Chapter 28

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Vicino la stazione di Tōfukuji, Higashiyama. Appartamento di Yuta.

...

<< Yukio-san, dobbiamo tornare a casa, la mamma si arrabbierà sennò >> disse il piccolo Yuta avvicinandosi all'altro che stava giocando da solo con la palla.

<< Stiamo qui un altro po', solo altri due minuti >> rispose il più grande per poi osservare il tramonto.

...

<< Yuta-kun* oggi non potrò badare a te, ho davvero tante cose da fare. Tu rimani qui, fai il bravo promettimelo >> e la voce di Yukio apparì piena di dolore al bambino. Chissà cosa si teneva nelle profondità del suo cuore.

...

Yuta si svegliò in preda al sudore, nonostante avesse un ventilatore a poca distanza. Le pale continuavo a girare velocemente rilasciando un'aria fredda sul suo corpo semi nudo.

Le diverse bandierine poste nell'edificio difronte oscillavano in armonia grazie al vento caldo, producendo un suono simile a quello che sentiva molti anni prima, quando abitava in quella casa insieme a suo fratello e a sua madre. 

Al tempo lui e Yukio dividevano quella stanza, gli sembrava persino troppo grande per loro due, quando in verità ora che era rimasto solo lui era diventata piccolissima ai suoi occhi.

La stanza di sua madre invece rimase chiusa a chiave dopo la sua morte. Perse entrambi lo stesso giorno, se la ricordava ancora bene quella sensazione di vuoto. Da quel giorno un profondo dolore si insinuò nelle profondità del suo corpo e dodici anni dopo non se n'era ancora andato. 

Dopo quel sogno rimase sul suo letto per un'ora buona, fino a quando qualcuno non suonò al suo campanello. Una, due, tre volte con tempi ben scanditi. 

Sospirò profondamente e poi a fatica si tirò su. Si diresse verso la porta, grattandosi tutto il tempo la nuca e ricordandosi così quello che era successo la sera precedente.

<< Chi è? >> chiese quasi scocciato e infine sbadigliò rumorosamente.

<< Sungchan >> 

Così gli aprì facendo scattare la serratura pesante. Poco dopo vide il suo volto, era sicuro non avesse dormito molto quella notte, due profonde occhiaie gli solcavano il viso.

<< Stai bene Yuta? >> gli chiese ancora sulla soglia, poi entrò e si tolse le scarpe, riponendole nel Genkan*.

<< Ora che ho dormito sì, tu? >> in cuor suo sapeva che era ancora scosso per quello che era successo. Lo invitò quindi in casa e a sedersi al tavolo in cucina.

<< Sto bene dai >> quello era sempre il suo modo per intendere che non stava bene, ormai lo conosceva.

Lui e Yuta si erano incontrati per caso poco più di tre anni prima in una delle numerose vie di Kyoto. Sungchan aveva 17 anni e per riuscire a mantenersi lavorava al mercato, aiutando i vari signori nelle bancarelle del pesce. 

Quella mattina era intento a trasportare una grossa bacinella di acqua. Era così pesante che dovette fermarsi per più volte, appoggiandola così a terra e prendendo lunghi respiri per ristabilire il fiato. Yuta, vedendolo in quelle condizioni, decise di aiutarlo. Presero i due manici opposti e fecero tutta la strada insieme in silenzio. Solo una volta arrivati difronte la bancarella parlarono. Sungchan lo ringraziò profondamente, inchinandosi più e più volte, mentre Yuta gli offrì una sigaretta.

Fecero amicizia così, durante una giornata primaverile particolarmente soleggiata e da quel momento non si separarono più. 

Ben presto si licenziò per aiutare Yuta nel suo intento, collaborando così con la polizia e facendo soldi vendendo informazioni. Fondarono gli Nct e iniziarono a combattere la mafia di Kyoto. Di notte, sotto i diversi lampioni disposti nelle strade, si allenavano duramente per prepararsi agli scontri e nonostante Sungchan fosse molto bravo a combattere, decise di specializzarsi nella comunicazione. Lui era quello che organizzava e che teneva sotto controllo tutti i diversi spostamenti attraverso i dispositivi. Si assicurava che tutti stessero bene e questo ruolo lo stava aiutando nel profondo.

<< Sono sicuro che quella droga sia di Miss Ayako, è palese >> esordì dopo vari secondi di silenzio.

<< Tieni predi una sigaretta, calmati >> e poi Yuta gli lanciò il pacchetto, che finì a pochi centimetri dalle sue mani.

<< Dico solo che lei c'entra in questa storia. Non capisco perchè Shohei l'abbia difesa così ieri sera >> disse girando gli occhi ed estraendo finalmente una sigaretta.

<< L'ha fatto perchè la ama. Quello stupido >> rispose Yuta versando un po' di acqua nel bicchiere e poi offrendola all'amico.

<< Come ha fatto ad innamorarsi di una così? >>






Gion, Kyoto. Appartamento di Sakura.

Quella mattina si svegliò con calma, rigirandosi più volte nel letto prima di mettere definitivamente i piedi sul pavimento. I suoi capelli corti erano arruffati e le ricadevano parzialmente sul viso, nascondendo così le sue occhiaie.

Non aveva chiuso occhio, non dopo quello che era successo la sera precedente al KR Cube. Ancora non sapeva che nessuno degli altri era riuscito a dormire sereno. 

Guardò fuori dalla finestra, dopo aver spostato le tende e lì vide gli alberi rigogliosi, posti nel vialetto difronte. Respirò l'odore inconfondibile di Gion, amava quel quartiere nonostante fosse sempre sommerso di turisti durante il giorno.

Di solito alle 12 in punto passavano le Geishe con i loro kimono sgargianti. Una bellissima melodia si alzava nell'aria, insinuandosi nelle varie abitazioni vicine. Era la cosa che forse più amava di Kyoto. 

Spesso le aspettava e sorridente le guardava con ammirazione, pensando all'emancipazione della donna nella società giapponese, senza guardare i lati negativi che purtroppo esistevano.

Poco prima di andare al lavoro, come consuetudine, si preparò da mangiare. Cucinò un piatto tipico di Nagoya, che le faceva sempre sua madre, il Kishimen*. Si sistemò nel tavolo, vicino ai fiori che aveva comprato il giorno prima al mercato e lì mangiò con gusto. 

Pensò tutto il tempo solo a una persona, a Yuta. Si era comportata come una stupida la sera prima, se n'era andata senza dire nulla a nessuno e senza salutarlo, solo perchè presa dal panico. Proprio per questo non riuscì a dormire, per i continui tormenti.

Voleva scusarsi con lui eppure non sapeva come fare. Non sapeva neanche perchè sentisse questo enorme rimorso nelle profondità del suo cuore, alla fine non erano propriamente amici. 

Ripensò alle sue parole e all'immagine di lui che uccide questo perfetto sconosciuto, come se niente fosse. Non era tanto spaventata da lui ma dalle probabili conseguenze dei suoi gesti. Ancora non aveva capito come potesse essere così spietato, ai suoi occhi sembrava molto sensibile nonostante l'atteggiamento rude. Forse l'aveva troppo idealizzato per colpa dei suoi sentimenti. Perchè sì, a Sakura piaceva, nonostante non l'avesse ancora capito con tutta se stessa, mai i suoi occhi parlavano per lei. 

Così decise che gli avrebbe parlato quella sera e che si sarebbe scusata per il suo comportamento. Di certo non voleva allontanarlo, non dopo quello che stava nascendo nel suo cuore. 




Sommario:
* Kun - (in kanji 君, in hiragana くん): uno dei suffissi più diffusi, utilizzato tra ragazzi e amici per indicare una certa forma di rispetto, o da un adulto verso una persona molto più giovane come segno di confidenza.

* Genkan - Genkan (玄関) è la tradizionale anticamera d'ingresso che separa l'ambiente esterno da quello interno nelle abitazioni e in alcune strutture pubbliche in Giappone. La sua funzione principale è quella di permettere a chi entra di togliere e riporre le scarpe prima di accedere alla parte vera e propria dell'abitazione.

* Kishimen - è una delle varietà Udon, la pasta è più piatta e larga e proviene dalla prefettura di Nagoya. Queste tagliatelle sono servite di solito calde in zuppe.

[KR] cube | Yuta NakamotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora