4. Zac

4.9K 196 0
                                    

È un'ora e mezza che aspetto qui fuori al freddo e ancora non l'ho vista uscire. I primi clienti hanno già iniziato a prendere posto all'interno e vedo i camerieri danzare da una parte all'altra dei tavoli con le portate. È che da qui non riesco a vedere bene tutto il ristorante, quindi non capisco dove sia. Prendo il cellulare e chiamo Mike che mi risponde dopo uno squillo. Gesù, sembra una madre. «È ancora lì?».

«Si, è seduta al bancone. Le ho detto di andarsene e che quella storia delle Seychelles è vera, ma non mi crede. Dice che prima o poi dovrai tornare a prenderti la moto e allora lei ti beccherà».

Stronza.

«Non posso entrare se lei non se ne va!».

«Ok, torna a casa, ci vediamo domani».

«E voi?»

«Non c'è problema. Io e i ragazzi ci arrangiamo e poi non c'è tanto movimento stasera».

«Perfetto, grazie Mike. Torno domattina a prendere la moto. Ti devo un favore».

Be', sono le otto e ancora non ho mangiato da...ieri. Percorro la strada nella direzione opposta e fiancheggio i negozi di New York che brillano sotto le file di luci natalizie ed entro nel primo fast food che trovo. Sono un cuoco lo so, ma non mi piace cucinare per me. È sempre la solita storia di tutti i lavori: ti impegni a farlo per gli altri ma non per te stesso.

Ordino un panino e delle patatine fritte, e mi siedo al tavolo più appartato che riesco a trovare. Non si sa mai che Joanna passi di qui e le venga il lampo di genio di guardare dentro. Seduto qui in fondo non mi vedrà di sicuro. Mangio il mio panino in santa pace e lo butto giù con la birra. Davanti a me c'è seduta una piccola famigliola. Il bambino sta facendo i capricci, mentre i suoi genitori cercano di convincerlo a mangiare. Adesso ha iniziato a piangere e sua madre sembra sull'orlo di una crisi nevrotica, mentre suo padre ha la mascella serrata e gli pulsa una vena del collo. Guardo loro e poi guardo me. Seduto qui senza nessun bambino a cui dover badare e costringere a mangiarsi un dannato panino. Credetemi, voi non avete capito niente della vita. La mia è vita. Adesso mi alzerò, pagherò il conto e poi andrò a godermela con qualche bella fanciulla in un locale, o forse due, o anche tre. Infondo la notte è lunga e Zac si è appena svegliato, quindi ho ancora parecchie energie da bruciare in corpo.

Come immaginavo il locale è già pieno di gente e io vado al bar a ordinare da bere. «Ehi, Kev! Mi dai il solito, amico?».

Kev è il barista e oramai mi conosce, sono un abituè del posto. «Arriva».

Mi guardo intorno in cerca di una bella donzella e quando mi volto a prendere il mio drink, noto che alla mia destra si è seduta una bionda super sexy rifatta da capo a piedi. Si vede. Ma a noi uomini non importa, non ci formalizziamo. «Tesoro, posso offrirti qualcosa da bere?», le chiedo con un sorrisetto ammaliante.

Lei mi guarda attraverso quelle sue ciglia folte (finte anche quelle) e mi sorride. «Certo».

Ordino a Kev un altro drink e poi torno a concentrarmi su di lei. «Allora, cosa ci fa una ragazza come te tutta sola, seduta al bancone del bar?», le chiedo fintamente incuriosito.

«Be', aspettavo che la persona giusta mi offrisse da bere», replica lei con sguardo da gatta.

Le passo il bicchiere e le poso la mano sulla sua gamba nuda e soda. «Balliamo?», le sussurro all'orecchio. A quel punto la prendo per mano e ci facciamo spazio tra la folla accaldata. Le poso le mani sui fianchi e iniziamo a muovere qualche passo. Con furbizia la faccio girare e poi la stringo a me facendola sussultare, quando inaspettatamente sento una mano che mi tamburella sulla spalla.

«Scusa». Mi volto e vedo una ragazza alta circa un metro e settanta, capelli mossi e un vestito in velluto rosso bordeaux identico al colore della sua faccia in questo momento. «Possiamo parlare un momento?», continua mentre mi fissa. Poi punta i suoi grandi occhi sulla bionda con cui parlavo. «Ci vorrà un attimo e poi è tutto tuo». La bomba formosa sbuffa e poi se ne va.

Questa mi è nuova. Una ragazza che mi rimorchia così non l'avevo mai incontrata. «Audace, mi piace. Allora, facciamo da me o da te?», le sorrido maliziosamente.

«Calmati Romeo. Io e te dobbiamo parlare di affari».

Natale sotto coperturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora