XXIV

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Mario era rimasto fermo ad osservare il soffitto per ore. Non ricordava l'ultima volta in cui si era fermato ad osservarlo per così tanto tempo, forse da quando era diventato troppo grande per riuscire a dormire nonostante le urla e gli schiamazzi provenienti dalla cucina. Eppure nonostante tutti i pesi che aveva portato per anni nel petto, questo pareva di gran lunga quello più antipatico, quello che avrebbe faticato a togliere. Si disse che avrebbe voluto perdonare il maggiore anche quella volta, nonostante le bugie, il tradimento che aveva sentito e la paura che aveva innescato dentro alla sua testa. Ma Giovanni era da sempre stato lo stesso, viveva senza paura, senza porsi troppe domande e soprattutto senza freni. Mario non avrebbe voluto cambiarlo nonostante tutto, non lo avrebbe voluto in maniera diversa da quello che era, aveva imparato ad accettare i difetti che compensava con i pregi.

Insieme erano un equilibrio perfetto da sempre. Se Giovanni non avesse avuto Mario, probabilmente a detta sua, avrebbe perso anche la testa, nonostante l'avesse attaccata al collo. Mario era arrivato nella sua vita per portare la calma e l'ordine che da solo non riusciva a raggiungere, per farlo camminare con i piedi per terra quando la fantasia prendeva il sopravvento. Eppure la dimostrazione del fatto che Mario non avrebbe potuto fermare comunque il corso degli eventi era arrivata come un fulmine a ciel sereno. Nonostante gli sforzi, era da sempre stato il tempo il loro nemico. Mario si era reso conto del suo passaggio soltanto qualche ora prima di arrivare nella sua stanza.
Come se per anni avesse vissuto senza badare più di tanto al suo passaggio, in quel preciso istante ne era stato investito in pieno. E aveva domandato a sé stesso fin troppe volte, in quei minuti trascorsi sul letto e dentro alla sua stanza spoglia, se lui avesse davvero il diritto di soffrire in quel modo.

E come se anche il resto del mondo avesse compreso il suo dolore, la pioggia arrivò a bagnare le strade e gli edifici. Mario osservò le gocce di entrare dalla finestra aperta, prima di sospirare e alzarsi per chiuderla, evitando così di bagnare il pavimento pulito. Fermo ad osservare il paesaggio grigio attraverso il vetro spesso e sporco di polvere, notò come le gocce si spezzavano una volta arrivate a contatto con la superfice dura. E nel silenzio generale, riuscì a sentire i battiti del suo cuore rimbombare dentro al suo petto, in un ritmo lento e quasi fastidioso. Perciò dovette scuotere velocemente la testa, per distogliere l'attenzione da quel battito solitario, e tornare nel letto caldo. Le lenzuola erano state buttate a terra come al solito, e l'unica coperta che poteva permettersi di mettere sopra al letto in quelle notti in cui le temperature calavano fin troppo per l'estate non ancora giunta al termine, sgualcita se ne stava anch'essa per terra. Si piegò per raccogliere il tutto e riportarlo sul letto, ma dopo qualche secondo la sua attenzione fu attirata dai passi leggeri che non ricordava di conoscere, che si fermarono proprio dietro la porta chiusa. Mario corrugò la fronte e sollevò un sopracciglio scuro, "mamma?" domandò, ma la porta si aprì piano, leggera e quasi in maniera impercettibile, rivelando la ragazza che da Antonia era tanto lontana.

Julia lo osservò forse per qualche secondo di troppo, in silenzio, gli occhi scrutarono i suoi in quella che era una silenziosa richiesta, "posso entrare?" pareva voler domandare, e Mario annuì osservandola poi varcare la soglia della porta di legno per poi richiuderla alle sue spalle. Il ragazzo si domandò come mai Julia si fosse presentata alla sua porta, la ragazza non era mai stata ospite a casa sua, e il fatto che l'avesse trovata era oggetto di numerose domande da parte della mente di Mario, che per qualche secondo parve offuscarsi. "Come stai?" domandò poi la ragazza, rompendo ancora una volta il silenzio, e Mario sollevò veloce lo sguardo sul suo viso pallido. La carnagione era resa ancora più chiara dagli abiti ampi e scuri, nonostante la giovane età Julia pareva portare un lutto addosso come tutte le altre donne più grandi, e Mario non riusciva a comprendere se quel comportamento fosse davvero scaturito da una grave e prematura perdita o se fosse soltanto il misero tentativo di farsi spazio in una società che non pareva volerla accogliere mai del tutto. Il ragazzo sollevò le spalle, deciso a non starsene in silenzio, "bene" disse, "tu?" domandò poi, e la vide sorridere leggermente, domandandosi subito dopo se la ragazza non si accorgesse che quella domanda era dettata soltanto dal senso di educazione, non dal vero interesse. "Bene" rispose lei, pacata come sempre, e Mario la vide tentare di entrare in punta di piedi nella sua mente, come se volesse prima di tutto tastarne il terreno.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora