XXIII

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Non sapeva da quanto tempo stessero camminando, non aveva tenuto il conto dello scorrere dello stesso. Giovanni si era perso dentro ai suoi pensieri come raramente gli capitava, aveva da sempre avuto il grande dono di stare ancorato alla realtà, anche quando questa si era rivelata un qualcosa da cui sarebbe stato meglio scappare. Perciò non aveva idea di come avrebbe fatto a scappare da quel rincorrersi di sentimenti quasi fastidioso. Nel sangue ribolliva ancora la rabbia, che sfogava tutta con respiri profondi, passi distesi e decisi, ignorando il resto degli uomini che accanto a lui marciavano tenendo un ritmo abbastanza veloce. La camicia che indossava era completamente zuppa di sudore, nonostante il cielo si fosse fatto plumbeo appena avevano lasciato la città. Sapeva con certezza che Sinnai non si trovasse troppo distante da Cagliari, e questa consapevolezza lo rincuorava leggermente, mentre stringeva con la mano destra la valigia di cartone fin troppo piena. Maria Rosa aveva voluto insistere per cacciarci dentro anche del cibo, nonostante Giovanni avesse esplicitamente ripetuto più volte alla donna di lasciar perdere, di conservare tutto per quando sarebbe effettivamente partito per il fronte. Il fronte, pensò distrattamente, quando quell'immagine completamente astratta che aveva costruito dentro la sua mente prese nuovamente forma si sentì quasi più leggero. Nessuno avrebbe potuto impedirgli di concretizzare quella scelta, oramai aveva ben chiaro il suo futuro, non si sarebbe fermato certamente per colpa delle paure infondate di Mario. Se il ragazzo aveva veramente creduto di poterlo per sempre tenere fermo, legato a sé, si era sbagliato di grosso. Se c'era una cosa che infastidiva il maggiore, era l'ossessiva preoccupazione dell'altro, quel dimostrarsi così fottutamente legato alla sua persona. Voleva bene a Mario, certo, ma non era responsabilità del minore quella di preoccuparsi per lui. Era sempre stato così, talmente incastonato dentro alle loro esistenze da non rendersene quasi conto. Giovanni pareva aver sempre voluto scappare dalla presa dell'altro in qualche modo, ma aveva sempre avuto la voglia di tornare indietro, in fondo Mario era divenuto immediatamente il suo porto sicuro. Era come se il minore fosse stato sempre presente anche senza volerlo, durante i momenti felici, durante quelli di sconforto, e persino durante i momenti vuoti. Giovanni avrebbe voluto mentire a sé stesso e dire che la presenza del minore lo soffocava, gli tarpava in qualche modo le ali, e certamente non avrebbe potuto negare le differenze evidenti ad entrambi. Aveva saputo fin dal primo momento che quella precisa decisione non sarebbe stata facile da comunicare, che Mario non lo avrebbe potuto capire. Aveva bisogno di cercare la sua strada, di spianarne una nuova accanto a quella già percorsa che oramai conosceva a memoria. Non sapeva che cosa veramente lo avesse spinto tra le braccia di quella guerra che avrebbe conosciuto molto presto, ma certamente non sarebbe spettato al minore decifrare quella scelta. Perciò adesso scagliava ogni passo con forza, gettando tutto il peso del suo corpo stanco sui piedi martoriati dai pesanti scarponi di cuoio, che aveva persino acquistato a buon prezzo per l'occasione. La testa gli fumava, e necessitava di una sigaretta, nonostante sapesse di averne portate ben poche con sé. Con un gesto quasi meccanico andò immediatamente a recuperare il pacco ancora sigillato di Nazionali, tenuto al sicuro dentro alla tasca interna della giacca scura. Ne portò una stecca alle labbra senza accenderla, cercando di calmare in quel modo i suoi nervi e le mani tremanti per via della frustrazione. 

Tornò alla realtà soltanto quando sentì il respirare affannoso del ragazzo alla sua destra. Non avrebbe voluto ammettere che quel preciso rumore gli provocava fastidio, per colpa forse del suo stato mentale già provato. Si voltò soltanto nella sua direzione, il volto contratto in una smorfia quasi di dolore ed un sopracciglio alzato, una espressione stizzita ma allo stesso tempo incuriosita. Si ricordò immediatamente del viso già conosciuto, i capelli scuri e tagliati corti, gli occhi adesso assottigliati per via della stanchezza ed il volto grondante di sudore. Indossava una camicia fin troppo larga per le sue spalle magre, l'andatura storta lo faceva sembrare ubriaco, e lo zaino che portava sulle spalle doveva essere particolarmente pesante. Immediatamente gli rivolse la parola, senza accorgersi di averlo fatto, e il ragazzo scattò all'attenzione come punto improvvisamente da una vespa. "Faresti meglio a togliere quella giacca" disse, rivolgendogli un leggero sorriso di incoraggiamento. Dagli occhi scuri riuscì a leggere una leggera timidezza e senso di inadeguatezza che quasi lo inteneriva, mentre il naso arricciato era divenuto immediatamente rosso. Un rossore che a poco a poco si era propagato anche su entrambe le guance, Giovanni si domandò se fosse per via dello sforzo o dell'imbarazzo. Lo vide scuotere leggermente il capo prima di rispondere "anche tu indossi una giacca", indicandolo con un veloce gesto del capo. Dovette ammettere di non aspettarsi certamente una risposta del genere, non così puntigliosa almeno, ma il ragazzo pareva quasi sorridere davanti alle condizioni di entrambi. "Hai ragione, ma tu sembri quasi annegare dentro al tuo stesso sudore" disse nuovamente, perché in fondo l'ultima doveva essere sempre e comunque la sua. Il ragazzo parve rendersene conto, perché alzò le mani davanti al petto in segno di resa, e poi si ammutolì nuovamente. Giovanni però era deciso a non lasciar morire la conversazione, in fondo non sarebbe stato male avere qualcuno con cui chiacchierare ogni tanto, anche se particolarmente silenzioso e stizzito dalla sua lingua lunga. 

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora