EPILOGO-CHLOE

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Quattro anni dopo...

«Mamma, mamma» la manina della piccola Elizabeth muoveva l'orlo del vestito che indossavo. Finii di scrivere un'ultima frase di quello che, speravo con tutta me stessa, sarebbe diventato a breve il mio quarto romanzo, chiusi il pc e mi dedicai alla mia piccolina.

«Tesoro, dimmi» mi inginocchiai alla sua altezza e le sistemai il vestitino blu, che quella mattina le avevo trovato stropicciato un'infinità di volte.

«Quando andlemo da nonna?» la presi in braccio, dirigendomi a destra verso la porta del corridoio.

«Tra poco, se il tuo papà non farà più il vanitoso».

«Amore, sbrigati, altrimenti faremo tardi!» in quegli anni di convivenza, avevo imparato che Alex ci impiegava più di me per essere pronto, passava le migliori ore chiuso in quel bagno a farsi bello.

La mia piccola peste cominciò a premere i pugnetti sulla porta «Papà, papà! Etli, etli!» quel suo modo dolce in cui solo i bambini parlavano, mi scaldava il cuore.

La porta finalmente si aprì, rivelando il mio bellissimo uomo. Era incredibile come a distanza di anni, il solo vederlo mi faceva battere il cuore all'impazzata «Ehi, ehi, cos'è tutto questo baccano?»

Misi Elizabeth giù che, assumendo sul suo visino un'espressine buffa, disse: «Papà, mettila di etlere vanitloso».

Lui a quel punto si finse offeso «Cosa, cosa, cosa?» si abbassò pronto a farle il solletico, scatenando le risate della nostra piccina. Rimasi ferma ad osservare le due persone più importanti della mia vita che si rincorrevano e si esprimevano il loro amore infinito. Quattro anni fa in seguito alla proposta di matrimonio che Alex mi aveva fatto nel mio posto preferito, qualche mese più tardi c'eravamo promessi amore eterno e, durante il nostro viaggio di nozze in Italia, avevamo creato il seme di quello che sarebbe diventato un fiore meraviglioso. Nove mesi dopo, era arrivata Elizabeth a illuminare le nostre vite. Quel nome non era stato un caso, era lo stesso della mamma di Alex. Non l'avevo conosciuta ma sapevo per certo che era stata una persona speciale, proprio come lo era il figlio, il quale, ogni sera, quando rimboccava le coperte ad Elizabeth, le leggeva una pagina del Piccolo Anatroccolo, quel libro che rimandava al ricordo della sua nonna e le insegnava che nel mondo non esistono persone migliori di altre ma soltanto persone speciali, soprattutto con i propri difetti.

«Voi due, forza! E ora di andare» dissi, ridacchiando.

«Ma noi non possiamo andare prima di aver fatto il solletico anche a mamma, vero?» quei due birbanti si scambiarono uno sguardo d'intesa e la mia piccolina con una tenera spintarella del padre, si lanciò su di me, facendomi perdere l'equilibrio.

«Elizabeth Smith Peterson, sei una piccola birbante e tuo padre lo è più di te!» la mia bambina ridacchiò, gattonando su di me che l'abbracciai prontamente. A noi si aggiunse il marito migliore che potessi avere che dispensò baci da me a Elizabeth.

«Siete le mie donne preferite».

«E tu sei il nostro uomo preferito» poggiai un bacio sulle sue labbra, stringendolo a me.

«Bleeee» le manine di Elizabeth coprivano appena il suo faccino e quella reazione ci fece ridere a crepapelle, mangiandocela di baci poco dopo.

Ci recammo fuori da quella che non era più la casa di Alex ma anche la mia e della nostra bambina. Avevamo deciso di mantenere quella perché, oltre ad essere abbastanza grande per tutti e tre, la sera, quando ritornavamo dalla casa editrice, la quale, negli anni, era diventata la più conosciuta in tutta New York, adoravamo distenderci e osservare abbracciati quelle stelle, da sempre, complici del nostro amore.

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora