Nell'arena

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Tony li fece accomodare a uno dei tavoli più grandi del Joyce che, svuotato della sua fauna tipica, appariva un locale desolato e straniante. Berry stava ancora cercando di riprendersi del tutto; a differenza di Sam, continuava a guardarsi attorno circospetto.

– Cosa prendete da bere? – chiese loro il proprietario, avviandosi verso il bancone del bar.

– Non bevo mai mentre lavoro, Tony, – rispose subito Samael poi, lanciando un'occhiata al suo amico, comprese al volo che una birra lo avrebbe aiutato a distendere i nervi, perciò aggiunse:

– Berry prende una bionda, ghiacciata.

Il suo compare lo ringraziò con gli occhi e sembrò rilassarsi già solo all'idea. Tony tornò poco dopo con in mano una Lager e un bicchiere con due dita di liquido piuttosto chiaro.

– Abbiamo dei ritardi nella consegna, – esordì senza mezzi termini, ingollando un sorso di Bourbon.

– Quindi? – lo incalzò Samael.

Tony sollevò gli occhi dal bicchiere e lo fissò qualche secondo più del necessario. Qualcosa tra i due non aveva funzionato fin dall'inizio. Non si trattava di semplice antipatia, era più come se sentissero di appartenere a due specie completamente diverse, in lotta tra loro dall'inizio dei tempi. Dalla prima stretta di mano Samael, che quando c'erano di mezzo i soldi riusciva sempre a rimanere distaccato, aveva avvertito un senso di repulsione nei confronti di quell'uomo e non era riuscito a esimersi dall'iniziare con lui una metaforica disputa. La particolarità in questo caso stava nell'obiettivo stesso della loro competizione; non la gerarchia, né la forza erano messe in discussione e sarebbe stato sciocco il contrario. Tony era il committente pagante che aveva ingaggiato un "mero" esecutore pertanto, secondo una piramide immaginaria, era anche colui che ne occupava il vertice. Sam di contro costituiva l'anello forte della catena dei suoi loschi affari e sceglierlo ne aveva tacitamente riconosciuto la tempra e la capacità di leadership. Inoltre, essendo a conoscenza di parecchi crimini l'uno dell'altro, una battaglia reale sarebbe potuta finire soltanto in due modi, con il carcere o col sangue; un suicidio annunciato per entrambi. Qualcosa di più ancestrale teneva accesa la tensione e li riconduceva, volenti o nolenti, sempre sullo stesso terreno di gioco: un'arena. La lotta sarebbe stata accesa e sanguinaria e si sarebbe prolungata ancora e ancora per chiarire, una volta e per tutte, chi tra loro era il toro e chi il matador; chi alla fine della Corrida, sarebbe rimasto in piedi.

– Perciò l'affare slitta di qualche giorno, – asserì Tony, asciutto.

– Non erano questi gli accordi, – Sam assunse un tono glaciale, – ho assicurato ai miei che ce la saremmo sbrigata entro questa notte e...

– ...e poi ve la sareste data a gambe come al solito, giusto? – un sorriso sbieco a provocarlo.

Samael lo fissò con odio. Non sapeva spiegarsi perché le infamie provenienti da Tony avessero il potere di scaldarlo tanto. Berry capì subito che non ci avrebbero guadagnato nulla se a Sam gli si fosse chiusa la vena, perciò si affrettò a dire qualcosa che potesse smorzare i toni. Dimenticò però di mandare giù una sorsata di birra prima di parlare e finì per strozzarsi da solo, tossendo e sputacchiando senza contegno.

– Mettere miglia e miglia di distanza tra noi e la tua faccia di merda è ciò che dà a entrambi la sicurezza di non venire beccati in flagrante. Finora mi sembra ti sia sempre andata bene.

Tony alzò il bicchiere come a volergli dedicare un brindisi immaginario e si scolò di colpo il resto del Bourbon. Fece poi atterrare il bicchiere sul tavolo senza troppi convenevoli:

– Il tuo modo di lavorare mi piace, non l'ho mai negato, – nel pronunciarlo fece un'espressione quasi disgustata come se gli costasse uno sforzo enorme pronunciare quelle parole, poi gridò – come a te e ai tuoi piacciono i miei soldi!

Ab Imo PectoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora