Cagliari, 1910
Il vento leggero e fresco in arrivo dalle montagne solleticava le ciglia lunghe e scure di Mario, steso sul campo dall'erba alta aveva deciso di chiudere gli occhi e respirare l'aria della sera che si avvicinava. Finalmente, dopo tante ore di caldo, le temperature si erano leggermente abbassate, e quella sera la famiglia era riunita nelle campagne del nonno dove la lavorazione del vino andava a gonfie vele già da giorni. Il raccolto era andato bene, tutta la famiglia da giorni aveva deciso di aiutare l'anziano e di recarsi quindi ogni mattina alle campagne situate nella periferia della città, e nonostante il caldo torrido avevano concluso la lavorazione nei tempi prestabiliti. Mario poteva sentire il sudore scendere dalla sua fronte a piccole gocce, che andavano ad infrangersi contro le sopracciglia fini, mentre dal cielo poteva sentire i versi degli uccelli che volavano in alto da qualche ora. Il nonno aveva sistemato quello che si sarebbe potuto definire uno spaventa passeri, ma che in realtà era soltanto un vecchio sacco juta costellato da buste di plastica, legate anch'esse attorno al bastone di ferro che aveva posizionato proprio accanto al suo terreno.
Mario sentì dei passi veloci farsi sempre più vicini, e quando aprì gli occhi si ritrovò davanti la figura di Giovanni, piegato su sé stesso e con le mani sopra le ginocchia respirava a fatica, come se fosse affaticato dalla corsa frenetica. Mario sollevò un sopracciglio, osservando come i ciuffi di capelli fin troppo lunghi ricadevano bagnati di sudore sulla fronte del maggiore, le spalle magre si muovevano scosse dal respiro irregolare, fasciate da una camicia che adesso presentava qualche macchia di troppo. "Ti cercavo" disse il maggiore, rimettendo nuovamente la schiena dritta e portandosi una mano ad asciugarsi il sudore. Mario dovette portarsi una mano sopra gli occhi, per impedire alla luce di dargli fastidio, e continuò ad osservare il maggiore "io ero qua tutto il tempo" spiegò, e fece cenno all'altro di sedersi accanto a lui. Giovanni sollevò le spalle velocemente, come per dire che non ci aveva pensato, e si abbassò piano lasciandosi andare a sedere sulla terra asciutta, schiacciando sotto al suo peso l'erba ormai secca.
Mario si voltò ad osservarlo per qualche secondo, e un sorriso si fece strada sulle sue labbra quando vide che il maggiore si stava perdendo ad osservare il cielo, ormai roseo per via del tramonto che si faceva sempre più vicino. "Guarda!" esclamò poi, e Mario dovette seguire la direzione indicatagli, con lo sguardo fisso sul cielo entrambi videro una nuvola, quella più grande rispetto alle altre, che pareva aprirsi lentamente per fare spazio al sole che calava. Mario sollevò un sopracciglio, "è stranissimo" disse, "secondo te come ci arrivano lassù?" domandò al maggiore. Questa volta fu Giovanni ad osservarlo, "chi? Gli aeroplani?" domandò, e Mario annuì leggermente, "si, gli uomini che guidano gli aeroplani" disse, e il maggiore non riuscì a trattenere una risata. "Guidano?" domandò, "mica è un carro!" esclamò, e si portò una mano sulla pancia, premendo con forza, come se volesse fermare la risata che invece scoppiò dentro di essa e sul suo viso. Mario sollevò gli occhi al cielo con fare infastidito, "come ti pare, allora com'è che si dice?" domandò, e Giovanni scosse la testa "pilota!" esclamò, come se fosse la cosa più ovvia dell'Universo, e Mario si portò una mano sulla fronte, domandandosi come avesse potuto dimenticare quel termine.
"Non lo so" rispose il maggiore, una volta che la risata abbandonò il suo corpo, sospirò poi rumorosamente, "secondo te ci sono altri esseri umani, là fuori?" domandò poi, sentendo che il discorso si stava facendo più serio. Mario aspettò qualche secondo per rispondere, come se stesse veramente ponderando la frase, "forse" disse, "magari anche loro sono stesi sull'erba a parlare" disse. E Giovanni dovette sorridere, di fronte all'ingenuità di quella risposta, e gli sembrò per qualche secondo di essere tornato bambino, di non avere altri pensieri per la testa se non quello di uscire a giocare per strada fino a tarda sera. "Può darsi" disse, "secondo me esistono due ragazzi uguali a noi" disse, e Mario sollevò il viso per qualche secondo, prima di tirarsi su puntellando i gomiti sul terreno asciutto, "ti immagini?" domandò, e Giovanni annuì, il sorriso che si faceva sempre più grande ad illuminargli il volto. "Uguali a noi" continuò, "stesso viso, stessi vestiti, e stessa vita" disse, "magari anche stesso lavoro" pensò a voce alta, e Mario scosse la testa, sorridendo in maniera sarcastica "speravo fossero ricchi, almeno loro" disse, e Giovanni ridacchiò, prima di tirarsi su nuovamente, imitando la posizione del minore. "Ma noi siamo ricchi!" esclamò, e sollevò entrambe le sopracciglia, come se stesse aspettando la risposta del minore, come se gli stesse chiedendo di trovare una frase che fosse all'altezza di quel pensiero filosofico. Mario lo osservò per qualche secondo, e Giovanni riuscì a vedere il suo labbro inferiore che tremava leggermente, nonostante fosse stretto dai denti dell'altro, e capì che stava trattenendo una risata. Perciò si mosse velocemente e con una leggera spinta lo fece ricadere all'indietro sull'erba, ma non riuscì a fermare le sue risa, tanto che l'altro si portò entrambe le mani sul ventre.
"Ti faccio ridere?" domandò il maggiore, e nel vedere che l'altro non aveva intenzione di smettere, aspettò che fosse lui a calmarsi. Mario lo osservò per qualche secondo nuovamente, prima di sospirare, le lacrime che scendevano dai suoi occhi formavano delle righe sul viso segnato dal lavoro della giornata, sporco e con qualche taglietto di troppo. Giovanni ne osservò uno in particolare, domandandosi se se lo avesse procurato quella mattina, magari mentre si faceva la barba, oppure giorni prima, mentre raccoglievano l'uva. Scosse la testa, "sei proprio uno stronzo" disse sussurrando, quasi avesse paura che l'altro potesse veramente sentire le sue parole e prenderla troppo sul personale. Giovanni conosceva Mario da quando ne aveva memoria, non c'era ricordo dentro la sua testa in cui l'altro non fosse presente, e sapeva che non avrebbe dato troppo peso alle sue parole, ma il pensiero fu confermato quando il minore gli pizzicò un fianco con le dita fini. Giovanni si mosse con uno scatto, come se fosse stato punto da un insetto fastidioso, prima di spingerlo nuovamente con una mano sulla spalla sottile di Mario, che ormai aveva smesso di ridere, e osservava i movimenti del maggiore con attenzione. "Dai, smettila!" disse, ma Giovanni era intenzionato a prendersi la sua rivincita.
"Così impari" disse "a non ridere di me!" continuò, e così dicendo si buttò addosso al minore, cercando di afferrare le sue mani, che invece andarono a colpirgli ripetutamente la schiena. Mario ricominciò a ridere, il suono che sovrastava quello dell'erba mossa dal vento, dei loro corpi sul terreno e i versi degli uccelli che volavano alti. Entrambi si accorsero soltanto dopo qualche minuto che il sole era tramontato, e adesso il paesaggio era quasi immerso nel buio, sarebbero dovuti tornare indietro, per non rischiare di restare da soli nelle campagne a quell'ora. Giovanni lasciò andare l'altro e si tirò a sedere nuovamente, prima di guardarlo un'ultima volta in viso, "allora" disse, "hai finito?" domandò. Mario annuì velocemente, "si, ma ci conviene andare" disse, e Giovanni annuì di rimando, per poi tirarsi su completamente e allungare una mano al minore, che stringendola forte tornò in piedi. Nonostante la poca luce, Mario poteva ancora vedere il resto della famiglia, seduti sulle sedie di plastica bianche appena fuori dalla vecchia casa di campagna del nonno, e poteva benissimo immaginare di che natura fosse il discorso che portavano avanti ormai da ore. Giovanni sollevò un sopracciglio, e mentre camminavano fianco a fianco, stando attenti a dove mettevano i piedi, domandò "secondo te a che punto sono?". Mario sollevò nuovamente lo sguardo verso il resto della famiglia, le donne dovevano essere tornate dentro casa per rimettere a posto, mentre gli uomini rimasti in giardino parlavano a voce alta. Sollevò le spalle, "politica, come al solito" disse, e il maggiore ridacchiò.
Mario dovette sorridere leggermente, e una volta usciti completamente dall'erba alta, dovettero raggiungere gli altri, recuperare due sedie di plastica e unirsi a loro. Come al solito, Mario ascoltava in silenzio, mentre Giovanni di tanto in tanto interveniva, esprimendo la sua opinione in maniera serena, soltanto per far arrabbiare gli anziani, che finivano per stancarsi e lasciarlo perdere dopo qualche minuto. Mario dovette trattenere nuovamente il sorriso che si faceva strada sul suo volto ogni qual volta che il maggiore parlava, tornando ad osservare il paesaggio che ormai era immerso nel buio.
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Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022
Historische RomaneNel 1915 anche la Sardegna viene sconvolta dall'avvento del primo conflitto mondiale. Sembrava tutto così lontano, e invece anche le vite tranquille di due giovani ragazzi, Mario e Giovanni, cambieranno da un momento all'altro. Il legame che unisce...