Eros e Thánatos

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Mabel ebbe appena il tempo di vedere qualcuno o qualcosa piombarle addosso. Malgrado i suoi sensi fossero già allertati, non riuscì comunque a evitarlo. Dennis frenò all'ultimo, senza poter impedire l'impatto; per via della rigidità muscolare e dei sentimenti che gli incendiavano il petto, non indietreggiò di un millimetro. Mabel invece, fu sbalzata all'indietro dalla forte spinta ricevuta. La rapidità con la quale il ragazzo si protese in avanti ad afferrarle il polso e la tirò su come fosse un origami di carta, sbalordì non poco Libertad, ferma qualche metro dietro di loro a osservare la scena.

Lo stupore vero e proprio arrivò in seguito, quando correndo con la mente a ricordi recenti, realizzò di aver già visto quel volto. Si portò istintivamente una mano alla bocca, sgranò gli occhi; non emise un singolo suono che non fosse quello flebile del suo respiro. Ogni tassello di quella notte era impresso dentro Libertad come una marchiatura a fuoco. Dennis che veniva trascinato a forza in mezzo a quel campo, i poliziotti che lo picchiavano e poi lo tenevano fermo, quello vestito da sceriffo che gli apriva la bocca a forza per strappargli la lingua. Come lei, Dennis era un sopravvissuto. Come lei, era un animale braccato dal destino, avventuratosi fuori dal branco. Ancora lottava e ancora resisteva. Solo per questo, conquistò il suo rispetto.

Dennis, al contrario, non le prestò la minima attenzione; troppo preso dall'assicurarsi di riprendere la fuga. "Non posso fermarmi, non posso fermarmi", si ripeté e il corpo gli ubbidì.

Se c'era qualcosa che Libertad conosceva bene, poiché l'aveva sperimentata sulla sua stessa pelle, era quella luce che anima gli occhi quando si è a un passo dal baratro e, con uno sforzo titanico, ci si aggrappa con tutte le energie rimaste all'ultima speranza di sopravvivenza. Quella strana esaltazione mista alla paura, che rende i cuori impavidi nella loro lotta e gli animi determinati nel perseguimento di un obiettivo.

Non ci mise molto a comprendere quale fosse l'obiettivo di Dennis. Le bastò scostare lo sguardo sul gruppo di infermieri. Tra questi, alcuni erano già intenti a chiamare la sicurezza mentre altri gridavano verso il fondo del corridoio.

– Bisogna fermarlo, impedire che faccia del male ad altre persone. È un pericolo per tutti! – sbraitò uno, sbracciandosi.

Solo il Dottore era rimasto in disparte, le braccia abbandonate lungo il camice. Sembrava non volersi mischiare a quella baraonda che – Libertad non poteva saperlo questo – egli stesso aveva contribuito a creare. Difficile definire come si sentisse, poiché provava quella spiacevole sensazione che coglie chiunque, agendo per il bene, si ritrovi a fare del male, nonostante le più pure intenzioni. Si rammaricò di non aver spiegato prima la situazione a Dennis ma, in cuor suo, aveva già previsto quale sarebbe stato l'epilogo. D'altronde, non avrebbe mai potuto negare un favore a chi, anni fa, aveva provveduto a fare giustizia per sua figlia.

– Dottore! – una nuova voce entrò nel suo campo uditivo ma, troppo preso dalle proprie elucubrazioni, la ignorò volontariamente.

Chi era lui, per impedire il ricongiungimento di una famiglia? Nessuno avrebbe potuto accusarlo di non aver agito nell'interesse dei suoi pazienti. Li avrebbe salvati lo stesso, solo in un modo diverso da quello concordato. La promessa fatta a Mabel aveva ancora una validità, non l'aveva infranta; anzi, in quel modo avrebbe protetto la ragazza da pericoli ben più grandi.

– Dottore, che diavolo sta succedendo? – gli urlò il padre di Samael.

Il medico alzò di scatto la testa, per trovarsi davanti una mascella serrata e due occhi furenti.

– Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto... – disse, con voce contrita.

– Me ne faccio poco delle scuse. Le cose continuano a complicarsi, in questo modo, – il padre di Sam lo afferrò per un gomito e lo tirò a sé, poi abbassò il tono di voce, – mi ero raccomandato con lei sull'importanza di potergli parlare lontano dalla polizia.

Ab Imo PectoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora