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"Beati i giovani affamati di gloria, perché saranno saziati!"

Giovanni aveva lasciato il posto di lavoro senza troppe cerimonie. Appena aveva sentito lo scoccare dell'ora, il rimbombo delle campane della cattedrale, aveva lasciato immediatamente gli utensili che stringeva tra le mani. Melchiorre aveva già abbandonato la sua sediolina di legno, quella che occupava per gran parte della giornata, mentre i giovani alle sue dipendenze lavoravano duramente. Sotto il sole, sotto la pioggia, talvolta soltanto con materiali usurati e scarsi. L'uomo non era certamente conosciuto per aiutare gli altri, per la bontà d'animo, piuttosto per la sua tirannia. Giovanni lasciò un'ultima occhiata al collega, un ragazzetto magro e dall'andatura storta. Era certo si chiamasse Salvatore, ma non ricordava il suo cognome. Comunque era taciturno, raramente scambiava parole con gli altri, e anche in quella occasione gli rivolse soltanto un leggero cenno del capo.
Si allontanò poi dal cantiere, senza curarsi di salutare Melchiorre, che tanto lo avrebbe ignorato. Strofinò velocemente le mani ancora sporche di terra e cemento sulla maglia di cotone, sbuffando nel rendersi conto che anch'essa era sporca.
Il quartiere pareva essersi improvvisamente svuotato, tanto che iniziò a guardarsi attorno sospettoso. Si domandò se fosse capitato qualcosa di cui non era a conoscenza, quasi si sentiva isolato dal resto del mondo una volta che metteva piede dentro al cantiere.

Sospirò silenziosamente, frugando dentro la tasca destra del pantalone, alla ricerca delle sigarette. Aveva ancora con sé il pacco che Mario gli aveva regalato, ancora ben chiuso. Aveva preferito non consumare nessuna delle sigarette, ancora però non ne capiva il motivo. Forse per paura di ritrovarsi un giorno senza quel ricordo, forse perché il gesto del minore lo aveva sorpreso. Non erano soliti farsi dei regali, certamente nessuno dei due era nelle condizioni economiche di farlo. Ma quel gesto inaspettato in qualche modo pareva aver svoltato completamente le sue giornate. Camminò verso casa ritirandosi il pacco di Nazionali tra le mani, con fare distratto. Attraversò la via che lo avrebbe condotto al quartiere dove abitava, Marina gli era sempre piaciuto particolarmente. Poteva sentire l'odore del mare, il vociare dei lavoratori del porto, osservare le barche attraccare nelle ore più disparate. Spesso il porto era occupato dai pescatori, da bambino suo padre lo portava spesso da loro. Non erano certamente degli esperti, entrambi non avevano mai pescato da soli più di qualche pesciolino di passaggio. Ma Giovanni teneva stretti quei ricordi, timoroso di dover un giorno abbandonare tutto. Prima o poi anche l'uomo che lo aveva messo al mondo avrebbe abbandonato quella terra, e che fare allora?
Avrebbe certamente osservato il porto in maniera diversa, come forse già faceva.

Camminando lentamente risalì verso Piazza del Carmine, dove un brusio fastidioso si diffuse nell'aria. Giovanni sollevò immediatamente la testa, rimettendo le Nazionali dentro alla tasca del pantalone. Un ramoscello stretto tra le labbra per compensare l'assenza della sigaretta. Corrugò la fronte nel vedere una folla particolarmente agitata farsi largo nella stessa piazza. Gli alti alberi erano mossi dal vento freddo che arrivava dal porto, e dovette stringersi nelle spalle per contrastarlo. Donne e uomini, cappelli di ogni taglia e genere, si muovevano veloci per raggiungere il centro. Giovanni si domandò cosa diavolo stesse accadendo, perché mai tutte quelle persone si fossero radunate proprio a quell'ora della sera. Accanto a lui un gruppo di ragazzini sostava su una panchina. Dovevano averla occupata già da tanto tempo, Giovanni si avvicinò per domandare cosa fosse accaduto. "Che diavolo succede qui?" domandò ad uno di loro, doveva avere qualche anno in meno di lui.
Il ragazzino si portò una mano sulla fronte, coprendo gli occhi dalla luce del sole che gli impediva di mettere a fuoco il suo interlocutore. Tra le labbra fini stringeva una sigaretta oramai quasi spenta, un ghigno divertito si fece strada su di esse. "Non lo sai?" domandò, e Giovanni immediatamente si sentì fuori dal mondo. Scosse la testa, "cosa avrei dovuto sapere?" domandò.
Il ragazzino puntò il dito verso la folla, "quei coglioni di sinistra" mormorò. Giovanni si disse che quel linguaggio troppo colorito non gli calzava per niente bene, pareva volersi addossare più anni di quanti in realtà ne avesse. Tornò ad osservarlo, "di un po'" disse, "quanti anni hai?" domandò allora.
Il ragazzino ridacchiò, e togliendosi la sigaretta dalla bocca con un veloce gesto della mano rispose, "sedici". Giovanni dovette sorridere, e scuotendo la testa posò una mano sul capo del ragazzo. Questo non dovette prenderla troppo bene, perché si fece immediatamente rosso in viso quando gli altri presero a ridacchiare. "Stai nel tuo" gli suggerì, prima di rivolgere a tutti in breve cenno di saluto e tornare a concentrarsi sulla folla. Non seppe come, ma prese a camminare fino a quando non si ritrovò abbastanza vicino da sentire ciò che i coglioni di sinistra avevano da dire.

"Compagni, non è più tempo di stare a guardare, è arrivato il momento di fare" gridava uno di loro. Giovanni lo squadrò dalla testa ai piedi, un ragazzetto magro con addosso un completo scuro piuttosto largo. In un'altra occasione, probabilmente, avrebbe riso di lui. Ma in quel preciso istante il vederlo al centro insieme ai suoi compagni, convinti di ciò che andavano dicendo, dovette fare scattare qualcosa anche nel suo animo piatto. "Ogni forza è lecita, per evitare che si perda la nostra Patria" diceva, "ogni forza di noi sardi è utile, per fare vedere veramente chi siamo!".
"Oh voi, popolo di lavoratori delle campagne, delle miniere, non vogliamo vedere le nostre terre in mano ai padroni!"
"Oggi su di noi pesa il destino della Patria, il destino della Sardegna e dell'Italia intera"
Giovanni doveva aver udito qualcosa, prima d'allora, ricordò di essere effettivamente al corrente di ciò che stava accadendo. Aveva soltanto fatto finta di non farne parte, se questo non fosse arrivato fino alla Sardegna, allora non avrebbe certamente rappresentato mai un problema. Ma adesso pareva averlo raggiunto, per quanto si fossero nascosti il destino gli aveva ritrovati. "Formatevi in drappelli, formatevi in pattuglie civiche; e fate la ronda, ponetevi alla posta per
catturarli!"
Scosse la testa, si disse, aveva udito abbastanza per quella sera. Si allontanò dalla piazza con il cuore in gola, facendosi largo tra la folla di curiosi. Avrebbe voluto certamente saperne di più, in cuore suo sentiva che sarebbe stato più responsabile restare, ma non ebbe abbastanza coraggio. Perciò tornò sui suoi passi, lasciandosi indietro quei ragazzi dalle idee così chiare, ed immediatamente si sentì impotente. Perché lui non poteva essere come loro?
Perché pareva invece essere estraneo a tutto ciò che accadeva al di fuori del suo piccolo mondo?
Era forse perché mancava di istruzione?

Sospirò leggermente, scuotendo il capo arrivò fino al portone di casa. Dalla finestra della piccola cucina poteva scorgere un leggero bagliore, quello di una candela posata dentro il caminetto spento. Doveva esserci per forza qualcuno, forse l'anziano padre aveva rincasato prima di tutti. Senza perdere altro tempo aprì la porta, e sgusciò fin dentro al corridoio buio. "Sono a casa" disse, a voce abbastanza alta, prima di serrare nuovamente la porta e lasciarsela alle spalle. In cucina l'uomo se ne stava seduto sulla sedia di legno, gli occhi serrate e il solito bastone da passeggio stretto tra le gambe. Giovanni dovette sorridere leggermente, pensando che stesse dormendo prese ad allontanarsi. "Giovà" lo sentì chiamare, e tornò indietro per incrociare lo sguardo del padre.
L'uomo pareva aver guadagnato il doppio degli anni, negli ultimi mesi il lavoro al porto lo aveva provato particolarmente. Giovanni si beccò a sorridere teneramente di fronte ai suoi occhi carichi di stanchezza. Da qualche notte non riusciva a prendere sonno, diceva di girarsi e rigirarsi nella stuoia per ore ed ore. Sollevò il viso nella sua direzione, aspettando che questo parlasse.
"Elena è a casa di tua nonna" lo avvisò, e non dovette terminare la frase perché Giovanni capisse. Il ragazzo annuì, tornando verso il corridoio buio annunciò che sarebbe andato a riprenderla. Per poi riportarla a casa.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora