PROLOGO

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Gennaio, Boston

Svegliata dal suono della sveglia, stropicciai gli occhi e, contemporaneamente, portai una mano al mio fianco, ma, con una punta di delusione, non trovai chi, fino a poche ore fa, mi aveva tenuta stretta a sé, al sicuro.

Presi il telefono e scorsi il suo nome tra i contatti, ma quando fui sul punto di azionare la chiamata, sentii la porta di casa chiudersi; così mi alzai e andai al suo incontro, gettandogli le braccia al collo.

«Buongiorno amore» sussurrai, stampandogli un bacio sulla guancia.

Ricambiò il mio abbraccio, rigidamente, e non rispose.

«Non ti ho trovato al mio fianco, dov'eri? È prestissimo».

Di nuovo non rispose, quindi stranita mi allontanai, poco, per osservarlo. «Qualcosa non va?»

Sospirò e allontanò, lentamente, le mie braccia «Chloe, io... devo dirti una cosa. Dobbiamo parlare» pronunciò, staccandosi da me.

I battiti del cuore, improvvisamente, aumentarono, incontrollabilmente «Mi stai facendo preoccupare. Che succede?»

«Forse è meglio che tu ti sieda» feci come mi disse e presi posto sul divano, mentre, lui si sedette di fronte a me, in una sedia.

Mi guardò per un attimo, facendo uscire un mezzo sorriso e poi, così com'era venuto fuori, quel sorriso si accartocciò, trasformandosi in un'espressione indecifrabile.

E come il temporale che di lì a poco si abbatté in tutta la città, in quella giornata, buia e cupa, anche la mia anima venne bagnata e prosciugata di tutte le cose belle che risiedevano al suo interno. In un, solo, secondo tutta la mia vita venne stravolta.

Mi prese le mani stringendole tra le sue «Tu sei fantastica, sei una persona meravigliosa, ma... io non riesco più ad andare avanti, in questo modo».

«Di che stai parlando?» l'ansia batteva forte nel cuore e, ogni secondo che passava, una nuova consapevolezza si faceva spazio dentro me.

Quanto avrei voluto sbagliarmi.

Quanto avrei voluto che i miei pensieri in quell'istante avessero sbagliato rotta.

E poi boom.

Tutto svanì.

«Io credo di non amarti più. All'inizio pensavo fosse solo qualcosa di passeggero ma purtroppo non è così. Penso sia meglio prenderci una pausa» sputò fuori quelle parole senza quel briciolo di sensibilità che forse avevo sempre creduto di vedere in lui.

«Non capisco, mi stai lasciando? È uno scherzo? Ieri sera siamo stati insieme, tutto andava bene...» non capivo, era come se non connettessi più con l'ambiente che mi circondava.

«No, Chloe, quella era un'illusione a cui io volevo che tu credessi, per non farti del male. Ma non va bene da mesi. Tu passi la maggior parte delle giornate a lavorare e a studiare, e il tempo per noi diminuisce sempre più. Come può andare avanti una relazione del genere?»

«Sapevi quando ci siamo conosciuti come stavano le cose, che per pagarmi l'università dovevo lavorare. Lo sapevi e sembrava che avessi accettato di accontentarci per il momento, che non sarebbe stato per sempre».

«Mi dispiace, ma non funziona», solo in quelle poche parole pronunciate, mi resi conto che non gli importasse di ferirmi.

Sfilai in malo modo le dita dalle sue, «Dispiace a me di non essermi accorta, prima, che non dovevo investire tanto in noi, che alla fine tutto sarebbe finito». Dalla sua bocca non uscì una sola parola, ma io ne avevo talmente tante da dire che avrei voluto, soltanto, gridare.

E poi un altro pensiero mi investì.

«Mi stai lasciando perché c'è un'altra donna?»

Il suo sguardo nel mio vacillò e poi ritornò ad osservarmi con uno sguardo che trapelava l'espressione di chi era stato appena scoperto.

«Rispondimi Aaron» dissi, cercando di mantenere la mia voce ferma.

Mi guardò di nuovo e, finalmente, aprì bocca «Sì». Una parola. Due semplici lettere che procurarono un rumore assordante dentro me. E un'altra volta il mio cuore si spezzò.

Stavolta in pezzetti più piccoli.

Mi alzai e scossi la testa «Credevo che fossi importante per te» sussurrai, con gli occhi lucidi e la voce tremante.

Assunse uno sguardo quasi pentito, ma in realtà provava solo pena per me. «Chloe, mi dispia...» non lo feci terminare di parlare e andandogli incontro gli gridai: «Da quanto tempo va avanti?»

Rimase in silenzio per svariati minuti, portandomi a perdere la pazienza.

«Cazzo rispondimi!» sbottai furiosa.

«Da mesi» era incredibile come non si vergognasse delle sue stesse parole.

La rabbia mi annebbiò la vista e in un secondo fui vicina a lui, pronta a dargli uno schiaffo, per ciò che mi stava facendo, ma le sue mani sui miei polsi mi fermarono.

Lo guardai sconcertata «Chi sei Aaron? CHI SEI?» urlai, più forte.

«Mi fai schifo, va via da questa casa. Non voglio più vederti» pronunciai quelle parole con una carica di odio che sentivo crescere, incontrollabilmente, nei suoi confronti.

«Ti prego, Chloe, lasciami spiegare...».

«Che cosa? Che sei diventato come tutti gli altri? O, forse, già lo eri e io sono stata una delle tante con cui divertirti?»

«Non dire cazzate! Mi sono solo innamorato di un'altra. Sai che non è così».

Mi liberai della sua presa e mi allontanai «Mi sono solo innamorato di un'altra, dio Aaron. Ma ti ascolti?» ero schifata dall'uomo che avevo davanti.

«Non voglio avere più niente a che fare con te, per me non esisti più» con quelle ultime parole gli gridai, per l'ennesima volta, di andarsene, e poi di nuovo, fino a che non vidi la sua figura scomparire dalla mia vista. 

Quando rimasi sola in quella casa, che adesso mi risultava estranea, la prima lacrima rigo giù. Poi un'altra e un'altra ancora, finché fu impossibile fermarsi. E tra quei singhiozzi, che nei giorni a seguire non ebbero fine, mi chiesi perché le cose belle avevano sempre una fine. Perché quando si affidava il proprio cuore a qualcuno si finiva solo con l'averne un enorme buco nel petto.

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora