Papà

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Quella notte era stato un inferno per il piccolo Sejun.

Venire a conoscenza della sua parentela con Hyobe Maeda così all'improvviso gli aveva provocato un blocco emotivo. Per ore e ore non aveva fatto altro che piangere disperatamente stringendo il suo cuscino con forza, mentre i pensieri gli vorticavano veloci nella testa, come un film.

La sua famiglia era solo un ammasso di gente cattiva e criminale, in che modo sarebbe riuscito ad andare avanti?

Aveva programmato di cercare il suo papà appena uscito dall'ospedale, ma viste le circostanze si ritrovò al punto di partenza. L'unica che avrebbe potuto occuparsi di lui era la madre, che però non poteva essere definita tale. Non desiderava affatto rivederla, ma non se la sentiva di rimanere ancora a casa di Axel diventando un peso per Ariana e Yamata.

Prima o poi avrebbe dovuto trasferirsi, il problema è che non sapeva dove.

Visto che non riusciva a dormire sonni tranquilli, approfittò della sua insonnia per allenare le gambe a camminare. Girò per tutta la stanza finché i dolori alle articolazioni non divennero minime.

Gli fu molto utile per scaricare lo stress e la rabbia accumulati, ma purtroppo la tristezza finiva sempre col prendere il sopravvento.

Lui figlio di un mafioso... tremò alla consapevolezza di avere dentro di sé il sangue di un assassino spietato.

Era orribile farsene una ragione, e provò vergogna all'idea che Axel, Maddie e gli animali conoscessero quel particolare. Evidentemente per loro non cambiava nulla, ma in verità Sejun poté immaginare cosa avessero pensato.

Ci rimuginò tutta la notte, e quando arrivò mattina e i primi raggi del sole illuminarono la stanza, il coreano si stancò.

La colazione ospedaliera, come al solito, non la toccò dato che ormai il suo stomaco rifiutava ogni tipo di cibo che gli proponevano.

I dottori notarono la sua aria triste, ma ipotizzarono fosse per la prolungata solitudine a cui era sottoposto da settimane.

Avis lo rassicurò dicendo che entro due giorni l'avrebbero finalmente dimesso e lui, contando sulle sue eccellenti doti recitative, rispose con un sorriso floscio.

Arrivarono circa le nove e Sejun decise di ingannare il tempo esercitandosi ancora con i passi. Pur di non pensare a suo padre era disposto a fare qualunque cosa, anche stupida. La consolazione di quella brutta giornata sarebbe stata la visita pomeridiana dei suoi amici, con cui sperò di non farsi sfuggire niente di ciò che gli aveva detto Cesare. Non dovevano sapere che era passato, altrimenti sarebbe accaduto il caos, ma soprattutto non voleva parlare loro di quell'argomento.

Un po' era arrabbiato nonostante ne avesse compreso le buone intenzioni. Volevano proteggere la sua integrità mentale e non li biasimò, tuttavia avrebbe preferito essere messo al corrente del fatto fin dall'inizio.

A un certo punto si fermò e si mise ad osservare il panorama fuori dalla finestra, giusto per respirare dell'aria fresca. Fu in quel momento che qualcuno entrò nella camera.

Sejun, tenendo per scontato che fosse un medico, non si voltò subito. Quando lo fece, però, si accorse che non era un dottore.

Vide un uomo vestito in nero, con un cappello e una mascherina che gli copriva quasi per intero la faccia. In mano aveva stretto una busta regalo.

Un brivido percorse la sua spina dorsale, poiché la figura di fronte a lui prese a scrutarlo con insistenza e senza dire una parola.

Dopo pochi attimi, Sejun ruppe il ghiaccio.

<< Mi scusi... forse ha sbagliato stanza >> soffiò con calma, convinto che l'uomo dovesse andare a trovare un altro bambino.

Ma l'interpellato non si scompose, anzi, rispose nell'immediato: << No, non ho sbagliato. >>

Il nostro bambino - L'avventura continuaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora