutti i modi, ma lui mi intimava di stare zitta e mi fermava con il suo peso. Mi sono arresa e ho iniziato a sopportare, aspettando che finisse il più velocemente possibile.»

«Vuoi un bicchiere d'acqua?»

Annuisco, strofinando le mani sudate sui miei pantaloni a costine. La vista è offuscata dalle lacrime, parlarne ad alta voce senza crollare è complicato perfino per me.

«In questi giorni di riposo sei riuscita a rammentare qualcosa della notte di Capodanno?»

«No.»

«Ascoltami, forse non te lo ricordi bene perché stavi ancora molto male, ma quando sei arrivata in ospedale ti è stato fatto un esame clinico, una serie di analisi che si svolgono sulle vittime di violenza sessuale. Abbiamo analizzato delle tracce di DNA, e ne abbiamo trovati tre diversi.»

«Non capisco.»

Il suo sguardo mi compatisce, addolcendosi sempre di più, mentre abbassa il tono per parlare con me. «Sono tre, gli uomini che ti hanno aggredita, Alyssa.»

«Tre?» sussurro, con voce debolissima.

Non riesco a processare l'informazione fornitami, continuo a fissare davanti a me immobile, mentre la vista si appanna dalla patina di lacrime che ricopre le mie iridi e sgorga giù per le guance.

«Mi dispiace, Alyssa. Riceverai giustizia, devi solo fidarti di noi.»

Il mio cervello non è semplicemente in grado di assimilare una cosa del genere, non sono capace di immaginarlo. Mi rifiuto di credere che sia potuto accadere proprio a me, nessuno merita di affrontarlo, ma non trovo una motivazione per cui l'universo continui a scagliarsi contro di me.

Mi sento come se mi fosse stato tolto l'ultimo pezzo rimanente del mio cuore, calpestato e ridotto a brandelli.

Mi chiedo che senso abbia provare ad essere buona e a donare tutto l'amore che possiedo se in cambio vengo spinta nell'epicentro di una tormenta.

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