Luci e ombre

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Non era cambiato molto da quando suo padre gli aveva rivelato che non era Dennis il responsabile dell'incendio. Lui era ancora in ospedale, il mondo continuava a girare e a marcire e, soprattutto, non gli era ancora chiaro il perché gli avessero sparato. Non era cambiato nulla, ma dentro di lui era cambiato tutto. Non nei confronti del suo fratellastro, no; era tuttora convinto che quel bastardo se lo fosse meritato, il trattamento che gli aveva riservato. Non gli interessava più vederlo morto perché al momento aveva altro a cui pensare, che perdere tempo con quel rifiuto umano. Uccidere. Uccidere rimaneva il suo principale obiettivo. Cambiava solo il "chi".

"Ti sei ben guardato dal dirmi subito il nome del responsabile, vero papà? In fondo mi conosci bene. Sai che non avrei esitato un momento a fare fuori l'assassino di mia madre."

Questo pensava Samael, affossato nella poltroncina scassata all'angolo della sua stanza. Fissava il letto sfatto, vuoto, freddo. Sembrava quasi che fosse lui, quello venuto in visita per un paziente e che quest'ultimo si fosse momentaneamente alzato per andare in bagno. Da solo, in quel contesto così avulso da sé, si appigliava in ogni modo ai suoi pensieri, indegni compagni d'armi, per non dimenticare chi fosse.

È strano come spesso ciò che ci definisce come persone, abbia molto più a che fare con gli altri che con noi stessi; così dai peccati altrui, dipendono anche i nostri. Tanto che, se essi si annullano o si rivelano quali torti subiti, il punto di vista subisce un capovolgimento e ci si ritrova a dismettere i panni del giustiziere per indossare quelli del boia.

"Io ho fatto un giuramento, sul cadavere carbonizzato della donna che m'ha messo al mondo. Nessuno mi impedirà di onorarlo, nessuno. A costo di diventare un carnefice."

Rimuginava e rimuginava, ricordava eventi passati, prospettava eventi futuri e, sopra ogni cosa, sentiva di nuovo quella sensazione di vuoto e di totale mancanza di legami. La stessa che aveva segnato la sua infanzia e adolescenza. Samael non riusciva a concepire alcun sentimento se non nella sua totalità. Non potevano esistere, nel suo mondo, dei rapporti "tiepidi", indefiniti o a metà; quelli che occupano spesso le sfumature grigie dell'esistenza. Se un affetto va spartito, allora meglio fingere che non esista. Non bisogna commettere l'errore di accontentarsi, di chinare la testa, di condividere come dei pusillanimi. Perché si finisce inevitabilmente per perdere il rispetto per se stessi.

Questo a Sam non sarebbe mai successo. Sarebbe stato più plausibile che fossero evaporati mari, in un colpo solo o che suo padre si fosse rivelato per l'ennesima volta un manipolatore bastardo. Era uno dei motivi che lo avevano portato a tagliare di netto i ponti con lui. Gli altri erano la scarsa stima che nutriva nei suoi confronti e la futilità del loro rapporto, tanto debole da poter essere spazzato via, senza alcuna remora.

Che valore possono mai avere dei legami quando vengono imposti? A ben vedere, aveva avuto più peso la sua amicizia con Berry. Quell'idiota lo aveva scelto, fin dall'inizio. Non era stato un ripiego, né un'imposizione. Valeva per entrambi e per questo aveva funzionato. Ancora oggi, se avesse dovuto fare affidamento su qualcuno, seppure con i suoi alti e bassi, sarebbe stato Berry.

"Razza di coglione, ma dove sei finito?" – per un attimo, il ricordo del volto dell'amico lo distolse dal suo livore nei confronti del mondo. Tornò immerso nel presente. A quella poltrona cedevole che sembrava volerlo inghiottire, al letto impersonale e triste, di fronte a lui, al vociare sommesso proveniente dal corridoio.

"Ero talmente abituato ad ascoltare i tuoi farfugliamenti, che ora mi sembra di sentire la tua voce qui fuori..."

– Sam, Sam! Allora sei vivo!

Samael scattò in piedi come se l'avesse punto un tafano dietro la schiena. Puntò gli occhi in quelli di Berry che, sulla soglia della camera, se ne stava immobile con un piede più avanti dell'altro, incerto se assecondare il suo istinto fraterno e correre ad abbracciarlo o lasciar perdere e limitarsi a sorridere come un ebete.

Ab Imo PectoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora