Parte 9

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Mi lancio sul corpo di Jackson avvolto da una coperta, schiacciandolo completamente tra me e il materasso.

«Svegliati!» esclamo ad alta voce nel suo orecchio.

Si lamenta mugugnando qualcosa d'incomprensibile, per poi buttarmi dall'altra parte del letto. «Ti odio.»

«Buongiorno anche a te.» mi siedo aspettando che apra gli occhi.

Si strofina la faccia e sbadiglia rumorosamente «Perché sei così allegra?»

«Non posso essere contenta di stare con il mio migliore amico?» mi stendo accanto a lui abbracciandolo.

Mi guarda con un sopracciglio alzato, che mi fa scoppiare a ridere.

«Okay, sono soddisfatta perché ieri l'appuntamento è andato bene.» ammetto con un sorriso sognante.

«Racconta dai.» piega le braccia portandole sotto la sua nuca.

Inizio a parlare della serata ininterrottamente senza tralasciare nessun dettaglio, nemmeno la parte dove Vinnie si è intrufolato a casa mia di nascosto.

«Sono felice per Jacob, davvero, ma non ne posso più di questa situazione Jackson, non riesco a lasciarmi Vinnie alle spalle.» rivelo con voce sottile, a volte mi vergogno di me stessa, mi sento una vera stupida.

Sbuffa e mi stringe più forte contro il suo petto, mi accarezza una guancia delicatamente per confortarmi.

Non è un ragazzo di tante parole, ma quando mi mostra affetto diventa la persona più dolce del mondo attraverso i suoi gesti.

«Io e te abbiamo bisogno di fare una di quelle serate in cui beviamo fino a dimenticare quanto possa far schifo l'amore.»

«Ci sto!» allungo il braccio per schiacciargli il cinque, ma la sua mano si piazza sulla mia fronte schiaffeggiandomi.

Corrugo le sopracciglia in una smorfia di dolore, ma immediatamente ricambio il colpo sferrandogli un pugno sul braccio, che non lo smuove minimamente.

«Okay tregua! Fammi alzare adesso, il mio stomaco ha bisogno di cibo.» mi spinge giù dal letto scoppiando a ridere, poi scappa via.

«Stronzo!» lo inseguo correndogli dietro facendo attenzione a non cadere nuovamente. «E io stupida che ti ho portato anche la colazione.» mi rigiro il gancio della busta di Starbucks tra le dita, che velocemente afferra aprendola come un bambino aprirebbe un giocattolo.

«Grazie Aly.» mi abbraccia forte assediando il mio bacino con le sue lunghe braccia, io gli scuoto i capelli per quello stupido soprannome che mi attribuisce ogni volta che ha voglia d'infastidirmi.

Dopo aver lasciato un bacio sulla sua tempia, mi chiudo la porta in legno alle spalle ed esco da quel dormitorio.

A differenza mia, Jackson ha scelto di vivere la vita nel college appieno, l'idea di lasciare casa e trasferirsi da solo lo eccitava.

Decido di fare una lunga passeggiata prima di tornare, l'inverno si sta avvicinando sempre di più e la brezza mi provoca una serie di brividi che mi fanno sentire appagata. Amo sentire il freddo appoggiarsi gradualmente sulla mia pelle, rende il mio viso pallido, solo una scia di rosa si dilata sulla punta del mio naso.

Metto le mani in tasca per estrarre le mie cuffiette, le porto sempre con me, e le infilo nelle orecchie, ma una di esse mi viene tirata via.

Mi giro di scatto verso la persona che mi ha sottratto la cuffia, pronta a urlargli addosso.

«Ma usi ancora le cuffie con il filo?» ride di me infilando il piccolo oggetto nel suo orecchio.

«Perché non ti fai i cazzi tuoi?»

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