11. Natalie

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Tiro fuori il mio Ipad e scorro velocemente la pagina del New York Times, tanto per cercare di sentirmi ancora a casa e non in trappola in un aereo diretto a Londra. Probabilmente riuscirei anche a mantenere la calma, se Zac non si fosse presentato all'aeroporto con una felpa stampata di una rock band sconosciuta e non muovesse in modo nevrotico le dita delle mani sul bracciolo.

«Non ti piace volare?»

«Certo che mi piace! Io amo volare. È cadere che non mi piace», risponde un po' agitato.

«Non si affronta un volo pensando di cadere. E comunque la tratta non è poi così lunga, e aggiungici il fatto che siamo in prima classe e c'è molto più spazio».

«Sì, ammetto che almeno questo è un aspetto positivo. Ti sarà costato una fortuna, però. Ti avviso che comincio a dubitare del fatto che tu faccia solo il medico».

«Perché?»

«Come, perché? Prima sganci ventimila dollari per pagarmi affinché mi finga il tuo fidanzato, poi prendi due biglietti andata e ritorno in prima classe, voglio dire, capisco che i medici abbiano una buona paga, ma qui si viaggia totalmente su un'altra linea. Dì la verità, gestisci qualche attività clandestina? Sono il tuo modo di riciclare denaro sporco?»

Guardo Zac mezza incredula dopo aver ascoltato il suo discorso insensato e mi presto al gioco. «È un'interessante teoria la tua, ma se così fosse, non verrei di certo a dirtelo».

«Quindi è un "può darsi"», annuisce lui con il fare di chi ha capito tutto.

Decido di cambiare totalmente argomento e lui mi asseconda.

«Come va la gamba? Si è ripresa?»

«Alla grande! Quegli antiinfiammatori mi hanno ridato vita».

«Bene. Senti, visto che abbiamo davanti a noi un viaggio di otto ore circa, ho pensato che dovremmo conoscerci un po' meglio», faccio io estraendo dalla mia borsa un quaderno ad anelli e schiaffandoglielo sulle gambe. Negli ultimi giorni mi sono presa il disturbo di redigere questo piccolo dossier illustrativo di cui vado molto fiera. «È bene che, quando ci presenteremo come coppia alla mia famiglia, sappiamo qualcosa di più dei nostri nomi. In questo raccoglitore ci sono tutte le informazioni che devi conoscere su di me e sulla nostra storia. È tutto diviso per capitoli e dove ho messo i post-it gialli significa "importante, da ricordare a pena di nullità del contratto". Oh, e c'è anche un capitolo dedicato al tuo personaggio, dovrebbe essere più o meno verso la metà. Puoi studiarlo mentre siamo qui e poi, quando avrai fatto, ti interrogherò». Ciò detto, mi sistemo sul sedile, chiudo gli occhi e mi infilo le cuffiette facendo partire la mia playlist di Billie Eilish, pronta ad abbandonarmi all'oblio.

Le note di Bored stanno fluttuando nella mia mente, regalandomi una sensazione di innata pace, quando sento delle mani togliermi violentemente una cuffietta dall'orecchio sinistro, riportandomi brutalmente alla realtà.

«Che diavolo fai?», sbotto stizzita.

«Tu che diavolo fai! Sei per caso impazzita? Qui dice che dovrei essere un avvocato. Non so se l'hai notato, ma non ho l'aria di Harvey Specter! Se vuoi essere scoperta in meno di cinque minuti questa è la via più breve».

«Ti ho scritto tutto quello che devi sapere sul tuo lavoro allo studio legale. Non c'è niente da temere. Non ti faranno un interrogatorio. Gli importa solo la tua presenza fisica e che tu abbia un lavoro importante», preciso innervosita.

«Be', io ce l'ho un lavoro importante! Sono un cuoco. Diremo quello», afferma deciso, mentre torna a sfogliare speditamente le pagine del raccoglitore. «E poi questa cosa del nostro primo incontro: perché non possiamo dire semplicemente che ci siamo conosciuti in un bar come è successo nella realtà? Nessuno crederà che ci siamo conosciuti a una...cos'hai scritto? Mostra d'arte moderna? Guardami, ti sembro il tipo che frequenta quei posti da figli di papà?»

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