CAPITOLO 20-ALEX

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Il citofono suonò, quindi mi affrettai ad aprire. Avevo preparato tutto, la cena era quasi pronta e la tavola apparecchiata al meglio che avessi potuto fare. Mancava solo lei che, in quell'istante, vidi comparire sulle scale. Indossava un semplice vestito rosa pastello che la copriva fino alle ginocchia e la rendeva bellissima.

«Ciao» mi sorrise.

«Ehi, sei bellissima».

«Neanche tu sei tanto male» disse timidamente, arrossendo.

La osservai un altro po' come un ebete mentre lei mi guardava a disagio. «Smith, mi fai entrare o vuoi ancora mettermi in imbarazzo, fissandomi?» chiese con un'espressione corrucciata.

Ecco un'altra cosa che adoravo di lei. Il suo essere timida e sfacciata allo stesso tempo. Mi schiarì la voce sorridendo e le feci spazio per lasciarla entrare «Certo. Entri pure, mademoiselle» scherzai, facendo un inchino e porgendole una mano per accomodarsi.

Lei rise di gusto al mio gesto, contagiando anche me, e posò le sue esili dita sul mio palmo, «Merci beaucoup, mon cher» rispose sorridendo.

«Wow» aggiunse poco dopo.

«Ti piace?» le chiesi guardandola.

«Sì. È davvero bello qui» disse mentre si guardava intorno per osservare casa mia.

Ero riuscito a comprarla quando ero diventato il proprietario della Book Publishing. Giorno dopo giorno, avevo conservato un bel po' di soldi e appena me lo potei permettere, decisi che era giunto il momento di lasciare i trentaquattro metri quadrati in qui avevo vissuto per quasi cinque anni e mi trasferì qui, in un appartamento in piena Manhattan tra la Avenue of the America e la Seventh Avenue. Era una casa, forse, un po' grande per una sola persona, ma io ci stavo davvero bene.

«Alex, questa vista è bellissima» disse entusiasta, avvicinandosi alla vetrata da cui si poteva ammirare lo skyline di Manhattan.

Adoravo quando si elettrizzava per le piccole cose ed erano proprio quei momenti che facevano emergere la sua spontaneità e la sua purezza.

Poi i suoi occhi volarono alla libreria che tenevo nel salone e si illuminarono.

Cominciò a percorrere con le dita ogni libro che era riposto su quegli scaffali e con la coda degli occhi, nel frattempo che mettevo il cibo nei piatti, la osservavo persa tra tutti quei titoli.

«Il brutto anatroccolo me lo leggeva sempre mia mamma, da piccolina» commentò, estraendo la vecchia copia che custodivo da anni. Al veder fuori posto quel libro, una punta di fastidio si accese in me, irremovibile.

Alex, sta calmo.

Va da lei e riprenditi quel libro.

Te ne pentirai.

No, non te ne pentirai.

L'angelo e il demone bisticciavano nella mia mente. Avrei voluto spegnere le loro voci, ma era impossibile. Quindi, feci quello che mi riusciva meglio.

«Lascialo» mi avvicinai a lei e glielo sfilai dalle mani, bruscamente, sotto la sua espressione confusa e accigliata.

«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» sussurrò piano.

«Non dovevi prenderlo» dissi secco.

«Mi dispiace, non... non sapevo ti avrebbe dato fastidio» mormorò, facendomi pentire subito del mio comportamento.

Lei non se lo merita.

Chiusi gli occhi e poi mi girai ad osservarla «Scusa».

«Dispiace a me per il modo in cui ti ho trattata» risposi dispiaciuto.

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora