28.

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"Ho diciotto anni e mezzo, devo essere io libera di scegliere quello che è meglio per me!" urlai, sbattendo i palmi sul marmo della cucina.
Mia madre mi rivolse un'occhiataccia. "Catherine, smettila, ormai ti trovi in Italia, finiscila di lamentarti e piagnucolare come una bambina!" mi gridó di ritorno, facendomi sentire incredibilmente impotente difronte alle sue grinfie malefiche.
"Sai cosa ti dico? Io stasera parto!" tirai un altro pugno sul ripiano, per poi voltarmi per tornare nella mia cameretta. "Fallo e non avrai alcun supporto" con tono gelido mi avvisó. La cosa mi fece rabbrividire, ma cercai di dimostrarmi fredda.
Proprio come un lontano giorno di Maggio, ripresi tutte le mie cose, buttandole nel bagaglio grigiastro, che portai con me pure in vacanza.
In effetti sì, avevo già prenotato un volo, proprio per stasera e sarei tornata nella mia dolce casa catalana nel primo mattino di domani.
Mi coprii con una giacca e scesi la valigia lungo le scale, incrociando lo sguardo feroce della donna, che a passo svelto mi seguii. "Non lo starai facendo veramente".
La ignorai, proseguendo oltre la soglia della porta, infilandomi gli occhiali da sole, per evitare i raggi di sole italiani che a questa ora risultavano bollenti.
Sentii Eneas corrermi dietro, aggrappando per poco la mia giacca, che peró manco, facendolo restare sui gradini della casa, forse deluso dalla mia partenza.
Non mi voltai nemmeno, continuai, sentendo le ruote del trolley sull'asfalto, rieccheggiare pietosamente, incastrandosi avvolte tra le pietruzze.
Una volta arrivata in aereoporto, con l'aiuto di un taxi, mi misi in atttesa, fortunatamente riuscendo ad entrare nel gate. "Sará un lungo viaggio" sospirai pensando, rassegnandomi.
Il volo, grazie a Dio, che udii le mie preghiere, arrivó in tempo, anzi in anticipo di qualche minuto. Appena sentii l'avviso nei microfoni della sala d'attesa, mi alzai, tinta di un sorriso smagliante, afferrando il mio bagaglio ed alzandomi, quasi saltellando dalla gioia, diretta verso la pista.
Mi sedetti nel posto indicato sul biglietto, trovandomi in mezzo a due anziani, che non mi diedero tregua durante tutto il viaggio, continuando a parlare e parlare.
Di sfuggita cercai di guardare le nuvole, provando non mostrarmi scorbutica davanti al signore, che sedeva proprio accanto al finestrino, dove c'era un bellissimo tramonto ricco di arancione e viola.
Sorrisi, mettendomi in pace, per poi socchiudere gli occhi, cercando di riposare seppur fossi scomoda.
Pensavo giá al riabbracciare Pablo, rivedere Mira e guardare il Barcellona giocare, nel mio meraviglioso stadio, proprio a casa mia, nella mia terra catalana.
In tutte queste fantasie che però ebbi vissuto già delle volte, scorsi come un senso di colpa, nei confronti della mia famiglia, che lasciai di punto in bianco. Scacciai via questo sentimento, godendomi il viaggio, pur non sapendo, che al mio ritorno avrei trovato delle novità scandalose.

Millions -'ღ'- GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora