CAPITOLO 18-CHLOE

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Natale era alle porte, mancava qualche settimana. E quella mattina, mentre camminavo tra le strade innevate di New York, non potei non notare che con esso, anche il freddo si percepiva più del solito.

«Tesorino, che bello vederti!» esclamò Becky appena feci il mio ingresso al The Small Cafè.

Era raggiante. Minuta, piccolina e sempre sorridente. Gli occhi di un celeste simile a quelli di Alex e i capelli un po' bianchi, misti a un grigio chiaro che non erano un difetto su di lei, al contrario, accrescevano la sua bellezza.

Sorrisi e le diedi un caloroso abbraccio. Ci sedemmo un po' a parlare e rivederla, mi fece bene al cuore.

«Cuoricino, c'è qualcosa che non va?» mi chiese, ponendo il suo palmo sotto il mio mento. Probabilmente, si era accorta che mentre parlava, non ero stata del tutto presente.

«Cosa?» sussultai piano, quando percepii il suo tocco, e quello bastò per ridestarmi.

Lei rise con dolcezza «Fai parlare il tuo cuore, Chloe. Dimmi cosa ti preoccupa».

Quella richiesta permise alle parole di balzare, prorompenti, fuori dal cuore «Becky, se un ragazzo ti riempie di tante attenzioni e non perde occasione per lusingarti, pensi sia davvero interessato?»

«Sì, potrebbe essere. Ma dimmi, qualcuno si comporta così con te?»

«Sì... ma io sto cercando di capire cosa fare» risposi pensierosa, procurando una piccola ferita al labbro che non avevo smesso di pizzicare con i denti.

«Oh Chloe, hai paura di soffrire, non è vero?» portò la sua mano sulla mia, stringendola forte e io annuii, sbuffando.

«Alcune volte la migliore medicina per superare la paura è affrontarla. Se non avessimo continui ostacoli per metterci in gioco, per crescere o dimostrare quanto forti siamo, che vita sarebbe? Una vita passiva, sicuramente. Perciò, combatti quella paura, Chloe. Affrontala. E se questo ragazzo senti che ti fa stare bene, non fartelo scappare» replicò, dandomi un dolce buffetto sotto al mento.

«Grazie» risposi, sentendo le lacrime pizzicare gli occhi.

Lei mi sorrise, affettuosamente «Sono sempre qua, quando hai bisogno. Sei la nipotina che non ho mai avuto».

«E tu, la nonna che non ho mai avuto».

«Ragazza mia, non vorrai mica fare piangere una vecchietta come me?!» disse, rubandomi una risata.

«Mi ha fatto bene parlare con te. Adesso, purtroppo, devo lasciarti» le poggiai un bacio sulla guancia, recuperando la mia borsa.

«Va bene, però non aspettare tanto a venirmi a trovare».

Le strinsi le mani tra le mie e sorridendole le dissi: «Te lo prometto», e con quella promessa mi apprestai ad uscire.

Negli ultimi giorni avevo riflettuto tanto, e, dopo quella sera, sotto le stelle, arrivata a casa, nella mia mente si erano creati una montagna di dubbi a cui non sapevo mettere un punto. Non sopportavo di essere diventata una ragazza paranoica, spesso mi odiavo per questo. Volevo sentirmi libera come una farfalla e cancellare tutto il caos, le lacrime e la paura con una spugna. Non sopportavo che dovessi tormentarmi, ore ed ore, su qualcosa per capire se fosse la giusta scelta, soprattutto, se ad assillarmi c'era un grande timore di accettare che quella persona mi piacesse. E forse perché era troppo strano pensare che quest'ultima ricambiasse i miei stessi sentimenti.

A fermare la corsa dei miei pensieri fu la notifica di un nuovo messaggio. Un numero sconosciuto.


Buongiorno stellina.


Non mi ci volle molto per capire chi fosse.

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora