22. Zac

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«Sembriamo io e te quelli lì».

«Dici? A me sembrano molto più preparati di noi», osserva Natalie mentre agguanta un'altra consistente manciata di pop corn dalla ciotola facendone cadere una decina.

«Ma se non fanno altro che togliersi e mettersi le fedi. Qualcuno se ne accorgerà prima o dopo», ribatto io.

Siamo seduti sul divano a guardare uno di quei film natalizi vintage che abbiamo trovato facendo zapping in tv. Io non ho più la febbre grazie alle due pasticche di paracetamolo che ho buttato giù e Natalie sembra aver smaltito la sbornia abbastanza bene dopo che questa mattina le ho portato un caffè doppio. E comunque, neanche a farlo apposta, siamo incappati in un film che sembra richiamare alla nostra situazione: lui, grande imprenditore, deve concludere un affare con un tizio importante e se non dimostra di essere un uomo di famiglia andrà tutto a rotoli. Poi conosce questa donna, che guarda caso ha pure una figlia, e insieme improvvisano la famigliola felice. Poi l'amore, gli alberi di Natale e bla bla bla, cose già viste. Cose che accadono nei film, si intende dire. Eppure, anche se sono uno che si taglierebbe un dito piuttosto che guardare questi film sdolcinati, per qualche strana ragione, starmene qui con lei, sul divano, mentre guardiamo un film natalizio, non mi sembra per niente un'idea malvagia, anzi, ci sto quasi bene.

«Vado a fare rifornimento di acqua, ne vuoi?», io annuisco e lei sparisce dietro la porta che dà alla cucina.

Sono solo quando sento suonare il campanello e aspetto che qualche cameriera della casa si faccia viva. Ma niente. Pare che oggi siano stati tutti vaporizzati. Mi alzo controvoglia e vado ad aprire il portone per trovarmi davanti a... Dylan?

«Zac», mi saluta lui.

«Stronzo», lo saluto io.

Getto un'occhiata alle mie spalle giusto per controllare che Natalie non sia di ritorno e socchiudo la porta dando una manata al petto di Dylan, che sbilanciandosi all'indietro si fa due scalini con un passo solo.

«Dì un po', ma con che razza di faccia ti presenti qui?»

«Sono qui per parlare con Natalie.», fa lui per schivarmi.

«Ma non mi dire», lo schernisco bloccandolo per i lembi del suo cappotto puro cachemire. «Allora, pivello, ti spiego quello che succede adesso: uno, io faccio finta di non aver mai sentito il campanello e tu sali a bordo della tua Aston Martin da fighetto e te ne torni dritto dritto da dove sei venuto; due, tu insisti per parlare con Natalie, io mi arrabbio, e mi vedo costretto a rovinarti quel bel faccino da influencer. Hai due secondi», quindi lo lascio.

Dylan sorride un po' fra sé scuotendo la testa e poi fa dietrofront. Mi sorprende, pensavo di dover impiegare più fatica e, invece, eccolo lì che calpesta la neve con i suoi stivaletti di pelle italiana. E potrebbe bastare così. Potrei rispettare il patto e fare veramente finta di niente. Ma poi penso a Natalie e a come si è comportato con lei ieri sera, e allora non ci vedo più.

Con due falcate sono dietro di lui. «Ehi, Dylan!». Al suo voltarsi gli pianto un pugno secco in faccia e il fatto che cada a terra mi fa presupporre di averci impiegato più forza di quanta non intendessi. «È l'ultimo avviso: sta lontano da lei. Non è un gioco e non sto scherzando». Lo lascio lì, a terra, mezzo spaesato. Penso non se lo aspettasse nemmeno lui perché non reagisce e si limita a guardarmi rientrare con aria scioccata.

Quando mi chiudo il portone alle spalle incrocio Natalie che torna con i bicchieri di acqua.

«Ti do una mano», dico pronto afferrandone uno.

«Grazie. Chi era alla porta?»

«Canti natalizi», taglio corto.

«Davvero?», chiede lei dubbiosa.

Annuisco prendendo un sorso d'acqua.

«Non è un po' presto? E poi, che io sappia, non sono mai venuti i canti natalizi qui».

«Che ti devo dire, avranno percepito l'atmosfera di festa che si respira in questa casa», la prendo in giro dandole una spallata.

«Zac!». La voce grossa di Harry ci riscuote dal nostro scambio di battute, tant'è che tutti e due sussultiamo. «Ti ricordi di quella consulenza? Vieni nel mio ufficio».

Non mi sembrava una domanda e la conferma mi viene data dallo sguardo terrorizzato di Natalie.

«Papà, vengo anch'io», si affretta a dire lei, infatti.

«Devo parlare con Zac», è la sua definitiva risposta. «E non voglio essere disturbato».

Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro un «Tranquilla», che non sembra avere l'effetto desiderato.

L'ufficio di Harry è esattamente come ce lo si aspetta: una grossa scrivania in legno massello domina sull'ambiente, e alla sua destra la libreria a muro carica di volumi ti guarda incutendo timore. Il tappeto persiano è l'unica cosa che abbia il coraggio di dare qualche nota di colore all'ambiente perché per il resto è tutto di un marrone molto intenso.

«Spero di poterti aiutare Harry, ma non sono certo di occuparmi di quello di cui hai bisogno. Ad ogni modo domanda pure, potrei comunque consigliarti un collega ferrato nel settore», metto subito le mani avanti.

«Siediti».

Faccio come mi dice e mi accomodo in una delle due squadrate sedie in pelle.

Lui apre il cassetto della scrivania e per un attimo mi balena in mente l'idea che ne estragga una rivoltella per farmi fuori. Così, a sangue freddo. Terribilmente in stile famiglia Henderson. Ma deglutisco lievemente sollevato quando vedo che tira fuori un pacchetto di sigari.

«Ne gradisci uno?»

«No, la ringrazio. Non fumo», mi schiarisco la gola.

Il suo sguardo penetrante mi studia per un po' e poi emette un: «Ah» con cui intendo tutto il suo disappunto sulla cosa. Quindi ricomincia. «Voglio essere sincero con te Zac, io non...»

«Papà!», una voce squillante alle mie spalle interrompe la frase di Harry e io mi volto di scatto, per niente sorpreso di vedere Natalie che fa capolino dalla porta.

«Non trovo mamma. E ho davvero una certa urgenza di parlare con lei. L'hai vista per caso? Potresti aiutarmi a cercarla?».

Suo padre la guarda mezzo basito per poi scaricarla con un: «Fatti aiutare da qualche cameriera, ho da fare».

Natalie tentenna un po' e al «C'è altro?» di suo padre, lei scuote la testa, chiudendo a gran fatica la porta dello studio, e lasciandomi qui da solo con lui.

Ed è a quel punto che capisco che non potrò mai fregarlo.

Natale sotto coperturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora