Parte 1
– Assurdo! – Jenny continuava a ripeterlo da mezz'ora buona e non avrebbe smesso se Mabel non le avesse proposto di uscire a bere qualcosa per distrarsi.
– E poi che vuole da te quel poliziotto? Parker o come si chiama... – fece Jenny, passandosi il lucidalabbra per la terza volta.
– Walker, agente Walker – rispose Mabel, estenuata dall'interrogatorio a cui la cugina la stava sottoponendo quella sera.
– Nel nostro primo colloquio ha provato a umiliarmi. Probabilmente preferisce dare credito a un vandalo piuttosto che a me.
Un'ombra le offuscò gli occhi. Più si concentrava su quell'orrenda scritta, più si sentiva sporca. Una conseguenza immotivata certo, ma destabilizzante. Seduta sul bordo del letto, se ne stava curva, abbracciata a una gamba piegata, la testa poggiata sul ginocchio. Con le dita si tormentava i lacci delle scarpe da ginnastica cercando di ignorare Jenny, che era passata dal trucco all'acconciatura.
– Mabel io posso solo immaginare cosa stai provando, però non è da te abbatterti così, – gli occhi di Jenny saettarono dallo specchio del bagno fino a lei, – voglio dire, non è mica morto nessuno!
A quella frase Mabel si irrigidì. Ripensò alle parole del poliziotto, "è stato scritto col sangue" e sbiancò in volto. Quel dettaglio non lo aveva ancora riferito a sua cugina. Non lo aveva detto a nessuno, in realtà.
– Che c'è adesso? Sembra tu abbia visto un fantasma, – Jenny si tirò su i capelli chiudendoli in una coda e dando un'alzata alle tette, che non guastava mai.
– L'agente Walker ha detto che le lettere sul muro non sono state scritte con la vernice, – esitò un momento, dirlo ad alta voce le faceva un brutto effetto, – ma col sangue.
Si sarebbe aspettata di vedere il volto di Jenny in preda all'angoscia, invece dovette ricredersi. Sua cugina sfoderò la sua migliore espressione disgustata e si limitò a strepitare: – Bleah, che schifo!
Mabel scosse la testa, rassegnata. In fondo, era pur sempre Jenny.
– Io non gli darei troppo conto, – le dita rovistavano nella borsetta, – quel verme in divisa non saprebbe distinguere un portapenne da un porcospino...Ah! – esclamò, estraendo un tubetto color oro.
Mabel la guardò interdetta. Jenny rimase con il braccio piegato a mezz'aria, sventolando il piccolo cilindro che adesso le appariva chiaramente come un rossetto piuttosto costoso.
– Credimi, questo gesto per me vale più di mille parole, – si avvicinò di qualche passo, – l'ho preso nuovo di pacca solo ieri e non l'ho ancora messo. Tieni, – concluse orgogliosa, porgendolo a una Mabel sconsolata.
– Grazie, lo apprezzo molto, ma non ho alcuna intenzione di rendermi appariscente questa sera.
– Non hai intenzione di renderti "presentabile", vorrai dire... – la squadrò torva dall'alto in basso; – Ti vieto categoricamente di uscire in jeans logori e scarpe da ginnastica.
Mabel provò a obiettare, ma alla fine prevalse l'insistenza un po' infantile di sua cugina che, non paga di averle scelto uno degli abiti più succinti tra quelli del suo armadio, si impose anche di truccarla. Su una cosa però Jenny aveva ragione, quando ti accusano di qualcosa, ti criticano o ti deridono, nascondersi servirà solo a fornire la conferma di ciò che ti è stato imputato. È un pensiero comune che gli innocenti, non avendo nulla di cui vergognarsi, debbano sempre mostrarsi a testa alta e fiera. Poco importa che abbiano subito intimidazioni o molestie, perché non hanno nulla da temere, nulla da nascondere, se realmente innocenti.
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Ab Imo Pectore
Mystery / ThrillerMabel conosce Samael una sera di fine estate davanti al Joyce, unico locale che anima la vita di un paesino sperduto e grezzo. Lei è bella e combattiva, ma dentro nasconde la fragilità di un abbandono. Lui è spietato e vendicativo, ma sull'anima ha...