29.

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Casa dolce casa. Mi stesi sul letto, buttandomi a peso morto, dopo il lungo volo, che mi buttò completamente a terra, per la stanchezza.
Poi corsi nella stanza dei miei genitori, cominciando a saltare nel letto, stropicciando tutte le coperte, che fino a quel momento erano state lasciate sistemate.
Telefonai al calciatore, tutta entusiasta di sentirlo, infatti ricevetti dopo circa due minuti di squilli, una risposta. "Oi, Catherine" disse lui.
"Sono a Siviglia!" gridai dalla gioia, continuando a saltellare per casa, sentendomi finalmente libera e responsabile. "Bello" replicó freddo, privo di ogni entusiasmo. "Non sei contento...? Vuoi che ci vediamo?" chiesi io, cercando di sollevare la conversazione.
"Va bene, vieni tu al Camp Nou?" domandó, sentendolo svogliato. "Sará fatto" attaccai.
Fui triste di primo impatto, infatti mi aspettavo una reazione più allegra, ma non mi arresi: afferrai la borsa e mi misi in cammino, ammirando ancora una volta le vetrate dei negozi del centro, i monumenti e respirando l'aria Spagnola, tinta dei colori del crepuscolo.
Entrai nello stadio, vedendo alcuni del Barça uscire, probabilmente avevano già finito gli allenamenti, così ne approfittai, per raggiungere il calciatore, la quale trovai seduto sulla panchina.
"Ehy!" gli apparsi davanti, vedendolo un attimo sussultare. "Ehy" ripeté lui, alzando lo sguardo.
Io alzai un sopracciglio, non capendo cosa stesse succedendo, così mi sedetti accanto, notando stesse smanettando sul cellulare. "Stai bene...?" chiesi io, guardando il suo volto di profilo.
Lui annuii disinteressato alla mia domanda, "Com'é andato il viaggio?" Non mi rivolse nemmeno un'occhiata.
"Non penso ti interessi veramente" fui diretta, guardando forse maleducatamente nello schermo del suo telefono e vedendo una chat in corso, con una ragazza. Nei messaggi erano anche presenti cuori e foto buffe di entrambe...per poco, non piansi.
"Eccomi" spense il telefono, girandosi verso di me.
Io mi alzai, completamente arrabbiata per quello che avevo appena visto; lo guardai delusa per poi andarmene, senza proferire parola.
Adesso capii perché non mi scriveva più, il motivo per il quale non ricevevo più sue chiamate o per quale dannata motivazione non mi parlasse più.
Eppure, ero convinta che i momenti passati insieme e i due baci che ci diedimo, significarono qualcosa per entrambi, ma invece, tutto ciò era una delusione.
L'amore lo era, questo sentimento portava a ció, ad un'auto distruzione. Dannazione.
Maledì me stessa, per aver tenuto al nostro rapporto e per aver sperato, in una futura relazione.
Fanculo, Pablo Gavira.
Me ne tornai a casa, cucinandomi una piadina con le lacrime agli occhi, amareggiata dalla notizia che ricevetti proprio nella tarda mattinata, nel campo in cui ci baciammo, in cui lo vidi allenarsi e sopratutto nello stadio dove assistevo alle sue partite, quelle vinte e quelle perse.

Millions -'ღ'- GaviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora