8. Zac

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Mike prende il quinto foglio A4 dalla stampante del nostro ufficio e torna a sedersi di fronte a me con aria ansiosa.

«Posso sapere perché ti devi scrivere tutto come se non avessi mai lavorato qui?»

«Hai detto che starai via una settimana, ho bisogno di sapere ogni cosa», afferma deciso.

«Si, ma non serve che ti scrivi anche quando andare in bagno. Piantala con questi fogli e ascoltami» gli ordino, mentre gli requisisco i suoi scritti ricevendo in cambio lo sguardo di un panda a cui viene tolto il suo bamboo. «Se ci sono incombenze improvvise trovi un fondo cassa nella cassaforte dentro all'armadio e se hai altri problemi, puoi chiamarmi. Sto andando a Londra per qualche giorno, non mi sto arruolando per combattere in Iran. Possiamo parlare anche via Skype se hai bisogno», tento di rassicurarlo.

«Si, ma ancora non ho capito perché devi andare a Londra».

«Questioni lavorative. E poi ho l'impressione che questo viaggetto sarà molto redditizio», gli faccio un sorrisetto.

«Cosa intendi dire con "redditizio"?»

«Intendo dire che se tutto andrà secondo i piani, i nostri problemi finanziari saranno solo un ricordo, amico mio», così dicendo, mi alzo e prendo la giacca dalla sedia.

«Zac, aspetta. Dobbiamo ancora parlare del cibo per la settimana e del probabile evento di giovedì. Non puoi rimandare il viaggio alla settimana dopo il Ringraziamento? È importante che tu ci sia, i ragazzi...»

«I ragazzi se la caveranno benissimo con un capo come te. Mike, non te ne sei accorto? Io sono qui, ma sei tu che mandi avanti la baracca. Sei solo troppo insicuro, la settimana prossima non farai niente di diverso da quello che già fai». Mi getta un'occhiata inquieta e poi mi abbraccia. «Ci vediamo presto, Mike», gli do una pacca sulla spalla ed esco dal ristorante.

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