Novembre, New York
I minuti, le ore... passavano e io mi trovavo sempre qui, in una stanza grande come uno sgabuzzino, su una sedia girevole, appoggiata ad una piccola scrivania, infelice di quello che facevo. Lavoravo nello studio di un architetto paesaggista, come segretaria. La paga era buona, ma quell'impiego per quanto mi sforzassi, non mi piaceva. Mi era tornato utile dopo il mio trasferimento a New York, per comprarmi una casa e per vivere. Ma il lavoro dei miei sogni, quello che per anni avevo tenuto chiuso a chiave, dentro al cassetto, e che ora volevo uscisse fuori, era ben lontano dal voler essere una segretaria. Ciò che avrei voluto fare nella vita era diventare un editor.
Sin da piccolina mamma mi aveva trasmesso la passione per i libri; quei libri fatti di pagine bianche, a volte troppe che se li guardi possono sembrare niente, ma se li sfogli... si apre un mondo intero in cui viene mostrata dove sta la vera bellezza delle cose. Quelle stesse storie, più volte, mi avevano salvata dall'oppressione e dal dolore di ciò che mi circondava. Leggere, per me, significava continuare a sperare in qualcosa che sembrava impossibile. Giorno dopo giorno, scoprii che stare a stretto contatto con quei personaggi di carta, era quello che desideravo per il mio futuro, ed ad oggi, volevo trovare un lavoro in una casa editrice, ma ero riuscita a realizzare metà di quelle cose. Un mese fa avevo conseguito la laurea in lettere e adesso aspettavo solo che il mio momento arrivasse.
Un giorno, forse...
A destarmi dai miei pensieri ci pensò il trillo del telefono. Era Zoe, la mia migliore amica, l'unica che avessi mai avuto.
«Chloe!» neanche il tempo di rispondere che la sua voce squillante mi interruppe.
«Ehi, quanta felicità! Che succede?» risposi, riprendendomi dallo stato di trance.
«Volevo sentirti e chiederti se hai un po' di tempo libero da passare con la tua simpaticissima e dolcissima amica, davanti una buona cioccolata...?»
«Mmmm... prima di tutto mettiamo in chiaro che simpatica non lo sei».
«Scema» brontolò dall'altro capo del telefono, facendomi sorridere.
«Ah, e poi pensandoci... tu sei tutto fuorché dolce».
«Chloe!» esclamò irritata.
«Okay, okay la smetto».
«Sarebbe meglio».
«Comunque per tua fortuna tra cinque minuti c'è la pausa pranzo, quindi se vuoi ci vediamo al The Small Cafè».
«Va bene, a tra poco».
Presi la giacca e mi incamminai tra le fredde strade di New York per raggiungere la caffetteria, che stava a pochi passi dall'ufficio.
Il The Small Cafè ti immergeva in una dolce atmosfera, in cui si poteva bere uno dei caffè più buoni della città. La proprietaria era Becky Johnson, un'adorabile signora anziana, per me come una nonnina. Mi voleva bene e io ne volevo a lei, infatti non perdevo occasione per passare a fare un saluto, quando potevo.
Quest'ultima appena mi vide entrare venne verso di me ad abbracciarmi. «Dolce Chloe, non mi aspettavo di vederti» disse con dolcezza.
«Becky!» ricambiai il suo abbraccio, «Ho pensato di passare un po' di tempo con Zoe e dove se non nel posto più bello della città, in cui vengo accolta sempre con amore?»
«Avete fatto bene, cosa vi porto?» mi chiese raggiante, accarezzandomi i capelli.
«Un caffè per me e, come sempre, una cioccolata per Zoe» risposi, sorridendole.
«Arriva subito, tu accomodati. Zoe è lì» mi accompagnò al tavolo in cui la mia amica mi stava aspettando.
«Ciao, musona» salutai Zoe, sorridendo e scompigliandole i capelli.
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La stella più luminosa sei tu
RomanceIn un mondo dove la felicità si paga a un caro prezzo, Chloe Peterson non sa più come riacquistarla. A 25 anni sa già come ci si sente a sentire il cuore frantumarsi in mille pezzetti, qual è la sensazione di inadeguatezza e come possano far male ce...