IV

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Mario non ricordava di essersi addormentato sul letto dell'altro. Ricordava il viaggio di ritorno, dopo la storia raccontata da Giovanni, avevano finito per rimescolare i ricordi insieme, come spesso capitava. Si era accorto che più diventava grande più aveva bisogno di cercare i ricordi, che questi fossero di un passato lontano piuttosto che uno più vicino, non aveva importanza. Il ricordo era qualcosa che Mario, ancora, non riusciva a spiegare. Non si era mai soffermato troppo su quel preciso pensiero, aveva sempre sentito con particolare forza tutte quelle immagini che gli tornavano alla mente. Accadeva spesso, che entrambi si trovassero persi dentro quel limbo tra passato e presente, ma stranamente non aveva mai sentito la voglia di scappare. Come per altre cose, spesso si sentiva prudere le mani quando qualcosa gli stava stretta, quando aveva bisogno di fuggire lontano perché la realtà pareva schiacciarlo, allora era sempre tornato da Giovanni.

Accanto a lui quest'ultimo dormiva ancora, respirava piano in un movimento quasi impercettibile che scuoteva le sue ampie spalle coperte solo dalla maglia di cotone che fino a qualche tempo fa era stata di un bianco candido; mentre adesso presentava qualche macchia di troppo, e i troppi lavaggi a mano avevano fatto cedere il tessuto generando così dei piccoli fori. I capelli scuri incontravano il bianco del cuscino, generando un contrasto forte ed evidente, Mario seguì piano con lo sguardo i ciuffi che sembravano non stare dietro al movimento del resto del corpo. Non sapeva a che ora esattamente entrambi si fossero addormentati, ma ricordava vagamente di aver portato avanti quella chiacchierata per qualche minuto di troppo. Era sempre stato così con Giovanni: Mario che si apriva senza mezze misure e lui che accoglieva tutti i suoi dubbi per tentare di portare chiarezza con il suo stare, in maniera leggermente fastidiosa, fin troppo con i piedi per terra. Sollevò lo sguardo verso il soffitto, osservò una crepa abbastanza evidente che si estendeva da uno degli angoli fino a quasi la metà dell'intera superficie chiara. La ricordava bene, quella linea, aveva passato talmente tante serate e pomeriggi dentro quella stanza da trovarla sempre in un angolo della sua mente. La stanza del maggiore non era cambiata troppo nel corso degli anni, era sempre stata spoglia, gli unici componenti d'arredo al di fuori del suo amato materasso fin troppo piccolo erano una sedia e un comodino in legno abbastanza vecchio.

Grazie al sole che entrava dalla finestra lasciata negligentemente spalancata durante la notte, poteva osservare come i suoi raggi illuminassero la superficie impolverata dal legno liscio e ancora intatto, nonostante gli anni. Antonia diceva sempre che le cose fatte bene, avevano la capacità di resistere al tempo, e Mario si accorse che la donna parlava poco, soltanto quando aveva qualcosa di intelligente da dire.

I granelli di polvere si sollevavano in maniera impercettibile dalla superficie liscia, volteggiavano nell'aria e nella luce del sole, quasi volessero rincorrersi nel danzare seguendo una musica che soltanto loro potevano sentire. Successivamente tornavano a posarsi sul comodino, oppure cadevano sul pavimento grezzo e scuro, mischiandosi alla polvere depositata sotto al letto. Si tastò per qualche secondo i pantaloni che ancora indossava con la mano destra, e pensò brevemente che forse avrebbe fatto meglio a toglierli prima di andare a letto, gli teneva addosso da circa tre giorni e poteva benissimo sentire sotto le dita la polvere che si era insinuata dentro al tessuto. Si voltò piano verso il corpo che pareva ancora addormentato dell'amico quando sentì un leggero sfregare sulle lenzuola, si era voltato nel sonno ed ora il suo viso era rivolto verso il soffitto alto. Le palpebre si muovevano leggermente, scuotendo le ciglia lunghe e scure, Mario pensò che stesse sognando qualcosa, e si trovò a domandarsi quali fossero le immagini che albergavano dentro la testa del maggiore, se fosse lui il protagonista oppure un'altra persona. In pochi minuti, come se avesse potuto sentire i suoi pensieri, Giovanni aprì gli occhi scuri piano e si portò subito una mano sulla fronte. Giovanni si svegliava lentamente, aveva sempre l'abitudine di chiudere nuovamente gli occhi una volta aperti durante le prime ore del mattino, ancora carichi di stanchezza. Fece così anche quella mattina, prima di sospirare leggermente, Mario aspettò che si riprendesse del tutto prima di vederlo voltarsi nella sua direzione. Inizialmente sembrò che l'altro si fosse quasi dimenticato della sua presenza, perché lo osservò per qualche secondo, prima di parlare "hai dormito?" domandò, senza salutarlo. Le loro conversazioni erano tutte così, si ripartiva come se nessuno dei due avesse mai messo del tutto un punto.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora