Mario osservò ancora una volta il suo riflesso sullo specchio, alcune macchine che si erano formate per colpa del tempo e dell'incuria, adesso campeggiavano scure e impossibili da togliere. Alcune di queste parevano addirittura essersi formate per via della ruggine, che dai lati dello specchio affisso senza cornice si era propagata fino ai bordi dello stesso, lasciando una patina scura e fastidiosa. Gli occhi chiari di Mario guizzavano da queste macchie al riflesso dei suoi lineamenti armoniosi, dalla leggera barba che costellava come sempre le sue guance arrossate per via dell'eccessivo caldo di quella mattina, alla fronte sudata. Aveva forse passato fin troppo tempo ad immaginare quel giorno, nonostante non volesse, non era mai riuscito a vincere più di tanto contro alle sue paure. E nemmeno in quel preciso momento, si sentiva abbastanza forte da volerci provare, aveva abbandonato ogni barriera che per difendersi il suo cuore aveva tentato di innalzare. Non si sarebbe lasciato sopraffare dal dolore, non ancora almeno, si sarebbe dovuto presentare almeno al porto per assistere alla partenza e soprattutto per salutare Giovanni. Era stato proprio il maggiore a domandare di essere accompagnato, o almeno che Mario lo aspettasse, perciò non aveva avuto coraggio di dire di no, ancora una volta si era lasciato trascinare. Mario poteva sentire una leggera fitta allo stomaco quando si rendeva conto che probabilmente, non sarebbe andato al porto se non fosse stato proprio Giovanni a domandarlo. Non avrebbe trovato il coraggio, come gli era successo sempre, di prendere quella precisa decisione, sarebbe rimasto in bilico tra quello che era giusto fare e quello che invece avrebbe voluto.
La vita intanto scorreva lenta, mentre le ore parevano essersi dilatate, e forse era soltanto una sua impressione, ma immaginò che anche il resto del mondo potesse provare la stessa sensazione. Quella di avere tempo, e perciò lasciò che questa convinzione si prendesse ancora gioco della sua mente, mentre in realtà il tempo scorreva fin troppo veloce, e non avrebbero avuto modo di attraversarlo in maniera diversa da quella di sempre. Dalla cucina poteva sentire i leggeri rumori prodotti dai passi svelti di Antonia, che come ogni mattina, si affrettava a preparare i panni da lavare per recarsi alla fontana. Raimondo e Lorenzo avevano abbandonato l'abitazione dalle prime ore del mattino nel loro solito silenzio, probabilmente si erano recati al porto prima di tutti gli altri, per ritagliarsi un minuto per sé stessi. Mario avrebbe voluto che la cosa non gli pesasse, come in realtà faceva, pareva quasi che al solo pensiero il suo petto si lacerasse in mille pezzi, quelli che aveva tentato di ricucire ogni qual volta che questo veniva frantumato. Si disse velocemente, che probabilmente lui non sarebbe mai stato destinato ad avere l'anima intera, avrebbe dovuto abituarsi a lasciarne in giro i cocci, prima o poi.
Aveva passato fin troppo tempo davanti a quello specchio rovinato, si disse, mentre si passava distrattamente una mano tra i ciuffi chiari ancora bagnati. Si voltò di scatto verso la porta chiusa a chiave, e prima di raggiungerla respirò profondamente, come se fosse appena riemerso dall'acqua fredda dopo aver trattenuto il respiro per troppo tempo. Il corridoio che percorse a passi lenti e decisi gli sembrò per qualche secondo più stretto del solito, e vedere la luce arrivare dalla piccola finestra della cucina gli diede sollievo, il respirò tornò regolare soltanto quando incrociò lo sguardo di Antonia. La donna non salutò, si portò uno straccio che teneva dentro alla tasca del grembiule di stoffa scura ad asciugare le goccioline di sudore che dalla sua fronte minacciavano di cadere sul naso leggermente arrossato. Mario continuò ad osservarla, forse per qualche minuto di troppo, perché Antonia sollevò un sopracciglio scuro, disordinato e poco curato, prima di rivolgerli la parola. "Esci?" domandò soltanto, come se non sapesse veramente dove dovesse recarsi il figlio minore, come se durante le prime ore del giorno non avesse versato alcuna lacrima. Mario lasciò perdere il nodo che andava formandosi velocemente dentro alla sua gola secca, e sollevò leggermente il capo prima di voltarsi nuovamente verso la finestra che dava sulla via principale, prima di rispondere "esco". Antonia tornò così al suo lavoro, e senza dire altro lasciò che il ragazzo uscisse dal portone di legno, lasciando che il pesante gancio di ferro cadesse sul pavimento freddo.
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Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022
Historical FictionNel 1915 anche la Sardegna viene sconvolta dall'avvento del primo conflitto mondiale. Sembrava tutto così lontano, e invece anche le vite tranquille di due giovani ragazzi, Mario e Giovanni, cambieranno da un momento all'altro. Il legame che unisce...