XXVII

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La canna del fucile, ancora fumante, tremava leggermente tra le braccia magre dell'ormai proprietario. Giovanni non sapeva se quelle armi al loro ritorno sarebbero divenute effettivamente di loro proprietà, ma in qualche modo sperava che quel desiderio potesse avverarsi. Adesso avevano conquistato addirittura una divisa, liberandosi così degli abiti che ognuno di loro aveva indossato all'arrivo a Sinnai. Adesso nelle campagne attorno alla caserma, si era levata una coltre di nebbia fitta, che quasi rendeva impossibile vedere al di là della distesa verde. Il terreno, nonostante le prime ore del mattino, era già caldo e secco. Il ferro del fucile era bollente, e Giovanni dovette immediatamente ritirarlo indietro, posizionare meglio le mani per paura di provocarsi altri tagli.
Ne aveva collezionato alcuni durante quel periodo di addestramento, uno fra tanti era certamente quello al ginocchio sinistro. Inciampato con tutto il corpo per via di un fitto reticolato di fortuna, costruito con fil di ferro e altro materiale ritrovato sul terreno. Avrebbe dovuto simulare una trincea, avevano suggerito i superiori, ma nessuno aveva idea di cosa in realtà significasse quella parola. Certamente non Giovanni che, nonostante tutto, non si era fatto troppe domande. Aveva incassato il colpo senza lamentarsi troppo, adesso poteva sfoggiare un bendaggio ricavato da maglie di cotone usate, gentilmente donate da Pietro.
Una volta ritirata l'arma, finito per quella giornata il turno di addestramento, tornò dentro al capannone a passi lenti. Le braccia doloranti lo fecero sospirare leggermente, quando raggiunse la sua brandina dal materasso duro, posò il fucile sulla parete accanto ad essa. Tolse la maglia e la giubba scura, la posò senza troppa cura ai piedi del letto, per poi uscire nuovamente dalla stanza diretto alla latrina.
Mentre camminava si portò una mano tra i capelli zeppi di sudore, annusando il suo stesso odore acre e prepotente, tanto da fargli storcere il naso. Era certo di avere terra anche sul viso, le mani e le unghie si erano fatte ormai completamente scure, tanto che anche provare a lavare via lo sporco era risultato inutile. La pelle pareva aver assorbito la sporcizia, la polvere da sparo, e la stessa stanchezza del corpo. Ma la mente era carica, aveva pensato, sentiva di poter rivoltare il mondo soltanto con un braccio.
Complici forse i racconti, in realtà fin troppo romanzati, degli uomini più anziani. Racconti che duravano ore ed ore, durante le quali soprattutto i ragazzi più giovani si sedevano ad ascoltare in silenzio. Rapiti dalla grandezza degli eserciti di allora, dall'onore ed il rispetto conquistato dai veterani, sperando forse di poter raggiungere lo stesso prestigio.
La loro fortuna, era certamente quella di disporre di una pozza d'acqua, che non potevano certamente definire un lago. Era piuttosto un agglomerato di acqua putrida, che a loro pareva però la più pulita del mondo. Giovanni si avvicinò ad essa, soltanto per sciacquarsi il viso ed i capelli. L'acqua calda ricadde a gocce sul suo petto scosso dalla stanchezza, scivolando fino al bordo dei pantaloni. La divisa gli calzava leggermente larga, ma non aveva avuto il coraggio di esporre quel problema davanti al Maggiore.
L'uomo gli era parso particolarmente concentrato sull'obiettivo, spesso pareva addirittura diventare più severo del solito.
Scosse velocemente la testa come avrebbe fatto un cane, liberando così i folti capelli scuri dalle ultime gocce d'acqua, prima di tornare indietro.

Immediatamente intercettò la figura minuta di Pietro, che seduto sotto l'ombra dell'ulivo che avevano ormai reclamato come loro, annuiva tristemente di fronte alle parole di Pasquale. L'immagine quasi lo fece sorridere, e prima che potesse anche solo richiamare la loro attenzione, l'altro sembrò notarlo anche se in lontananza. Immediatamente gli occhi di Pietro si fecero colmi di speranza, quasi gli venne da ridere. Pareva ormai essere diventato lui il salvatore dell'altro, il solo che avrebbe potuto portarlo via dalle grinfie di Pasquale. Giovanni non era poi così certo di meritare quel titolo, ma fu ben contento di poter fare del suo meglio, sposò immediatamente la causa.
Una volta raggiunto il duo, non potè fare altro che accomodarsi sotto la pianta, massaggiando piano la cute ancora bagnata con le dita. Pasquale doveva aver già portato avanti quel racconto per qualche minuto di troppo, se solo fosse stato in grado di leggere lo sguardo di Pietro, avrebbe compreso.
Giovanni lo osservò enfatizzare il discorso con movimenti veloci delle mani, quasi mimando ciò che andava raccontando. Certamente non si parlava di cose caste e pure, Giovanni sollevò un sopracciglio nella sua direzione.
"Era praticamente già dentro alle mie braccia, ti dico" sentì immediatamente. Il ragazzo doveva aver iniziato a vantarsi di qualche sua conquista, Giovanni rivolse un breve cenno del capo al povero Pietro. Il ragazzo annuì tristemente, come ormai abbandonato al suo destino. Era certo che quei due avrebbero cozzato fino alla fine, non sarebbe mai stato in grado di trovare un punto d'incontro. "La portai a letto soltanto alla prima sera" sentì nuovamente, e dovette sospirare portandosi le mani alla nuca. "Chi?" domandò interrompendo il discorso di Pasquale.
Questo si voltò improvvisamente nella sua direzione, stizzito per via della improvvisa interruzione, "chi cosa?" domandò. Giovanni posò il suo sguardo sul viso sbarbato dell'altro, che presentava un leggero taglio sul labbro inferiore. "La ragazza di cui vi sto parlando!" esclamò, "non ascoltate mai".
Giovanni sospirò sorridente, contento di aver almeno allentato la pesantezza del racconto. "È la tua ragazza?" domandò, "siete fidanzati?".
Pasquale inorridì immediatamente, come se avesse appena visto un fantasma si portò una mano sul petto. "Per Dio!" esclamò, "certo che no!" disse poi, prima di continuare il discorso totalmente in solitudine.
"Intendo comunque ritrovarla non appena torneremo a Cagliari" disse, in quella che Giovanni immaginò essere finalmente la conclusione del discorso. Annuì soltanto, incoraggiando il ragazzo a completare il suo racconto, finché non lo vide tornare a sedersi.
"Hai una sigaretta?" lo sentì domandare poi, e si voltò nella sua direzione. "Ancora?" domandò questa volta realmente infastidito, ma frugò comunque dentro le tasche del pantalone. "Sai, dovresti iniziare a prendere in considerazione l'eventualità di potare le tue, di sigarette" disse, sollevando le ginocchia per poi posare i gomiti su di esse.
Il ragazzo ignorò completamente la sua proposta, come si aspettava, recuperò invece il pacco velocemente. Quasi temesse che Giovanni potesse riconsiderare la sua gentile offerta, prima di lanciarlo nuovamente al legittimo proprietario.
"Non fumarmi addosso" mormorò Pietro, portando immediatamente una mano avanti, come una minaccia. Giovanni fu felice di sentirlo parlare liberamente, nonostante la sua continua timidezza, pareva iniziare a sciogliersi di tanto in tanto.
Fortunatamente Pasquale decise di non commentare, per una volta, e portò silenziosamente la sigaretta alle labbra. Gettò poi il fiammifero usato e ormai spento sul terreno davanti a loro, prima di chiudere gli occhi e godersi per una volta il silenzio.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora