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Agosto 1914

La piazza gremita di persone vocianti si estendeva di fronte agli occhi scuri di Mario che, seduto sul muretto del porto accanto a Giovanni, osservava con attenzione l'andamento della protesta. Era cominciato tutto qualche mese prima, da quando la crisi aveva colpito i lavoratori delle campagne, lasciandogli senza raccolti e senza soldi per poter arrivare a fine mese. Avevano visto il cibo sul tavolo dimezzarsi, e la paura che quello potesse essere soltanto l'inizio non faceva che tormentare i loro pensieri la notte. Mario indossava la stessa giacca da due settimane, da quando avevano dovuto tagliare tutti i consumi per potersi permettere qualcosa in tavola, e nonostante tutto c'era ancora da stupirsi, di fronte a quella protesta organizzata in poco tempo. Da un piccolo gruppo i manifestanti erano diventati centinaia, e si erano riversati tutti sulla via centrale, dove le forze dell'ordine cercavano di controllare la situazione.

Giovanni era arrivato a casa sua di primo mattino, aveva bussato più volte alla porta, fino a quando Antonia non lo aveva fatto salire nella stanza di Mario. Il minore era ancora avvolto nel vecchio lenzuolo bianco, e quando si era svegliato di soprassalto per via del continuo trambusto, si era ritrovato l'amico davanti che con urgenza lo pregava di alzarsi, perché "c'è un casino giù al porto!", o almeno così aveva detto. Quelle poche parole erano bastate a Mario per alzarsi e vestirsi in fretta e furia, prima di correre fuori dalla casa e raggiungere la piazza, dove aveva finalmente visto quello che stava accadendo. Anche Serafino gli aveva raggiunti, ancora assonnato era uscito di casa appena erano andati a chiamarlo e adesso si era perso in mezzo ai manifestanti, ci sarebbero volute ore per trovarlo, aveva detto Giovanni. Così entrambi avevano deciso di sedersi lungo il muretto più alto, in modo da poter scorgere con più facilità la sua testa rasata tra le altre. Il maggiore aveva una mano sulla fronte per coprirsi gli occhi dal sole, osservava le donne e gli uomini muoversi, alcuni tenevano tra le mani bastoni fin troppo alti, altri gridavano e basta.

"Non riesco a vederlo" commentò poi, "ma in fondo non è una grossa perdita" disse, osservando il minore che ricambiò lo sguardo con un sopracciglio alzato. "Non potremo più vincere con lui a calcio, però" puntualizzò e Giovanni dovette sospirare rumorosamente, di fronte a quella che era, almeno secondo la sua modesta opinione, una verità sacra. Entrambi volevano bene a Serafino, nonostante fosse stato l'ultimo ad entrare a far parte della compagnia e avesse modi di fare e di pensare al quanto discutibili. A Mario scappò una leggera risata, ricordando l'ultima partita in piazza, quella di qualche settimana prima in cui come al solito avevano battuto Serafino fin troppe volte, prima di dichiarare chiuso il gioco. "Prima o poi si vendicherà" disse, "ci darà una sussa con i fiocchi" confessò a voce bassa, come se qualcuno potesse sentire i loro discorsi, e Giovanni si portò una sigaretta già pronta alla bocca. La scritta Nazionali campeggiava sul pacchetto chiaro, ne tirò fuori una per portarsela alle labbra, e senza accenderla la tenne così, come se quel gesto soltanto gli desse sicurezza. Mario lo vide sollevare un sopracciglio, il sole che gli illuminava parzialmente soltanto un lato del viso, "lo farà, ci toccherà tenerlo d'occhio" disse, e pensò che forse una sussa entrambi la meritavano.

Accanto a loro dei signori anziani sedevano sulle panchine di legno, commentavano da lontano ciò che stava accadendo di fronte a loro, uno di questi teneva tra le mani un bastone da passeggio e una pipa tra le labbra dalla quale fuoriusciva del fumo. "Hanno licenziato tutti" tuonò uno di loro, sollevando una mano al cielo, come se volesse inveire contro Dio stesso, "non ne hanno salvato nemmeno uno, questo è perché vogliono tenersi i nostri soldi" continuò. Mentre un altro già lo interrompeva per dire la sua, che venne immediatamente messa a tacere dal resto del gruppetto, che invece dava man forte al primo. Mario corrugò la fronte, prima di voltarsi verso Giovanni, "i figli lavorano nelle miniere" disse, come se conoscesse ogni singola persona presente alla manifestazione, "a Iglesias sono stati licenziati" spiegò, "l'ho sentito da mio padre". Mario annuì piano, il padre di Giovanni aveva da sempre lavorato nel settore minerario, si recava spesso con la sua vecchia auto al lavoro, e per via della strada che separava Iglesias da Cagliari, spesso si fermava a dormire nelle case adibite a dormitorio, per rincasare soltanto il fine settimana. "E lui?" domandò Mario, improvvisamente colpito dall'ammissione del maggiore, che però scosse la testa "lui no, per adesso lo tengono" raccontò, "la settimana scorsa ha detto che non sa fino a quanto tempo, però".

Mario sollevò nuovamente lo sguardo verso la piazza, adesso si erano spinti più avanti, continuavano a gridare ed a sventolare i cartelli, e immaginò che fossero stati scritti soltanto da chi lo sapeva fare. La maggioranza delle persone erano anziani, persone di una certa età che contavano di arrivare alla pensione continuando a fare il lavoro che avevano ormai scelto quando erano ragazzini, per molti di loro forse non era stata una scelta dettata dalla passione. Mario immaginò le vite delle famiglie come la sua, costrette a dimezzare il cibo che potevano permettersi a tavola ogni giorno, e senza protestare più di tanto cercare di continuare a condurre una vita normale. Erano ormai mesi che Antonia aveva deciso di andare a lavorare da Costantino al suo posto, e altrettanti mesi che lui in prima persona lavorava al fianco del padre e del fratello maggiore. Le discussioni non mancavano, certo, ma non avrebbe potuto cambiare in nessun modo il corso degli eventi, se si fosse lamentato avrebbe soltanto reso la sua esistenza più turbolenta di quanto già lo fosse, e sentiva di non averne troppa voglia.

Giovanni accanto a lui continuava a fumare tranquillo, Mario lo osservò in silenzio per qualche secondo di troppo, prima di tirarlo per un braccio e costringerlo a scendere insieme a lui dal muretto. "Che succede?" domandò, e Mario sollevò un sopracciglio scuro prima di sorridere leggermente, "o andiamo a vedere da vicino o andiamo via" disse, e Giovanni annuì velocemente, prima di afferrare questa volta il braccio sottile del minore e iniziare a correre. Mario lasciò che il maggiore lo tenesse per un braccio, e correndo raggiunsero in fretta la piazza, dove centinaia di persone ancora stavano ferme e gridavano a gran voce frasi che nessuno dei due inizialmente riuscì a comprendere. Mario poteva sentire il battito veloce del suo cuore rimbombare dentro alla sua stessa testa, mentre le loro gambe si muovevano ancora veloci tra la folla, i sandali che indossava battevano duri sull'asfalto bollente per via del caldo, e i capelli di Giovanni di fronte a lui si scompigliavano a ciuffi in tutte le direzioni. "Fermati" disse, "aspettiamo che vadano via" continuò, e Giovanni si voltò per incrociare il suo sguardo e lasciò andare il braccio che teneva stretto.

Mario si sollevò sulle punte dei piedi, le mani si tenevano strette sulle spalle del maggiore, e per qualche secondo desiderò di essere più alto, per poter vedere quello che stava succedendo davanti a loro. Scosse la testa, "fammi salire" disse, "fammi salire sulle tue spalle" continuò, e allora Giovanni non se lo fece ripetere due volte, si abbassò per permettere al minore di sedersi sulle sue spalle, e dopo aver stretto le gambe si sollevò veloce. Da quell'altezza Mario riusciva finalmente a vedere tutto, di fronte alle vetrine dei negozi le persone picchiavano con il pugno, altri tenevano in mano dei sassi pesanti, non sapeva se avessero davvero intenzione di lanciarli o se fosse soltanto un gesto intimidatore. "Hanno dei sassi in mano" disse, abbassando per qualche secondo lo sguardo sulla testa del maggiore, Giovanni sollevò immediatamente lo sguardo, per quanto quella posizione glielo permettesse, "dei sassi?" domandò. Mario annuì, "picchiano sulle vetrine dei negozi, forse ne lanceranno qualcuno" disse, e sentì il maggiore ridacchiare, "che casino, ci sarà da divertirsi" disse, ragionando a voce alta. Mario scosse la testa, "ti peso?" domandò, ma Giovanni rispose che avrebbe potuto resistere ancora per qualche minuto, prima di aggiustarsi le gambe del minore sulle spalle. "Se lanciano i sassi ci conviene andare via" suggerì il minore, "è pieno di carabinieri" continuò, Giovanni da sotto invece voleva sapere se effettivamente le vetrate erano state rotte, "non ancora" suggerì quindi Mario.

Una volta tornato a terra, Mario convinse il maggiore ad allontanarsi da quello che stava per degenerare in uno scontro tra carabinieri armati e manifestanti; quindi, entrambi imboccarono la strada che portava alla cattedrale. "Chissà che fine avrà fatto Serafino" domandò il maggiore, pensando a voce alta, Mario scosse la testa sorridendo, "si sarà fatto prendere dai carabinieri" ironizzò, e Giovanni scoppiò a ridere, immaginando la scena dell'altro, interrogato dalle forze dell'ordine con l'unica colpa di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Passando nei vicoli stretti, appena fuori dalla rivendita di tabacchi e giornali, una pagina bianca campeggiava in bella vista quasi sulla strada, il titolo in grassetto attirò l'attenzione del minore. PORTO TORRES: SPARI SULLA FOLLA, MORTE PER UN TREDICENNE, scrivevano, e Mario dovette fermarsi per qualche secondo, le lettere gli apparivano buttate alla rinfusa sul foglio bianco. Mario non aveva mai imparato a leggere particolarmente bene, incontrava difficoltà nonostante gli anni passati, e non fu in grado di soffermarsi troppo, perché Giovanni aveva preso a chiamarlo nuovamente, per poi trascinarlo via.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora