Erano già trascorse due settimane da quando lavoravo in casa editrice e nonostante tutto, iniziavo a sentirmi a mio agio. Mi piaceva ciò che facevo e inoltre avevo stretto amicizia con la maggior parte di coloro che vi lavoravano, soprattutto con Joy, ed eccetto con la signora Brown, che sembrava non sopportarmi ogni volta che mi vedeva e mi trattava sempre con superficialità. Aveva sempre un'espressione fredda e gelida in volto, cercava di escludermi dalle riunioni e quando vi partecipavo, screditava le mie idee e faceva di tutto affinché non venissero prese in considerazione dagli altri, così puntualmente si apriva una discussione tra lei e il signor Peter, Joy e il signor Harris, che si schieravano dalla mia parte; mentre chi non si esprimeva e mi fissava con gli occhi storti appena aprivo bocca era il signor Smith. Infatti il trovarmi in disaccordo con la signora Brown non era l'unico problema... Dopo ciò che era successo quel lunedì, il resto dei giorni li passai chiusa in ufficio. Anche durante la pausa pranzo, uscii solo lo stretto necessario per evitare di combinare altri danni. E quando mi serviva un'informazione chiedevo sempre a qualcuno che non fosse lui. Con quest'ultimo, tralasciando quando era costretto a stare con me nella stessa stanza, durante le riunioni, mi incontrai di rado nei corridoi e ovviamente non mi aveva degnata neanche di uno sguardo.
Una sera finito il lavoro, entrambi eravamo usciti dall'ufficio per andare via, appena si accorse della mia presenza mi guardò con gelo e freddezza. L'avevo fatta grossa e dovevo rimediare. Ne avevo parlato anche con Zoe e lei mi aveva spronato a chiedergli scusa, solo che non sapevo come fare. Passai il sabato e la domenica a preparare un discorso di scuse ma non lo conoscevo e non sapevo se le avrebbe accettate. Solo se avessi tentato lo avrei scoperto, quindi passato in rassegna un altro giorno, il martedì mattina quando arrivai, chiesi se era libero e in seguito a una risposta affermativa, andai velocemente verso il suo ufficio. Trovandomi di fronte la sua porta una leggera ansia iniziò a farsi sentire, ma era stata colpa mia e adesso ne pagavo le conseguenze. Bussai leggermente e subito sentii la sua voce.
«Avanti».
«Buongiorno» sussurrai con un filo di voce.
Entrai, chiusi la porta e quando mi vide la sua faccia che fino a quell'istante sembrava serena, cambiò, radicalmente.
Mi detestava.
«Che cosa vuoi, Peterson?» mi domandò, sgarbatamente.
«Io voglio parlarle».
«Fai in fretta, per favore» disse secco.
Quasi, quasi cambiavo il mio discorso per dirgliene quattro. Era spontaneo definirlo un maleducato, era lui a indurti a pensarlo e poi se la prendeva anche! «Scusi per il... il comportamento che ho dimostrato nei suoi confronti l'altro giorno, aveva ragione».
«Interessanti le ultime due parole, continua» l'ultima cosa che volevo era gonfiare il suo ego.
Troppo tardi.
«Io non la conosco e non avrei dovuto parlare in quel modo di lei, specialmente perché non so nulla sul suo conto e non sono affari miei. Sono stata una maleducata e...»
«Concordo» pensava davvero che fossi una maleducata, ma come si permetteva. E per quale diamine di motivo continuava a interrompermi? Non era semplice riuscire a mettere in ordine le parole e lui stava complicando la situazione.
Ripresi di nuovo il filo del mio discorso, respirando piano «Mi... mi dispiace e le prometto che d'ora in poi mi comporterò da persona professionale. Non è da me e sono mortificata per averle dato una brutta impressione di me. Spero che lei accetti le mie scuse. Adesso vado, non le ruberò altro tempo. Buona giornata e mi scusi di nuovo».
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La stella più luminosa sei tu
RomanceIn un mondo dove la felicità si paga a un caro prezzo, Chloe Peterson non sa più come riacquistarla. A 25 anni sa già come ci si sente a sentire il cuore frantumarsi in mille pezzetti, qual è la sensazione di inadeguatezza e come possano far male ce...