Il cielo era tornato ad essere nuovamente nuvoloso, ma le temperature non si erano per niente fatte più fresche. L'aria era quasi impossibile da respirare, tanto che Mario già dopo pochi passi si sentiva soffocare. Nell'aperta campagna, circondati dalle enormi distese di campi che parevano non avere una fine, l'aria fresca arrivava soltanto per pochi secondi. Da dietro le alte colline si potevano osservare i timidi raggi del sole che gridavano di voler spuntare, ma le nuvole dense e scure lo impedivano.
Mario aveva posato la palla che utilizzava per smuovere le pesanti zolle di terra proprio sul terreno duro, si era poi asciugato il sudore sulla fronte con il dorso della mano tremante. Aveva sospirato leggermente, chiudendo gli occhi nel notare quanto la testa gli dolesse sempre di più. Durante la notte raramente riusciva a prendere sonno, e nonostante quelle pochissime ore di tregua continuava ad alzarsi stanco. Le occhiaie violacee sotto gli occhi color miele si erano fatte addirittura più scure, tanto che anche Raimondo aveva domandato cosa diavolo avesse, una mattina.
Perché Mario non era solito distrarsi sul posto di lavoro, che fosse questo per conto di altri o meno. Non aveva mai avuto problemi a portare al termine tutti i suoi compiti, tanto che appena capì di star facendo effettivamente troppe mancanze non potè biasimare il padre.
La lattuga era già spuntata rigogliosa sul terreno dell'uomo che aveva commissionato loro il lavoro, di tanto in tanto Mario ne strappava una, soltanto per assaggiarne di nascosto le foglie. Raimondo lo aveva visto, ma probabilmente aveva deciso di non commentare, per non innescare discussioni che avrebbero certamente rallentato il loro lavoro.
Eppure, nonostante tutto, entrambi erano certi che di tanto in tanto gli sarebbe stato possibile riportare a casa una minima parte del raccolto. Mario conosceva l'uomo, sapeva che riforniva il suo stesso banchetto della domenica, situato nella periferia di Cagliari. Per il resto, essendo ormai in pensione da qualche anno e troppo anziano per svolgere altri lavori, il restante raccolto andava consumato in famiglia.
Tornò a concentrarsi sulla terra sotto ai suoi piedi, una volta strappate le verdure mature avrebbe dovuto ricoprire tutto. I movimenti erano diventati quasi meccanici, tanto che non si accorgeva spesso di aver già battuto quella parte di terreno. Quando ciò accadeva, scuoteva il capo in segno di resa e avanzava alla ricerca della prossima da raccogliere.
Raimondo doveva essersi fermato già da qualche secondo, Mario non riusciva a scorgere il suo cappello di paglia in lontananza, come qualche minuto prima.Raimondo aveva iniziato ad indossare quel cappello per ripararsi dal sole cocente. Adesso Mario era certo che lo portasse per abitudine, così come le sigarette che fumava ogni due ore. La pausa sigaretta era quasi obbligatoria per l'uomo, tanto che il ragazzo non si stupì quando sollevò lo sguardo e lo trovò proprio con la stecca stretta tra le labbra.
Raimondo era andato ad accomodarsi accanto al muretto in pietra che delimitava la proprietà, Mario poteva scorgere la sua figura minuta anche se a distanza.
Quando notò l'uomo richiamarlo accanto a sé, per qualche secondo dovette stare immobile ad osservarlo. Gli parve un qualcosa di fin troppo innaturale quella interazione, anche se minima.
Decise comunque di lasciar perdere il lavoro, probabilmente avrebbero potuto considerarla già terminata, visto che si trovavano fuori casa dalle prime ore del mattino. Riportò comunque l'attrezzo al suo posto, raggiungendo l'uomo a passi lenti e cadenzati.
Dovette dare via tutta la sua stanchezza, perché poté giurare di aver scorto per la prima volta un sentimento simile alla pietà, nello sguardo dell'uomo. Forse aveva compreso di aver esagerato, e Mario sperò per qualche secondo che veramente fosse così. Ma dovette durante poco, perché una volta raggiunto Raimondo tornò freddo come il suo solito. Non rivolse la parola al figlio minore, neanche il minimo degli sguardi. Sin da piccolo era certo di aver sempre compreso il dolore che Raimondo si portava dentro, in quel preciso istante pensò di aver completamente sbagliato strada.
Andò a sedersi silenziosamente, proprio accanto al padre, sollevando il corpo stanco con le braccia fino a raggiungere il muretto. Stando immerso nella nebbia fredda non aveva notato quanto in realtà fossero stesi i campi coltivati, si domandò quando ancora avessero da raccogliere. Era certo che prima di poter avere qualche giorno di riposo avrebbero dovuto completare il raccolto, così erano solitamente stipulati quei tipi di accordi.
Distolse immediatamente lo sguardo dall'orizzonte, quando udì Raimondo frugare violentemente dentro la tasca del pantalone scuro. Mario aggrottò la fronte, tornò a rivolgere lo sguardo attento sul viso contratto del padre. Raimondo pareva aver acquisito nel giro di poco tempo più anni di quanti in realtà ne avesse realmente. Mario era certo che fosse in parte colpa della partenza del fratello maggiore, il rapporto di Raimondo e Lorenzo era sempre stato diverso. Gli aveva osservati legare sempre di più, Mario non si era mai riuscito a spiegare il motivo. Il perché suo padre di tanto in tanto paese ripudiarlo, raramente gli rivolgeva la parola o anche il più veloce degli sguardi. Aveva sempre immaginato che fosse soltanto perché, in fondo, Raimondo e Lorenzo si somigliassero parecchio. Entrambi burberi, a momenti freddi e totalmente disconnessi dal resto della famiglia. Aveva osservato la sofferenza di Antonia farsi sempre più grande, per questo motivo. L'improvviso gesto di Raimondo lo fece riflettere, che avesse ripiegato sul figlio rimasto per paura di perdere Lorenzo?"Questi sono tuoi" disse l'uomo, porgendoli 100 lire. Mario osservò la mano del padre stringere le banconote, rimaste a mezz'aria al freddo. Tremava leggermente e quasi pareva volerlo obbligare ad accettare quella paga. Per Mario sarebbero stati abbastanza, ma si disse che avrebbe potuto farne a meno.
Era certo che i genitori avessero ben più gatte da pelare di quante potesse averne lui, perciò iniziò a scuotere la testa. "È parte della paga, non posso darti di più" lo sentì ammettere, sconfitto, un peso nella voce quasi impossibile da decifrare. "Non c'è bisogno" rispose Mario, spostando la mano dell'uomo con un gesto veloce ma allo stesso tempo carico di gratitudine.
Raimondo restò immobile, come scottato dall'improvviso contatto con il figlio. Mario volle tornare ad osservarlo in viso, sperando quasi di poter intercettare il suo sguardo. Aveva sempre sperato di poterlo capire, Raimondo, ma restava forse l'unica persona in grado di mantenere tutti i suoi segreti. Anche di fronte ad un ragazzo sensibile e attento come Mario, forse era una cosa voluta dall'uomo stesso. Era certo che il gesto di allungare quelle banconote al figlio gli pesasse particolarmente, che lo facesse sentire umiliato e quasi nullatenente.
Mario osservò i loro abiti sporchi, largi e usurati. Si domandò quanto ancora avrebbero potuto resistere al duro lavoro, alle intemperie, ai continui lavaggi a mano.
Raimondo non rispose, soltanto ritirò nuovamente le banconote dentro la tasca del pantalone, riprendendo a fumare silenziosamente.Mario sentì schiudersi le labbra secche e screpolate, come se avesse voluto dire qualcos'altro. Ma improvvisamente si rese conto di non avere altro da dire, di non aver mai avuto qualcosa di veramente importante da dire al padre. In realtà non si erano mai scambiati alcune parole di circostanza, tanto meno avevano intavolato discorsi seri, non ricordava di averlo mai sentito ridere. Si domandò se l'uomo avesse mai sorriso veramente, oppure se si fosse nascosto per paura di poter dare via troppa felicità. Raimondo certamente non sapeva come gestirla, doveva essere talmente abituato al dolore da andare in confusione al primo sintomo differente.
Perciò Mario potè soltanto serrare nuovamente le labbra in una espressione contrariata, arrabbiato stavolta con sé stesso. In qualche modo si disse che avrebbe avuto bisogno di più tempo, che forse non fosse ancora giunto il momento adatto. Eppure qualcosa pareva suggerire il contrario, ma decise di non darle troppo peso.
Sospirò soltanto, ascoltando il paradossale silenzio delle campagne aperte, interrotto soltanto dal respiro pesante di Raimondo. L'uomo aveva, da un po' di tempo, iniziato a tossicchiare in maniera quasi fastidiosa. Capitava di rado, ma Mario era forse stato il primo a notarlo, nonostante tutto. Si era domandato se non fosse legato al fumo della sigaretta, avrebbe voluto dire al padre di lasciar perdere.
Ma era certo che quel vizio di Raimondo, in qualche modo, servisse all'uomo soltanto per calmare i nervi perennemente tesi. Anche i muscoli del viso parevano rilassarsi leggermente quanto assaporava le Nazionali. Erano poi le stesse che, per pura coincidenza, fumava anche Giovanni.
Mario era certo che da bambino l'altro le avesse prima sottratte al padre, anche lui vecchio fumatore. Le aveva provate di nascosto una sera, quando scappato da casa aveva raggiunto il porto deserto. Mario non era stato presente quel preciso giorno, ma ricordava di averlo visto portare sempre le Nazionali in tasca proprio da allora.Scosse il capo quando parve rendersi conto che in un modo o nell'altro, che lo volesse o meno, tutto pareva riportare a Giovanni. Avrebbe voluto maledirsi per questo, e lo fece silenziosamente, augurandosi di pensare a qualsiasi altra cosa meno che all'altro. Sapeva già che sarebbe stata una guerra persa in partenza, una battaglia che non avrebbe potuto combattere.
Depositò quindi le armi un'altra volta.Perché gli pareva di continuare ad adorare un Dio che, per quanto doloroso fosse, non avrebbe mai ascoltato le sue suppliche?
![](https://img.wattpad.com/cover/315960843-288-k401065.jpg)
STAI LEGGENDO
Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022
Historical FictionNel 1915 anche la Sardegna viene sconvolta dall'avvento del primo conflitto mondiale. Sembrava tutto così lontano, e invece anche le vite tranquille di due giovani ragazzi, Mario e Giovanni, cambieranno da un momento all'altro. Il legame che unisce...