CAPITOLO 34-CHLOE

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Lentamente slegai il mio corpo dal suo, rimettendomi in piedi. In silenzio portai le scarpe ai piedi e, assicurandomi un'ultima volta che sul suo viso ci fosse ancora un'espressione serena, raggiunsi l'uscio di casa. Soltanto quando fui fuori da lì, permisi alle lacrime di confondersi con il mucchio di gocce che arrivarono dritte sul mio viso, scatenate da uno dei tanti temporali che in quel mese si rovesciavano a New York. A quell'ora del mattino il cielo era talmente cupo da ampliare il magone che avevo nel cuore e, per evitare di inzupparmi completamente di acqua, prendendomi un bel raffreddore, avanzai verso la macchina, rimanendoci dentro fino a quando i singhiozzi si placarono e accesi il motore.


I can feel you on my skin

I go

In this direction

I'm sorry that yours is different

And it's tearing me up within

I can't keep moving back and forth

I go my way, you go yours


"Love to go" di Lost Frequencies e Zonderling, si diffuse nell'abitacolo. Cercai, nervosamente, di spegnere la radio ma la forte pioggia non mi permise di staccare gli occhi dalla strada.

«Dannazione!» imprecai nervosa. Possibile che niente andasse bene? Le parole di quella canzone mi colpirono in faccia, violentemente, una alla volta.


Riesco a sentirti sulla mia pelle

Io vado

In questa direzione

Mi dispiace che la tua sia diversa

E mi sta facendo a pezzi dentro

Non posso continuare a muovermi avanti e indietro

Io vado per la mia strada, tu per la tua


Parlava di noi. Di me e di lui. Era assurdo come un testo scritto da un'altra persona, sembrasse parlare della tua vita in un modo così personale, da metterti i brividi. In quelle note c'era un pezzetto di me e di quello che ero stata insieme a lui.

Parcheggiai e, correndo, visto che non avevo con me un ombrello, mi rifugiai finalmente a casa. Feci una doccia veloce e mentre con una tovaglia tamponavo i capelli umidi, guardai l'email del computer, notando che nella casella principale c'è n'era una di un'azienda francese. Tradussi il testo e lessi cosa diceva.


La maison des bons livres sarebbe lieta di offrirle un'opportunità imperdibile. La seguiamo da mesi tramite la sua pagina Instagram e gli articoli di giornale in cui si legge del successo che ottengono i libri revisionati da lei, e come la casa editrice in cui lavora si stia evolvendo grazie agli eventi organizzati da lei. Quindi, abbiamo pensato che sarebbe ideale per un posto come direttrice editoriale e allo stesso tempo social media manager nella nostra sede qui, a Parigi. Sa quanto la nostra casa editrice sia conosciuta, perciò, speriamo non si lasci scappare questa offerta! Attendiamo una sua risposta nei prossimi giorni.

La maison des bons livres


La casa editrice più rinomata nel mondo e la più conosciuta in Francia aveva offerto a me un posto di lavoro. A me. Non riuscivo a crederci.

Questo poteva essere un segno che dovevo cogliere.

Magari, allontanarmi da questa città, mi avrebbe fatto bene. Magari, sarei riuscita ad andare avanti e, a poco a poco, avrei potuto mettere un punto a ciò che riguardasse gli uomini, perché in questi giorni ero arrivata ad una conclusione: Alex era l'unico che sarebbe rimasto nel mio cuore e non lo avrei sostituito con nessun altro che non fosse stato lui. Ma come potevo andarmene dopo tutto quello che avevo vissuto in questa città? Come potevo farlo, dopo che, grazie a essa, avevo scoperto il vero significato della parola amore, cosa volesse dire avere una nonna, degli amici e cosa significasse realizzare un sogno? Se me ne fossi andata, New York non l'avrei mai potuta dimenticare. Indipendentemente dal dolore ricevuto, sarebbe diventata la scatola dei ricordi speciali, dove ogni cosa nella mia vita aveva acquisito un senso.

In questi casi, un consiglio era quello che serviva per disintegrare i dubbi e rimettere in ordine i pensieri. Chiamai Zoe e le dissi che avevo bisogno di parlare con lei. Così nel pomeriggio passò da casa e le raccontai brevemente tutto.

«Questa è una bellissima notizia ma tu sei sicura di voler partire?»

«Io non lo so, per questo speravo in un tuo consiglio».

«Okay, sarò sincera».

Annuii, aspettandomi di tutto da ciò che avrebbe potuto dirmi.

«Se pensi che questo potrebbe aiutarti a stare meglio, io sono la prima a dirti di prendere il primo volo, nonostante significherebbe non vederci più così spesso. Ma se stai cercando solo un modo per fuggire, non farlo, Chloe. Se pensi che possa esserci anche la più piccola possibilità per te e Alex, non sprecarla».

«Non posso ritornare insieme a lui, Zoe. Tu non l'hai visto ma lui si odia, non ha rispetto per se stesso e non potrei sopportare di stare con qualcuno che non si apprezza, malgrado faccia il possibile per dimostragli che non è come crede. Non c'è modo di fargli cambiare idea. È cocciuto e pensa di non meritare la felicità. E per quanto ci abbia provato, ho capito che quella frase tratta da "Io prima di te" di Jojo Moyes, sia tremendamente vera: "non puoi cambiare la natura delle persone"».

«Già, ma non è l'unica cosa che Bernard Clark dice a Louisa. Quando Lou gli chiede: "E allora uno che fa?" Lui le risponde: "Le ama"».

La mia amica sapeva sempre dove colpire «Non lo so, Zoe. Io ho bisogno di un po' di tempo per me stessa ma anche di sapere che lui finalmente sta bene».

Mi prese le mani e mi sorrise «Allora va a Parigi e assapora un po' di libertà, vivi una nuova vita e cerca di ricavarne i migliori insegnamenti» la osservai con gli occhi lucidi e l'abbracciai per ogni gesto d'amore che compiva per me.

«Ti voglio bene» sussurrai.

«Anche io» mormorò. Mi abbracciò di più e io glielo lasciai fare perché sicuramente stava nascondendo una delle sue lacrime che non mostrava mai.

***

Mi era stato dato il tempo massimo di una settimana per organizzarmi al meglio. Avevo avvisato della mia partenza la mia dolce mamma che mi aveva pregato con mille raccomandazioni; avevo preparato le valigie e cercato qualcuno a cui vendere la casa, mi ero goduta le persone che amavo, soprattutto Zoe e Becky e avevo legato, maggiormente, con Tyler che incontravo insieme alla mia amica, scoprendo in lui un buon amico. Quando vedeva che cercavo di chiedergli qualcosa ma rimanevo, ugualmente, in silenzio, lui, da buon osservatore, mi abbracciava teneramente e parlava per me, riferendomi che Alex si sforzava di sorridere e qualche volta quel sorriso era vero. E mi diceva anche che stava lavorando duramente su stesso, sembrava quasi più sereno. Quando rispondeva alla mia domanda silenziosa, sul mio cuore si faceva spazio una piccola gioia. Io cercavo di tirare avanti e mi rendevo occupata con ogni mezzo a mia disposizione per non pensarlo e poi il solo pensiero che Tyler non lo lasciasse mai era una consolazione assai rassicurante.

Domattina avrei preso il volo delle sette per raggiungere Parigi, si diceva che fosse la città dell'amore e non potevo fare a meno di chiedermi come sarebbe stato andarci insieme a lui. Avevamo programmato tanti di quei viaggi che non vedevamo l'ora di intraprenderli uno a uno.

Una vecchia e dolorosa immagine si fermò nella mia mente.


«Dev'essere stato bello visitare l'Italia. Un giorno, vorrei poter andarci anche io».

«Magari potremmo andare insieme».


Quella sera avevo avuto paura e allo stesso tempo avevo compreso una verità difficile da incassare per il mio cuore che, a distanza di mesi, era divenuta realtà: quell'uomo era diventato importante per me anche contro il mio iniziale volere e, adesso, mi stavo leccando nuove ferite, cercando una risposta al perché l'amore alcune volte fosse così ingiusto. 

La stella più luminosa sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora