CAPITOLO 7-CHLOE

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La neve scendeva giù copiosa, lentamente. Lieve e soffice. Mi persi ad ammirarla, in tutta la sua bellezza, seguendo con lo sguardo dove ogni fiocco si posava e non potei fare a meno di pensare che mi sentivo un po' come un fiocco, perso e smarrito nel nulla, senza sapere dove poggiarsi, dove rifugiarsi. Allo stesso tempo quella meravigliosa pagina bianca, mi faceva credere che si poteva ricominciare da capo, per ritornare a sognare, guardando il mondo con occhi nuovi...

Mi trovavo vicino alla finestra dell'ufficio, ad osservare la quiete di quella mattina. Mi ero svegliata un po' malinconica e avevo deciso di andare in anticipo a lavoro, pensando di portarmi avanti con il lavoro di quella settimana. Non c'era nessuno a parte la signora Evans, o almeno, era quello che avevo creduto fino a quando non uscii per prendere un caffè e vidi uno spiraglio di luce nella stanza che era a pochi passi dalla mia, intuendo che non ero stata la sola ad essermi svegliata troppo presto. Ed eccolo lì, in tutta la sua compostezza, con la testa china negli svariati documenti che teneva tra le mani; i capelli perfettamente al posto e la fronte corrucciata, per cercare di capirci qualcosa in ciò che stava leggendo. Camminai, silenziosamente, cercando di non farmi vedere, ma non andò tutto secondo i miei piani.

«Buongiorno, Peterson, anche tu mattiniera?» mi domandò, calmo, volgendo lo sguardo verso me.

Era attento il ragazzo.

Mi avvicinai e feci capolino con la testa dentro la stanza, «Buongiorno. Sì, ho pensato di iniziare prima per smaltire un po' di lavoro».

«Capisco. Ottima idea» potevo giurare di aver visto rivolgermi un mezzo sorriso.

Cos'era cambiato? Aveva, forse, preso una botta in testa?

Annuii e abbozzai anche io un sorriso «Vado a prendere un po' di caffè per svegliarmi» dissi un po' imbarazzata, senza capirne il reale motivo.

«Posso farti compagnia?»

Cosa? No, rimani lì dove sei.

«Ehm...sì certo, come vuole».

Lui che aveva voglia di prendere un caffè con me? Non capivo. L'idea che passasse del tempo con me, non mi faceva prospettare nulla di buono.

Mi raggiunse e mi guardò «Tutto bene, Peterson?»

«Sì... sì. Andiamo?» pronunciai balbettando.

Annuì e ci incamminammo verso la macchinetta che si trovava in quello stesso corridoio, all'angolo.

«Dunque... a parte il sottoscritto che trovi insopportabile, ti stai trovando bene qui?» il signorino con un sorrisetto furbo, aveva voglia di svegliare il can che dormiva.

Così decisi di dargli corda «Sì, a parte lei... devo dire che mi trovo davvero bene, era ciò che sognavo da tanto tempo» aggiunsi sorridendo e il suo, di sorriso, si allargò ancora di più.

«Mi fa piacere».

Lo guardai stupita «Davvero?»

Sorrise «Non so perché tu creda che io sia una persona priva di sentimenti, e non voglio spezzare le tue convinzioni, ma anche io ho un cuore, sai?» mi canzonò, prendendosi gioco di me «I miei occhi vedono che sei abbastanza brava in ciò che fai e noto quanto impegno ci metti» affermò, guardandomi intensamente, nel frattempo che mi porgeva il bicchiere con il caffè.

«E io che invece pensavo fosse uno di quegli affari telecomandati» replicai con tono giocoso senza riflettere, mentre percepivo le nostre mani sfiorarsi e una scarica elettrica attraversarmi in tutto il corpo. Divenni subito seria e lui con me. Potevo sentire la sua fragranza alla menta e il suo sguardo che studiava il mio viso.

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora