XVII

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Fu una vera e propria tragedia.
Quando i carabinieri si presentarono a casa Urru per comunicare la imminente convocazione, Maria Rosa si portò le mani sul viso. Giovanni osservò la donna che lo aveva messo al mondo scomporsi in lacrime salate, mentre il padre andò a stringere la sua mano. Una stretta forte e decisa, mentre l'altra posava sulla sua spalla destra. "Hai fatto la cosa giusta" suggerì l'uomo, per poi tornare con fare silenzioso alla sua poltrona. Giovanni osservò i carabinieri lasciare la stanza, tornare da dove erano venuti, mentre i singhiozzi della madre riempivano il silenzio. Elena stava al centro della stanza, ma appena gli sconosciuti lasciarono la casa, si attaccò alle gambe del fratello. Giovanni la osservò mordersi piano un dito, con fare preoccupato, si domandò come avrebbe potuto spiegarlo alla bambina. Si disse brevemente che, in quel preciso momento, non fosse suo compito farlo. Perciò la lasciò andare, la osservò trotterellare per il corridoio con i capelli scompigliati e gli occhi vispi.
Tornò poi a concentrarsi sulla donna, che dietro al tavolo quasi pareva volersi nascondere dal resto della famiglia. Il padre lasciò perdere, gli intimò di fare altrettanto, di lasciare che questa si calmasse da sola. Ma Giovanni detestava sé stesso per averle causato così tanto dolore, improvvisamente ruppe quella barriera che da anni separava le loro anime. Forse la guerra gli sarebbe servita almeno a quello, si disse, mentre si avvicinava sempre di più alla donna. Scossa dai singhiozzi Maria Rosa doveva aver capito tutto immediatamente, nonostante la sua poca istruzione era certo che le donne alla fontana avessero parlato tra di loro. Proprio di quella guerra che era già entrata dentro alle loro case, senza bussare alla porta. "Mamma" mormorò, posando una mano sulla sua spalla magra.
"Comente t'est bènnidu in conca?*" domandò improvvisamente la donna, asciugandosi una lacrima con il fazzoletto di cotone. Giovanni non ebbe il tempo di rispondere, perché questa si gettò tra le sue braccia, tremante e sfinita. "Tu non lu devias àere*" disse, e Giovanni sospirò, prima di lasciarla andare e guardarla negli occhi.
"Mamma" disse, cercando di strapparle una promessa, senza sapere se sarebbe poi stato in grado di mantenerla. "Tu devi stare tranquilla, perché io tornerò prima ancora che tu ti accorga della mia assenza" disse, quasi sussurrando. Maria Rosa lo lasciò immediatamente, si rintanò dentro alla stanza del bucato. Al freddo e al buio, la sentì singhiozzare ancora per un po', prima che si spegnesse completamente.
Adesso anche la cucina pareva immersa nell'oscurità, il padre era scomparso, così come la sorella minore. Giovanni si fece coraggio, quanto bastò per gridare "sono da Mario, non mi cercate" e abbandonare l'abitazione.
Indossò la giacca scura, sistemò il cappello sopra la testa e recuperò la bicicletta. Salendo su di essa gettò un veloce sguardo alla sua stessa abitazione, controllò di aver chiuso per bene la porta prima di allontanarsi.
La strada era silenziosa, così come il resto del quartiere. Si domandò se i militari avessero bussato alla porta di qualcun altro, magari un vicino, un conoscente. Pedalò veloce, sentendo l'aria fredda scontrarsi con la sua pelle calda. I capelli si scompigliarono per via dello stesso vento e della velocità, si alzò in piedi reggendosi sui pedali, percorrendo la discesa. Poteva vedere le luci del porto, della stazione, di Piazza Matteotti. Immaginò quante vite quella sera fossero state ribaltate dalla stessa notizia, quasi non riusciva a crederci. Che tra qualche giorno sarebbe partito per Sinnai, avrebbe iniziato un vero e proprio addestramento. Probabilmente avrebbe imbracciato le armi per la prima volta, avrebbe sentito l'odore della polvere da sparo, della fatica, del sudore degli altri compagni. Avrebbe ricevuto una divisa nuova di zecca.
Con questi pensieri giunse finalmente alla meta.

La casa della famiglia Melis era silenziosa, incastonata tra le altre in maniera quasi perfetta. Tutto pareva combaciare nel verso giusto, e dopo aver abbandonato la bici davanti ad essa, corse immediatamente a bussare alla porta. Doveva essere già stata chiusa per la notte, perché sentì una voce femminile rispondere dalla parte opposta. "Antonia, sono io" disse, non avrebbe avuto bisogno di specificare oltre. Passò qualche secondo prima che la donna aprisse la porta, Giovanni la osservò assottigliare lo sguardo prima di riconoscerlo. "Giovà, quasi non ti stavo riconoscendo" disse, spostandosi immediatamente per farò entrare. "Entra, dai" disse, e Giovanni fece come gli era stato detto. Il corridoio era buio e silenzioso, tanto che temette che il resto della famiglia si fosse già ritirata per la notte. "Disturbo?" domandò allora, sentendosi immediatamente in colpa. "Tu non disturbi mai" rispose seria la donna, e prima che potesse domandare altro continuò "se cerchi Mario lo trovi nella sua stanza, ha detto che si sarebbe cambiato per la notte" spiegò.
Giovanni annuì leggermente, togliendosi il capello dalla testa e ringraziando la donna. "Raimondo e Lorenzo?" domandò, quasi dimenticandosi degli altri membri della famiglia. Antonia entrò nuovamente in cucina a passo deciso, "oh lo sai dove sono, nel locale qua sotto" disse. Giovanni dovette sorridere leggermente, prima di rivolgere un leggero cenno di saluto alla donna e proseguire nel corridoio buio.
Avrebbe potuto riconoscere la casa anche se fosse stato cieco, si disse, mentre proseguiva fino all'ultima stanza. Quella di Mario era la più piccola della casa, anni prima era stata utilizzata come ripostiglio, fino a quando l'amico non aveva deciso di non voler stare più in quella del fratello maggiore. Mario e Lorenzo non erano mai stati troppo legati, anzi, spesso si ritrovavano a non parlarsi per giorni. Giovanni bussò leggermente alla porta, "Mario, sono io" disse nuovamente.
"Entra" rispose il minore dall'altra parte, Giovanni sospirò leggermente prima di aprire la porta che gli separava.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora