XV

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Mario non potè scrollarsi di dosso quella strana sensazione. Per giorni la trasportò ovunque, la indossava come una giacca di due o tre taglie più grande. Era certo che dall'esterno potessero notarlo, perché gli pareva che anche gli sguardi della gente fossero cambiati. Oppure era soltanto la sua stessa paranoia a deformare il mondo esterno, alterandolo così tanto da mandarlo fuori di sé. Mario avrebbe voluto parlarne con qualcuno, aveva provato a farlo con Giovanni, ma gli era parso non capace di comprenderlo fino in fondo. Aveva bisogno di scoprire se stesse diventando matto, perché era arrivato già alla terza notte insonne. Al lavoro si trascinava come un fantasma, svolgeva i suoi compiti in maniera del tutto meccanica. I colleghi sbuffavano nel vederlo, al suo passaggio gli riservavano delle occhiatacce cariche di risentimento. Mario sentiva di non poter più andare avanti in quel modo, perché si andava spegnendo come una candela.
Perciò quella sera, nonostante fosse tardi, al ritorno di Antonia decise di recuperare la giacca scura ed uscire di casa. Passò davanti alla donna ignorando completamente la sua presenza, le sue domande e i suoi occhi luci. La donna non provò a chiamare il suo nome, soltanto abbassò lo sguardo verso il pavimento. Mario avrebbe certamente voluto rivolgerle un altro sguardo ma, preso dall'orgoglio e dalla paura, andò per la sua strada.

Cagliari a quell'ora della sera pareva stranamente silenziosa. Gli unici rumori arrivavano dal quartiere Marina, appena sotto Castello. Da quella distanza Mario riusciva a scorgere le luci del porto, dei locali ancora aperti. Il fine settimana molti passeggiavano per via Roma, ammirando le vetrine dei negozi. Altri si recavano al cinema, visitavano il Bastione oppure piazza Yenne. Mario non aveva mai compreso il perché di tutta quella frenesia, spesso si era sentito spaesato. Il quartiere di Castello pareva quasi un mondo diverso, a parte. Un qualcosa di talmente lontano dal resto della città, da isolarne completamente chiunque lo abitasse.
Camminò stringendosi dentro la giacca scura, sollevando il colletto fino a coprire il collo. L'aria fredda solleticava la sua pelle, scompigliava i suoi capelli e gli provocava dei leggeri brividi lungo la schiena. Mario camminò sempre più veloce, fino a non rendersi quasi conto di aver iniziato a correre. Ma la sua era una corsa abbastanza scoordinata, teneva le mani dentro le tasche, si spingeva con le gambe sforzandosi di mantenere l'equilibrio sulla strada sterrata. Ben presto la via si riempì soltanto dei suoi passi e, quando si accorse di essersi già lasciato alle spalle la strada principale, rallentò. Respirava velocemente, il cuore pompava il sangue ad un ritmo svelto ma regolare. Sentì improvvisamente la fronte impregnarsi di sudore acre, si scordò almeno del freddo provato pochi istanti prima.
Non ci volle molto prima di raggiungere la casa di periferia che conosceva fin troppo bene. Il cancello che costituiva l'ingresso al giardino principale era già stato chiuso. Mario osservò con calma l'esterno della casa, pareva abbastanza in ordine. Notò come alcuni vasetti, contenti delle piante oramai secche, avessero cambiato collocazione. Si domandò se la madre avesse preso il suo posto anche nella cura del giardino, oppure se quello spettasse a Julia. Improvvisamente si ricordò della presenza della ragazza, che spesso preferiva passare la notte in casa di Costantino. Durante una delle loro tante giornate passate insieme, aveva raccontato di non amare particolarmente la sua abitazione. Mario aveva però sempre sospettato che quel malumore non fosse provocato soltanto dalla casa, ma piuttosto dai suoi abitanti. Aveva compreso che la ragazza, come tutti, nascondesse qualcosa. Doveva essere piuttosto profondo, da provocargli una tale insicurezza da farla risultare quasi fastidiosa. A Mario non piacevano le persone che parlavano troppo, spesso a vanvera. Che insistevano nel tirarlo fuori dal suo guscio sicuro con frasi fatte, talvolta pungenti. Tanto meno chi cercava di cavare fuori dalla sua bocca fatti personali.

Sospirando scosse la testa, e decise finalmente di aprire il cancelletto di legno scuro per entrare in giardino. Dopo averlo richiuso alle sue spalle, attraversò il ciottolato e il terreno incolto. Il portone era proprio come lo ricordava, alto e scuro, particolarmente bello e con rifiniture eleganti. Gli pareva fossero passati anni dall'ultima volta in cui si era ritrovato a casa di Costantino, e sperò che la sua visita gli potesse strappare almeno un sorriso. Si schiarì la gola secca prima di bussare, una volta, poi altre due per sicurezza.
Passò qualche secondo prima che sentisse i passi leggeri della ragazza farsi sempre più vicini. Entrambi avevano sempre saputo che Costantino non fosse solito ricevere visite. Talvolta si erano ritrovati a dover aprire soltanto al suo medico di fiducia, perciò pensò di dover tranquillizzare Julia. "Julia" la chiamò dall'esterno, sperando potesse sentirlo, "sono io, Mario".
Con uno scatto veloce della serratura, la porta si aprì rivelando la figura minuta della ragazza. Aveva tolto il fazzoletto scuro, i capelli ricadevano sulle sue spalle stretti dentro due trecce molli. Indossava una camicia da notte bianca, e un maglione di lana infeltrita e scura. Mario dovette sorridere leggermente nel vedere il volto sorpreso della ragazza. "Ciao" disse soltanto, sollevando una mano nella sua direzione.
Julia lasciò andare la porta, si strinse sulle spalle e lo invitò ad entrare. "Non stare fuori, fa freddo" disse, afferrando il braccio destro del ragazzo e tirandolo verso il corridoio buio.
Mario fu investito immediatamente dal profumo di antico, la casa pareva possedere tantissimi anni. Come i vestiti chiusi dentro un armadio per troppo tempo, riuscì a distinguere anche l'odore della polvere. "Che diavolo ci fai qui?" domandò la ragazza, facendogli strada verso la cucina. Sul tavolo era stato posato un porta candele abbastanza elegante, il lume su di esso era l'unica fonte di luce. Julia lo afferrò con un gesto veloce, prima di avvicinarlo al viso di Mario. Lo scrutò per qualche secondo, ma improvvisamente un sorriso si fece strada sulle sue labbra. "Allora sei tornato!" gridò quasi, e si gettò su di lui senza troppe cerimonie. La mano destra reggeva ancora il porta candele, e Mario dovette stringerlo di rimando per paura che questo potesse cadere rovinosamente sul pavimento. Non ricambiò la stretta, ma la ragazza parve non essersi accorta di niente, perché prese immediatamente a parlare. Le sue domande lo investirono in maniera quasi frustrante, e Mario fu costretto ad interromperla.
"Ho bisogno di parlare con Costantino" disse, "è una questione importante". Julia si fermò immediatamente, gli occhi carichi di stupore si possono sul viso di Mario. "E che questione?" domandò quasi stizzita per via della brusca interruzione. Mario sollevò soltanto le spalle, "potresti dire a lui che sono qua, per favore?" domandò, evitando volutamente le domanda.
Mario detestava comportarsi in quel modo, dover fare la parte dell'antipatico. Ma necessitava di vedere Costantino, il più presto possibile. Julia annuì soltanto, e Mario la osservò superarlo con freddezza e tornare verso il corridoio. Sospirò, seguendola a passi lenti e quasi incerti, finché non la vide entrare silenziosamente dentro la stanza da letto dell'anziano. Potè scorgere la fioca luce giallastra della candela, ma dentro la stanza regnavano già le tenebre. Ci volle qualche secondo prima che Julia tornasse indietro, con un cenno del capo lo invitò ad entrare. Mario annuì, ringraziandola posando una mano sulla sua spalla magra. Julia parve irrigidirsi e poi sciogliersi nuovamente al suo tocco, la vide però allontanarsi, scomparire nuovamente nel buio.
Sospirò brevemente prima di entrare, e chiudendo la porta alle sue spalle cercò di mettere a fuoco la stanza. Anche se avrebbe potuto ricordarla a memoria, ebbe improvvisamente paura di spezzare quel religioso silenzio. Sapeva quanto Costantino detestasse ogni forma di rumore, soprattutto se inutile. In questo erano abbastanza simili, aveva sempre pensato.

