II

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Cagliari, 1913

Nelle prime ore della sera un gruppo di donne lasciava la cattedrale di Santa Maria, varcando la soglia del grande portone in legno scuro dai dettagli lavorati a mano, per poi riversarsi sulle vie più interne della città. Il cielo plumbeo aveva oscurato il sole dalle prime ore del mattino, e con l'avvicinarsi della notte, le alte palazzine dai colori solitamente vivaci parevano essersi spente. Il rintocco delle campane ruppe il silenzio soltanto per poco tempo, quando la cattedrale non si era ancora del tutto svuotata, e Antonia decise proprio in quel preciso momento di alzarsi dalla panca di legno che aveva occupato per tutta la messa. Rivolse un ultimo sguardo verso l'altare, dove il parroco si accingeva a sistemare gli oggetti sacri, prima di stringere tra le dita tremanti della mano sinistra il rosario di perle bianche, per poi procedere con il segno della croce.

Stringendosi i lembi del fazzoletto scuro sotto al mento, si incamminò verso l'uscita, osservando per qualche secondo delle donne che si erano fermate a chiacchierare appena accanto all'acquasantiera. Le vide sollevare gli sguardi nella sua direzione, prima di avvicinarsi quel tanto che bastava per immergere le dita dentro l'acqua benedetta, e riprendere poi a camminare fuori dal luogo sacro. Le scale che portavano al porto d'ingresso erano alte ed in pietra, perciò strinse tra le dita i lembi della gonna scura che le copriva le gambe dalla pelle chiara, stando attenta ai movimenti. Alla sua sinistra, il palazzo di città si ergeva imponente come sempre, alcuni uccelli si erano appollaiati per la notte proprio sopra al suo tetto scuro. Adesso, a riempire le strade, erano soltanto coloro che avevano partecipato all'ultima celebrazione della giornata, come Antonia, e la donna si ritrovò a camminare da sola per la strada che l'avrebbe riportata a casa.

Davanti a lei il vicolo era già piuttosto buio a causa della fioca illuminazione di città, e Antonia si ritrovò ad accelerare i movimenti, nonostante conoscesse a memoria quelle strade, non si era mai sentita abbastanza sicura. In realtà questo era quello che aveva imparato a raccontare a sé stessa, i movimenti di Antonia erano sempre stati veloci, talvolta risultavano addirittura nervosi, ed essa stessa non aveva mai compreso da dove arrivasse tutta quella agitazione. O forse, Antonia, l'aveva compreso fin troppo bene, ma aveva da sempre preferito non fare troppe domande, soprattutto a sé stessa. Aveva imparato a mantenere il silenzio,a farsi gli affari propri e a portare avanti la sua vita senza interessarsi troppo del prossimo, ed erano state le circostanze stesse a provarle di aver ragione. Antonia non avrebbe mai ficcato il naso nelle vite di altri, non una parola di troppo sarebbe scappata dalla sua bocca, nonostante gli occhi fossero stati da sempre costretti a vedere abbastanza. Una volta di fronte al vecchio portone lasciato socchiuso, prese a sistemarsi con le mani dalle dita lunghe e magre le pieghe della lunga gonna nera, quella che indossava soltanto per le celebrazioni religiose. Spinse la porta con una mano, lasciando che si aprisse generando un cigolio fastidioso, dovuto ai ferri arrugginiti. Il piccolo corridoio era buio e spoglio, come lo aveva lasciato, segno che nessuno degli uomini era già rientrato per la notte, soltanto una striscia di luce giallastra ne illuminava parzialmente il pavimento grezzo, quella proveniente dalla piccola finestrella della cucina. Antonia poteva vedere i ricami della tenda che la copriva, quella cucita a mano da lei stessa, proiettati sul pavimento grezzo, mentre la parete che segnava la fine del corridoio era rimasta completamente al buio. Sospirò leggermente, prima di scuotere il capo ancora coperto dal fazzoletto scuro ed entrare finalmente in casa, chiudendo il pesante portone di legno alle sue spalle.

Antonia non amava particolarmente il silenzio, aveva compreso da sempre che questo poteva essere riempito soltanto con i pensieri, ma molto spesso si era ritrovata a non voler ascoltare più di tanto quella voce simile alla sua. Aveva avuto tutta la vita, si era detta, per imparare che l'assenza di rumore sarebbe stata la sua compagna più fidata, fin da quando, ancora, le sue radici si trovavano ancorate al terreno di Orgosolo. Il paese l'aveva dovuto abbandonare prima del previsto, oppure nei suoi piani questa fuga non era stata assolutamente inclusa, mai avrebbe potuto immaginare che un giorno sarebbe stata la sua unica possibilità. Lasciare Orgosolo aveva portato inevitabilmente alla perdita di qualsiasi tipo di contatto con la sua famiglia d'origine, con le amicizie che oramai non frequentava da una vita, e con la terra che nel bene e nel male avrebbe sempre accompagnato con la parola casa. Ma quando costretta a trincerarsi dentro ai suoi pensieri, Antonia immaginava una vita diversa da quella che le era stata donata. Magari, in quella vita diversa, non sarebbe stata costretta a scappare come un ladro, o peggio ancora a nascondersi come un bandito.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora