Black Velvet

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Appena Mabel si riprese, si infilò in macchina come a cercare riparo da sguardi indiscreti. Nonostante fosse consapevole che gli altri non avrebbero mai compreso le sensazioni che le stavano attraversando il cuore in quel momento, avvertiva comunque l'istinto di proteggere quei pensieri. Le tessere di un puzzle intricato tornavano a incastrarsi nella sua testa, facendo apparire nitida la fotografia di un ricordo. Si sentì stupida.

Proteggere chi? Da cosa? Aveva smesso da tempo di raccontarsi bugie, da quando l'illusione di poterlo salvare si era sgretolata andando a impattare contro l'implacabile intransigenza del mondo esterno. Aveva sempre avuto la predisposizione naturale di tutelarlo, prima lui poi il suo ricordo, finendo per fallire miseramente in entrambi i casi.

Le tornò in mente quel suo modo di starle vicino, come di qualcuno che non riesca a sentire i confini del proprio corpo; quel suo modo prepotente di essere fragile e quei suoi occhi malinconici e profondi. Fu come se un pennello invisibile le avesse cancellato la realtà circostante ridipingendoci sopra una scena diversa, proveniente dal passato, quello che a volte aveva temuto di essersi solo immaginata. Quel passato era tornato a posarle gli occhi addosso e le aveva portato un dono dall'inequivocabile significato.

La Black Velvet sembrava osservarla dal suo vetro di plastica. Nel linguaggio dei fiori, questa particolare varietà, dal colore così denso e scuro da apparire a tutti gli effetti nero, simboleggiava la passione che esplode all'improvviso; un amore impossibile da tenere nascosto. Per Mabel però, significò molto di più.

Aprì la scatolina con estrema delicatezza. Le dita e le labbra tremanti tradirono l'illogica paura che il contenuto potesse scomparire improvvisamente venendo a contatto con l'aria. Ne estrasse il fiore come se in realtà stesse maneggiando un cuore e nella sua memoria in fondo, era così. Un cuore nero, privo di luce. Mabel ne accarezzò i petali di velluto. Quel tocco così morbido, in netto contrasto con l'aspetto quasi lugubre. Dalle labbra le scappò un sussurro smorzato, un nome.

Il vaso di Pandora era ormai spalancato.

***

settembre 2005

A quindici anni una ragazzina non è certo una donna, ma non è più una bambina. Sta esattamente nel mezzo di quel meraviglioso processo di transizione che, svelandone poco a poco la sensualità, sebbene ancora dalle forme acerbe, la rende facile preda di sguardi e attenzioni per nulla privi di malizia. Quindici anni sono però troppo pochi per averne piena coscienza e Mabel, col suo carattere solare ed espansivo, talvolta non si accorge dei segnali che invia con il suo corpo, i quali appaiono spesso più provocanti di quanto non voglia. Aggiungiamo che l'innocenza non è prerogativa degli adolescenti nel pieno di una crisi ormonale. Includiamo poi nell'equazione anche la frustrazione di vivere in uno sputo di cittadina dimenticata dal mondo, dove il massimo della distrazione è dare fuoco ai secchioni dell'immondizia e rubare le birre dal supermarket e otterremo un pomeriggio di fine settembre di parecchi anni fa.

***

Mabel POV

– Non hai freddo con le gambe completamente scoperte? – mi dici, mentre calci una lattina dal marciapiede.

– Fa ancora caldissimo! E poi da quando in qua mi fai la predica? – rispondo, dandoti una leggera spinta con il gomito destro.

Ti vedo infilare le mani in tasca e scrollare le spalle. A volte non capisco, Dennis. Sei capace di cambiare umore da un momento all'altro per nessun motivo. E anche se mi segui dalla mattina alla sera, riesci a non spiccicare parola se non sono io a interpellarti direttamente.

Ti osservo. Cammini qualche passo avanti a me, con quei capelli ribelli più indisciplinati dei miei e l'aria di uno che ha appena finito di fare la guerra col mondo o forse, non ha ancora iniziato. So cosa pensano le altre persone sul tuo conto, perfino mia madre mi ha intimato più volte di starti alla larga, ma loro non saranno mai in grado di vederti davvero.

Ab Imo PectoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora