XXXV

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Erano circa le dieci di mattina e al momento mi trovavo in classe a seguire una delle lezioni più noiose di sempre, ovvero quella di storia dell'arte. Che sia chiaro, non era che non mi piacesse la materia. Anzi, la trovavo molto interessante e bella. Ma il problema era l'insegnante. Era veramente noiosa, era come se per lei la sua materia fosse la più importante. Non per nulla avevamo più di dieci pagine da studiare a settimana per causa sua. Non potevamo neanche lamentarci. Quindi prendavamo le cose cosi' com'erano, anche se non ci piacevano.

"La morte mi sta venendo" pensai mentre scarabocchiavo negli angoli del mio quaderno. Erano disegnini privi di alcun senso, ma erano carini. Un po' strani, ma questi erano dei piccolissimi dettagli.

Mancavano ancora venti minuti prima della fine della sua lezione e dentro di me cominciai a prendere in connsiderazione la possibilità di fingere di stare male e di andare in infermeria, passando il resto della lezione sdraiato su un lettino a riposarmi. Ma proprio come se qualcuno mi avesse letto nel pensiero, si senti' una voce uscire dall'altoparlante. Veniva utilizzato la maggior parte delle volte per fare degli annunci o per far evacuare la scuola, fortunatamente si trattava del primo.

<Buongiorno studenti ed insegnanti> iniziò a dire qualcuno e riconobbi dalla voce che si trattava di Kunikida. <Volevamo informarvi che il ballo di inverno si terrà tra meno di una settimana e vi invitiamo a consegnarci il prima possibile i tagliandini che tra qualche minuto verranno distribuiti nella varie classi. Se riuscite prima del 20 dicembre 2022, grazie mille e buon proseguimento con le lezioni> e senza aggiungere altro l'annuncio si concluse. Proprio come se non fosse accaduto nulla la mia insegnante tornò a spiegare, anche se il resto della classe aveva la testa rivolta ad altrove. Pensavano gia' al ballo e a insieme a chi sarebbero potuti andare. In classe, infatti, si creò un po' di brusio che diede di fatto molto fastidio all'insegnante. La quale non si trattenne da farci la solita delle sue ramanzine. Ecco, l'idea di andare in infermieria sembrava ancora piu' allettante di prima.

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<Quindi ti va di venire a casa mia?> mi chiese Dazai mentre uscivano dal cancello d'entrata della scuola.

<Che ne dici da me? Così non diamo fastidio a Mori, da quel che mi hai detto non sta tanto bene> gli chiesi a mia volta e mai l'avessi fatto. Sul viso di quello sgombro si dipinse un ghigno che mi stava facendo pentire della mia proposta o meglio, della scelta delle mie parole.

<Oh? Chuuyaa, non ti facevo così audace> commentò facendo un passo nella mia direzione, occupando la mia visuale con tutta la sua figura. Sul suo viso si fece spazio il sorriso che gli avrei tolto a pugni. Lui e la sua mente perversa.

<Sei tu quello che ha visto qualcosa che non doveva> dissi puntandogli il dito contro.

<Tu dici?>

<Io dico>, <E comunque non sarei potuto venire di principio, dato che ho da sistemare casa> aggiunsi dopo poco e il sorrisetto che prima occupava il suo viso comincio' a sparire mentre annuiva alle mie parole. Mi disse allora che andava bene e quindi imboccammo la strada per andare verso il condominio in cui abitavo. Come vi avevo già detto, non distava molto dalla mia scuola. Quindi tranquillamente proseguimmo a camminare per le strade semi affollate di Yokohama.

Nessuno dei due non parlò chissà quanto, avevamo entrambi la testa rivolta ad altro. Non sapevo a cosa esattamanete stesse pensando Dazai, ma io invece, stavo pensando a come, quando avrei potuto chiedere al moro di venire con me al ballo. 

Era da qualche ora che ci stavo pensando, per essere più precisi dal momento dell'annuncio. Solo che non sapevo come. Ovvio, non avrei fatto chissà quale cosa. Però non mi veniva in mente il modo.
In più ci tenevo ad invitarlo io stesso, a proporglielo io. Perché per una volta volevo fare io qualcosa che riuscisse a sorprendere Dazai. Dato che la maggior parte delle volte era lui a fare tanto nella relazione  mi sembrava ingiusto che fosse così, volevo anche io dimostrargli che anche io ero capace di fare qualcosa. Lo so, a lui non sarebbe cambiato nulla. A lui non interessava se io gli facessi dei regali o che mi presentassi a casa sua alle cinque di mattina come aveva fatto lui con me. Perche' lui sapeva che io comunque lo amavo. Ma era una questione di principio per me. Le amicizie, così come le relazioni, erano fatte da due persone. Entrambe come davano, ricevevano anche. Non era una cosa monodirezionale.

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