Durante la notte non riuscii a chiudere occhio; ero troppo tesa e in ansia per quella giornata che avrebbe dato una svolta alla mia vita. Infatti la mattina, alzandomi prima del previsto, col timore di fare tardi, in men che non si dica feci colazione e, in seguito a un bel bagno caldo, mi vestii e presi la macchina, arrivando in casa editrice, persino in anticipo. Pensai che a Mr. So tutto io avrebbe fatto piacere. Una volta entrata chiesi se era già arrivato e la signora Evans mi rispose con un cenno affermativo, così andai dritta nel suo ufficio come mi aveva detto lui.
«Buongiorno. Posso entrare, disturbo?»
«Si... cioè no, accomodati Peterson».
Che simpatico!
Indossava uno dei suoi completi in giacca e cravatta che lo rendevano piuttosto... elegante!
«Peterson, mi stai ascoltando?»
«Sì, sì certo».
In realtà mi ero persa a guardare... lui. Accidenti dovevo smetterla! Era solo uno snob e non capivo perché senza volerlo ero rimasta come una stupida ad osservarlo!
Mi guardò inarcando un sopracciglio e in effetti come dargli torto...
«Stavo dicendo che ti verrà affidata, da oggi, la bozza di un romanzo che dovrai leggere e visionare ciò che secondo te non va; la prossima settimana incontrerai l'autrice stessa, alla quale farai delle proposte per migliorare il testo senza ovviamente allontanarsi dall'idea iniziale».
«Qual è il genere del romanzo in questione?»
«Si tratta di un romance a sfondo storico» all'udire quelle parole mi si accese una scintilla negli occhi. Doveva essersene accorto anche lui.
«Perché quella faccia?» mi studiò con quegli occhi da diffidente.
«Perché amo questo genere, è il mio preferito!»
«Buon per te» il tono piatto che utilizzava la maggior parte delle volte, mi dava sui nervi. Perché tutto quell'astio nei miei confronti? Non riuscivo proprio a capacitarmene. Dalla sua faccia traspariva solo freddo e gelo e dubitavo che si comportava in quel modo soltanto con me. Al contrario pensavo che ci fosse sotto qualcosa, che in passato lo aveva reso un uomo dalle stesse sembianze di una statua di ghiaccio.
«Adesso ti accompagno a vedere la nostra struttura e poi ti mostro quale sarà il tuo ufficio. Se sei pronta iniziamo il giro».
Annuii e ci alzammo. Andai senza pensarci verso la porta per aprirla, ma quando stavo per farlo le sue mani, insieme alle mie, si posarono sulla maniglia. Evidentemente aveva avuto la mia stessa intenzione. A quel contatto alzammo gli occhi nello stesso istante e per una frazione di secondi restammo ad osservarci. Aveva i capelli tirati indietro, due pagliuzze cristalline dentro le quali ci si poteva leggere dentro, la mascella contratta, un lieve accenno di barba e delle labbra carnose, in quel momento tirate. All'improvviso, mi ridestai da quello stato di trance, interrompendo il nostro gioco di sguardi.
«Mi...mi scusi» balbettai con un filo di voce.
«Non c'è niente di cui tu debba scusarti» replicò pensieroso.
La mia mano sfilò giù, le nostre dita di sfiorarono e ancora una volta quel brivido lungo la schiena sembrò fare il suo ritorno, ma decisi di ignorarlo.
Lui aprì finalmente la porta «Forza, andiamo» e mi fece segno con la mano di andare per prima. Quindi, qualche volta, sapeva usare anche la galanteria!
Mi portò nella grande biblioteca che c'era dentro quell'immenso edificio e non riuscii a contenere il mio entusiasmo.
«Peterson, non hai mai visto una libreria?» chiese seccato.
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La stella più luminosa sei tu
RomansaIn un mondo dove la felicità si paga a un caro prezzo, Chloe Peterson non sa più come riacquistarla. A 25 anni sa già come ci si sente a sentire il cuore frantumarsi in mille pezzetti, qual è la sensazione di inadeguatezza e come possano far male ce...