Cagliari, 1912
I granelli di polvere si sollevavano leggeri dalle mensole incastonate all'interno del muro bianco, spinti dal leggero vento fresco che arrivava dal mare, volteggiavano nell'aria per poi tornare a posarsi questa volta sul pavimento grezzo. Il vociare degli uomini riempiva la piccola stanza, quella che costituiva la cucina, nonostante il gruppo si fosse fermato appena fuori dal bascius del quartiere Castello. Le sedie di legno erano state posizionate subito dopo il gradino in pietra, dove sedeva una donna coperta dagli abiti scuri e morbidi, che ricadevano sul suo corpo deformandola. Il trambusto poteva essere sentito fin dentro alla vecchia cantina, che si trovava poco più avanti della vera e propria abitazione, dove il ragazzo era stato mandato a prendere una bottiglia di vino. Questa era custodita insieme alle altre dentro ad una vecchia credenza, dal legno usurato e ruvido, dove la polvere si era sedimentata sul vetro verde, rendendolo appiccicoso. Mario aveva aperto l'anta stringendo la maniglia dal vetro arrugginito tra le dita, e nello scoprire la polvere che si era immediatamente sollevata aveva arricciato il naso. Veniva mandato sempre a recuperare qualcosa da bere, lui, quando quelle strane riunioni avvenivano appena fuori da casa sua, che poi così strane non erano. Mario, come altri, era stato abituato fin da piccolo ad essere circondato dagli abitanti del vecchio quartiere. La porta di casa Urru era sempre aperta, a qualunque ora del giorno, soltanto durante la notte questa veniva chiusa con un pesante gancio di ferro.
Passò distrattamente una mano sulla maglia di cotone bianco che indossava dalle prime ore del giorno, adesso leggermente bagnata dal sudore che colava lungo la sua schiena, ricoprendolo di brividi leggeri. La macchia lasciata dalla polvere era ben visibile sull'angolo del tessuto, e Mario si rese conto di essa soltanto una volta uscito dalla cantina, il vecchio portone di ferro chiuso con uno scatto. Le dita sottili del ragazzo erano strette attorno al collo della bottiglia, e nel camminare piano riuscì a scorgere nuovamente le persone radunate proprio di fronte alla sua abitazione. Sopra le loro teste il cielo si liberava dalle nuvole, che parevano spostarsi tutte nella stessa direzione spinte dal leggero vento, lasciando spazio ai colori del tramonto. La colorazione rosea si rifletteva sul panorama circostante, sulle abitazioni alte e sui balconi dalle ringhiere in ferro battuto, da dove pendevano lenzuola bianche, abiti di ogni genere e panni dal tessuto ormai sgualcito. I capelli scuri e spettinati di Mario venivano scompigliati ulteriormente dalla brezza, e il ragazzo rinunciò dopo un po' al tentativo di sistemare quella massa disordinata. Gli occhi scuri si fecero sempre più grandi man mano che si avvicinava agli altri, e sentendosi osservato dovette voltarsi in direzione della piccola casa, dalla porta spalancata. Lo sguardo che sentiva bruciare addosso era quello della madre, Antonia, che con un leggero gesto del capo, coperto da un fazzoletto nero di cotone, gli intimò di avvicinarsi e di lasciare a lei l'onore del servire gli ospiti. La donna aveva infatti già recuperato i bicchieri di vetro, e Mario si disse brevemente che non sarebbero bastati per servire tutti i presenti.
Gli uomini, invece, per la maggior parte stavano in piedi e le loro bocche contornate dalle barbe incolte si muovevano velocemente, così come le lingue, nel portare avanti un discorso fin troppo incentrato sulla politica. Almeno così era per Mario, che di quella materia non aveva mai capito troppo, e che forse non si era mai interessato abbastanza da potersi dire informato sugli ultimi avvenimenti che riguardavano la città. Il suo sguardo si posò sul viso scarno di Raimondo, che come suo solito, se ne stava in silenzio, la spalla magra poggiata sul muro della casa proprio di fronte a quella di sua proprietà. O meglio, così piaceva pensare all'uomo. L'orgoglio del padre era tale da permettergli di immaginare che quella abitazione, dove avevano trascorso gran parte della loro vita adulta, fosse di sua legittima proprietà, che come aveva sempre sognato di fare l'avesse costruita con le sue sole forze. In realtà quella, così come le altre abitazioni che costituivano il quartiere, altro non era che una casa popolare, una di quelle abitate dalle famiglie che in realtà non si sarebbero permesse solo di immaginare di poter averne una di proprietà. Ma Mario avrebbe lasciato costruire mondi immaginari al padre, che non in verità non aveva potuto nemmeno costruirsi un tetto sopra la testa.
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Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022
Ficción históricaNel 1915 anche la Sardegna viene sconvolta dall'avvento del primo conflitto mondiale. Sembrava tutto così lontano, e invece anche le vite tranquille di due giovani ragazzi, Mario e Giovanni, cambieranno da un momento all'altro. Il legame che unisce...