"Mario, sei tu?" lo sentì finalmente domandare, e potè giurare di aver scorto un sorriso nella sua voce. Mario annuì anche se l'anziano non poteva vederlo, e camminò lentamente verso il suo letto. "Si, Costantino sono io" annunciò brevemente, e quando fu abbastanza vicino al letto, si accorse che gli stava tendendo una mano. Avrebbe voluto avere una candela a disposizione, per vedere bene il volto dell'uomo. Per contare le rughe sul suo viso, così da poter notare il passaggio inesorabile del tempo sulla sua pelle. Oppure per scoprire il sorriso debole ma pur sempre sincero. "Come stai?" mormorò lui, "non ci vediamo da un po'" continuò. "Chiedo sempre a tua madre, è una brava donna, Antonia" disse, e Mario sentì di doverlo lasciare parlare.
"Lo è" concordò, perché certamente Antonia lo era, nonostante tutto. "Scusami, è già tardi, ti avrò disturbato" aggiunse poi, quasi farfugliando con le sue stesse parole. "Affatto" negò però Costantino, "aspettavo una tua visita" confessò poi. Mario si sentì immediatamente in colpa, avrebbe dovuto forse presentarsi prima. Abbassò quindi lo sguardo, mentre con un gesto quasi automatico andò a stringere la mano dell'anziano tra le sue. Era calda nonostante le temperature, la pelle ruvina e spiegazzata come un foglio. "Sto bene" disse, "e tu?".
Lo sentì ridacchiare, prima di rispondere "oh come sempre, si aspetta" disse. Mario aveva sempre avuto grande ammirazione nei confronti dell'uomo. Questo parlava della morte come un qualcosa che attendeva senza alcuna paura. Un giorno aveva detto non averla mai temuta, ma neanche attesa troppo. "Sai, Julia ogni tanto dorme qua, nella stanza degli ospiti" raccontò, "è tanto cara, ma sfortunata" disse poi. Mario annuì, stringendo ancora di più la mano dell'uomo tra le sue. "È una cosa bella, quella che fai" disse poi, sorridendo leggermente. "Lo avrei fatto per chiunque, ma per lei soprattutto" disse, ma Mario lo sentì immediatamente sospirare.
"Ti sento stanco, hai mangiato?" domandò poi, tornando a concentrarsi sul ragazzo. "Si, ho mangiato" mentì, non era riuscito a mandare giù nessun boccone. Sospirò lentamente, chiudendo gli occhi per riordinare i pensieri. "Costantino, sono venuto da te perché avevo necessità di parlarti" confessò, "è una cosa molto importante, che mi ha tolto il sonno".
L'anziano parve ascoltare le sue parole, prima di incitarlo a continuare. "Da un po' di tempo ho una strana sensazione, sai, è come se vivessi sempre sull'attenti" cercò di spiegare. "Ho l'impressione che qualcosa mi stia sfuggendo" disse, "a casa, fuori, dappertutto".

"È una forma di sapere" disse Costantino, "quella di avere una intuizione". "Si chiama così, quella sensazione che tu hai" spiegò, e Mario sentì di non aver compreso appieno. "È come se tutti mi nascondessero qualcosa" continuò, "penso di star diventando matto" disse poi quasi ridacchiando.
"Sai, intuire qualcosa significa saper leggere ciò che ci sta attorno, e ciò che ci accade" spiegò l'anziano, "tu sei una persona particolarmente sensibile, quasi più di tua madre". Mario annuì leggermente, sentendosi sollevato soltanto dalla sua voce, lasciò che continuasse. "Certamente qualcosa attorno a te sta accadendo" ponderò a voce alta, "è il tuo stesso essere a volerti dare una mano a capire, a vedere ciò che accade secondo quello che è".
"È facile a volte vedere le cose come quelle che vorremmo fossero, e non come in realtà si presentano" disse, "mi capisci, no?" domandò poi. Mario si ritrovò a scuotere leggermente il capo, "non lo so" confessò poi.
"Sono certo che questa informazione ti tornerà utile, prima o poi" continuò l'anziano. "Vedi Mario, spesso le persone mentono a fin di bene-" disse, ma venne bruscamente interrotto da Mario. "Ma la bugia resta" disse, quasi scottato dalla frase dell'uomo. Costantino ridacchiò, "certo, resta, sta a noi decidere cosa farne con quella".
Mario tornò silenzioso, improvvisamente si fece cupo. Si domandò se quella conversazione non avesse fatto altro che aumentare le sue preoccupazioni.
Come poteva una persona procurare dolore ad un'altra, con l'intento di farle del bene?

"Ricordati Mario" mormorò poi l'anziano, la voce sempre più stanca e flebile. "Ciò che la mano del destino scrive, resterà scritto" sentenziò, "i nostri tormenti non cancelleranno una sola riga".

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora