Chapter 14

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Vicino alla stazione di Tambaguchi, Kyoto. Appartamento di Sungchan.

Quella sera Sungchan non andò al KR Cube, nonostante lui e gli altri dovessero parlare di cose importanti, su come affrontare nuovamente Haru.

Il cielo era ricoperto da nubi, nessuna traccia della luna. La pioggia continuava a scendere incessantemente ormai da tre giorni, nonostante stesse iniziando a fare più caldo.

Non riusciva a dormire, non sapeva esattamente perchè. Così rimase sdraiato sul letto, coperto unicamente da un lenzuolo, mentre una sigaretta tra le sue labbra continuava ad emettere fumo denso. 

Le sue mani erano entrambe dietro la testa, ferme immobili, fino a quando non sentì il campanello di casa suonare. Scattò seduto, pensando di esserselo immaginato, quando non era affatto così.

Lo sentì ancora, così decise di alzarsi in piedi e guardare che ore fossero. L'orologio posto alla parete, illuminato parzialmente dalle insegne dei locali circostanti, segnava le 03:27 di notte.

Ma chi poteva essere a quell'ora? 

Iniziò a camminare, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta e in poco tempo raggiunse la porta d'ingresso. Per un attimo pensò fosse uno dei ragazzi, molto probabilmente Yuta. Forse era venuto fin lì solo per rimproverarlo, per non essersi recato al KR Cube, quando non era affatto così. Yuta era già a casa, perso nei suoi sogni.

<< Chi è? >> chiese con la sigaretta ancora sulle labbra. In poco tempo la cenere volò al suolo, immergendosi nell'oscurità.

Nessuna risposta dall'altra parte, così decise di aprire leggermente la porta. Trattenne il respiro, sperando non fossero alcuni della mafia, ma si ritrovò ben presto il volto di Giselle a neanche un metro di distanza. 

Le sue scarpe erano fradicie e teneva con cura un ombrello rosso. Intorno al suo collo come sempre il suo pitone piumato bianco.

<< Che ci fai qui? Stai bene? >> continuò il ragazzo stupendosi di trovarla lì a quell'ora della notte. 

<< Posso entrare? >> la sua voce apparì gentile e quasi triste. Si teneva con un braccio il cappotto, fissandolo all'altezza del fianco. 

Lui annuì e poi spalancò la porta per accoglierla dentro casa. Non sapeva esattamente che cosa aspettarsi da lei, ma se era venuta fin lì un motivo c'era.

Sungchan si avvicinò al tavolo della cucina e nel posacenere spense la sigaretta. Poco dopo Giselle chiuse la porta, rimanendo sulla soglia e togliendosi le scarpe bagnate.

<< Stai bene? >> le chiese nuovamente per capire come mai fosse lì. Si spostò al ripiano della cucina e prese fuori un bicchiere, per versarsi così un po' d'acqua.

Giselle esitò, fece qualche passo così da ridurre la distanza con il ragazzo.

<< Avevo bisogno di parlarti >> rispose in modo schietto per poi togliersi il solito cappotto che indossava e l'enorme sciarpa << Non ti ho trovato questa sera al KR Cube, così sono venuta qui >>

<< Bene, dimmi tutto >> cercò di essere il più distaccato possibile, nonostante il suo cuore stesse per esplodere dall'ansia. Non doveva farsi mettere i piedi in testa da lei, non più.

<< Ecco... >> poi balbettò. Come mai al di fuori del locale sembrava così impacciata e insicura? Ancora non l'aveva capito Sungchan.

<< Ti devo delle scuse. Mi sono comportata male nei tuoi confronti >> 

Il ragazzo si fermò per qualche secondo e poi bevette dal bicchiere, per prendere un altro po' di tempo per pensare.

<< Mi fa piacere che tu l'abbia capito >> disse deglutendo rumorosamente, poi si girò nuovamente verso di lei e ben presto si ritrovò i suoi occhi addosso. 

<< Non volevo che fraintendessi le mie parole. A me piaci davvero Sungchan >>

<< Ma..? >> continuò il ragazzo alzando un sopracciglio. Tanto ormai sapeva la risposta.

<< Io voglio continuare a divertirmi. Vorrei lo capissi questo >>

Sungchan strinse forte i pugni, tanto che le nocche delle mani gli diventarono rosse. Doveva farsi forza, doveva farsi rispettare, doveva smetterla di dargliele tutte vinte. Le parole di Yuta gli tornarono alla mente, doveva porre fine a quella situazione se questo lo faceva stare male. E lui in quel momento provava un profondo dolore.

<< Aeri, tu mi stai dicendo che dovrei accettare il fatto di rimanere nell'ombra? Di aspettare e sperare di ricevere uno sguardo da parte tua? Sai quante volte ti ho guardata, pensando mi rivolgessi un sorriso o un semplice "ciao"? Mi sono sentito un completo stupido >> poi alzando notevolmente la voce, forse per la sua ansia, continuò << Sono stanco di aspettarti a fine serata soltanto per venire qui da me e fare sesso. Sono stanco di incontrarti solo nei bagni del KR Cube, come se dovessi nascondermi da qualcuno. Non vuoi che nessuno venga a sapere del nostro rapporto? Bene, allora è meglio finirla qui >>

E dopo quel discorso si stupì persino di se stesso. Ce l'aveva fatta, dopo mesi era riuscito a dirglielo davvero. Si sentì finalmente sollevato e con un peso in meno, nonostante avrebbe voluto continuare quello strano e contorto amore.

<< Sungchan >> la sua voce apparì piena di rimorso << Se non faccio così i ragazzi non mi vorranno più. Io ho bisogno di quei soldi >>

<< Cercati un cazzo di lavoro normale allora, se vuoi stare con me >> le urlò avvicinandosi a lei. Ormai ne aveva abbastanza, la conosceva bene, quello era il suo modo per riaverlo tra le sue braccia.

<< A me piace lavorare per Miss Ayako. Non mi licenzierò solo per andare dietro a una cassa o a vendere stupidi vestiti in un negozio per borghesi >> e anche lei seguì il suo tono di voce.

<< Non troveremo mai un accordo Aeri, se tu non fai un passo verso di me io non collaborerò. Sono stanco di piegare la testa e accettare tutto questo. Non sto bene, tu non mi fai stare bene >> poi il suo sguardò diventò cubo e ben presto i suoi occhi si annebbiarono di lacrime.

<< Già per colpa di quella stupida Sakura sto perdendo tanti soldi. Se ti esponessi a tutto il locale non avrei più niente. Ma tu non lo capisci questo >> 

<< Non mi interessa. Mi dispiace ma non voglio continuare così >> e purtroppo si lasciò andare, piangendo lì davanti a lei come un perfetto idiota. Nonostante Sungchan apparisse sempre molto sicuro di sè difronte alle altre persone, con Giselle la sua sensibilità e la sua fragilità avevano la meglio.

Lei si avvicinò ancora di più, mettendo le mani sulle sue braccia e accarezzandolo leggermente. Anche lei aveva gli occhi lucidi eppure riuscì a resistere.

<< Non voglio rinunciare a te, ma neanche al mio lavoro >> 

Sungchan non sapeva più che fare, non riuscivano a trovare un compromesso. Così, come era già successo, non riuscì a connettere bene la sua mente al suo cuore e infine prevalse quest'ultimo. 

L'abbracciò, stringendola forte al suo petto. 

Neanche lui voleva rinunciare a lei, così non riuscì ad opporsi, purtroppo non ce l'aveva fatta nonostante i suoi mille tentativi.

<< Promettimi che verrai da me e mi parlerai. Non mi interessa di baciarti davanti agli altri. Se non puoi essere la mia ragazza lo capirò, però non trattarmi più così, promettimelo >>

E poi Giselle lo baciò improvvisamente, mettendo entrambe le sue mani dietro alla sua testa, accarezzandogli così i capelli. 

Aveva vinto ancora ed era soddisfatta di questo. 

Quella notte finirono per fare l'amore sul letto, avvolti da un semplice lenzuolo. Sungchan aveva ceduto, abbandonandosi totalmente al suo corpo, ignorando i segnali che gli mandava il suo sesto senso. Nonostante questo si sentì momentaneamente meglio ed amato dalla ragazza, così si strinse a lei, abbracciandola con cura e posizionando la sua testa sul suo petto. Lì si addormentò con un leggero sorriso, ignorando così il suo dolore. 

[KR] cube | Yuta NakamotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora